Laura e le altre: il velo è caduto. Di violenza istituzionale e violazioni di diritti umani #2. La storia di Pisa.

Continua il racconto della Conferenza stampa di Differenza Donna che avevamo iniziato parlando di Laura Massaro.

Ma non dobbiamo pensare che il suo sia un caso isolato.

Dopo l’Avvocato Stipa e l’Avvocata Boiano, prende parola l’Avvocata Manente che inizia con qualche dato dedotto dalla loro attività e illustrando che hanno studiato 100 casi di affidamento di minori tra il 2018 e il 2020 e potuto concludere che in 8 casi su 10 il rifiuto del bambino o della bambina di vedere il padre è stato addebitato alla madre. 

Donne colpevoli di tutto: della violenza che subiscono (non ha urlato, aveva i jeans, non l’ha lasciato prima, l’aveva tradito, era una poco di buono, ecc. Quante volte abbiamo letto queste cose?) e delle mancanze paterne.

Non solo: in 9 casi su 10 (!!!), il giudice togato non ha disposto l’ascolto del bambino e in 10 casi su 10 nei provvedimenti emessi vi sono intimidazioni contro le madri in caso non vogliano collaborare alla relazione o alla costruzione del rapporto con il padre.

Ricordate Frida? Di lei abbiamo parlato qui, qui e qui

Il suo caso non è stato presentato da Differenza Donna, ma è un esempio lampante di quanto appena scritto: il padre della figlia ha cercato di far abortire Frida, poi, al suo diniego, si è disinteressato totalmente della bambina a lungo, salvo poi tornare e cercare di imporsi nella vita della piccola da un giorno all’altro e, siccome Frida ha sollevato qualche perplessità, è stata ed è tuttora oggetto di intimidazioni e ricatti: da lei si pretende che collabori in modo attivo alla costruzione del rapporto tra il suo ex e la bambina, anche se lui è stato autore di comportamenti aggressivi, violenta mortificazione, vessazioni. 

Si prosegue poi a parlare delle “altre Laure”, la prima delle quali viene da Pisa. (Noi ne parlammo qui e qui)

QUI un durissimo audio che spiega bene la situazione e che racconta la vicenda finita in modo tragico, con una serie di violazioni dei diritti umani del bambino sfortunato protagonista della storia, in primis del suo diritto alla salute.

QUI un racconto della vicenda, sempre con un ottimo audio di pochi minuti da ascoltare:

La presidente del Tribunale di Pisa, Maria Giuliana Civinini, ha ordinato di prelevare il minore ove si trovi, anche a scuola, con l’assistenza delle forze di sicurezza. Tutto ciò perché, nel gennaio 2020, dopo ben 32 visite protette, il piccolo si è rifiutato di incontrare il padre. Di fronte a quel rifiuto il Tribunale di Pisa dispone il ‘collocamento’ forzato dal padre “quale ultimo tentativo di ricostruzione della bigenitorialità”.
Le associazioni locali come MaternaMente e la Casa della donna Pisa si sono mobilitate per denunciare l’accaduto. “Ci stiamo occupando da tanti anni di questi problemi e non ripariamo ogni giorno riceviamo una chiamata di una donna disperata”, spiega Paola Pieri dell’organizzazione MaternaMente, “Stiamo cercando di dare voce a questa madre che si è barricata in casa perché c’è una sentenza con cui il figlio di 8 anni viene affidato al padre dopo che ha vissuto tutta la vita con la madre. Nei tribunali abbiamo la famosa legge 54 relativa alla bigenitoralità anche nei casi in cui i padri sono violenti. Anche in questo caso ci sono state delle denunce che sono scomparse, che sono state archiviate”.

Ma ecco come ne parla l’Avvocata Manente:

“Marco è un bambino di 8 anni che ha vissuto sempre on la madre cui è affidato in maniera condivisa con il padre. Marco è un bambino sereno, è accudito dalla madre, ha una vita sociale, ha una vita ricca di stimoli.

Riferisce a un certo punto dell’iter procedurale di aver paura del padre, perché è stato ripetutamente schiaffeggiato. Rientra da un soggiorno con il padre che non risiede nella stessa città della madre con una polmonite non curata e da allora comincia a rifiutarsi di vedere il padre.

Il Tribunale civile di Pisa decide il collocamento del bambino, pensate un po’, da Pisa a Catania, presso il padre e questo provvedimento è stato eseguito con l’ausilio di 11 operanti, addirittura operanti della DIGOS, insieme a curatrici, educatrici, operatori dei servizi sociali, ma ancor di più con il padre. Si sono presentati a casa della madre e hanno permesso al padre di scaraventare la porta del bagno, abbattere la porta del bagno dove il bambino si era chiuso a chiave nel momento in cui sono entrati perché aveva paura di essere prelevato.

(…)

Il bambino è stato trasferito da Pisa a Catania, immaginate che cosa significa dopo 8 anni (8anni!), quindi sradicato dal proprio ambiente, dai propri amici, dai propri compagni e lontano dalla madre. Lontano. Ad oggi questa donna non è riuscita ancora a rivedere il bambino perché il Tribunale civile di Pisa ha stabilito per le visite protette, ma i Servizi Sociali ancora non sono stati adeguati alla organizzazione di queste visite protette”

Leggendo tutto questo viene da pensare che sicuramente se il bambino ha paura del padre sarà colpa della mamma, no? Non pensate anche voi che un bambino che manifesta dei disagi nella relazione con il padre, li risolverà immediatamente, se l’amorevole paparino, con il placeat degli operatori, butta giù la porta del bagno in cui lui, a soli 8 anni, chiamando la mamma, si è chiuso per la paura di essere portato via?

Le denunce della donna sono state archiviate. Non si sa, in questo caso, se sia stato sentito il bambino, se sia stata sentita la mamma, non sappiamo i motivi dell’archiviazione, ma quali siano i diritti violati in questa storia, ci pare evidente: un bambino che finisce per chiudersi a chiave in bagno e il cui padre abbatte la porta per prenderlo di peso e contro la sua volontà e portarlo di punto in bianco distantissimo da tutta la sua vita è vittima di numerosi attentati alla sua salute psicofisica, ne viene negata la pienezza della sua umanità. Egli non è più un bambino con il suo diritto di avere paura, di provare sentimenti di disagio, di manifestare preferenze, di vivere sereno nel suo contesto sociale. E’ un oggetto, semplicemente preso e spostato da una parte all’altra d’Italia. E questi suoi diritti sono stati negati da un Tribunale (che si dice) civile.

Un’altra, raccapricciante storia di #giustiziaingiusta.

La prima qui

I presidi di Madri in Rivolta, per manifestare contro questa barbara violenza istituzionale infarcita di misoginia.