Su questo blog abbiamo accennato ad uno dei problemi più grandi che le donne madri che si separano da compagni violenti si trovano ad affrontare, uno dei problemi meno noti, meno indagati. Uno dei problemi che, fino a che non si vivono sulla propria pelle, si fa fatica a credere che esistano: la violenza istituzionale.
Avevamo cercato di darne un assaggio in questo POST.
E’ molto importante far conoscere queste realtà, perché, purtroppo, tutta quanta la narrazione che riguarda le separazioni è ormai inquinata. Si punta l’accento sempre sulla disperazione dell’uomo che usa violenza contro la compagna che vuole separarsi o che si è già separata, facendo passare dei messaggi assolutamente nefasti:
- che chiedere la separazione sia una colpa, un vizio, un qualcosa che, se portato avanti dalla donna, diventa un rischio per la sua vita, o una colpa da pagare cara;
- che tutte le azioni violente messe in atto da uomini che minacciano, picchiano, vessano, perseguitano o arrivano ad ammazzare le compagne o ex compagne, siano una conseguenza logica e quasi inevitabile di un sistema (quello della giustizia) che penalizzerebbe sempre gli uomini, percui costoro, terrorizzati dal destino che li attende in tribunale, perderebbero la testa.
In realtà, una donna che viene ammazzata dal compagno, si voleva separare perché si era già accorta e aveva già sperimentato la violenza di cui era capace e sperava, separandosi, di tutelare se stessa e i propri figli. Esattamente il contrario di quanto sembra emergere dalla cronaca e da varie pagine e commenti sui social.
Purtroppo, questo tipo di narrazione e i messaggi che veicola sono colti dalla cosiddetta “manosphere”, quel gruppo di pagine social, forum, associazioni che ruotano attorno a quella che loro chiamano “questione maschile” e che noi chiamiamo “negazionismo”: secondo loro non è mai esistito un sistema socioculturale che opprimeva le donne, non esiste, quindi, nemmeno oggi, anzi, in un rovesciamento assurdo e persino offensivo della realtà, essi asseriscono che siano gli uomini i veri perseguitati e discriminati dalla storia, negano che esista la violenza maschile contro le donne come definita dalla Convenzione di Istanbul, mettono sullo stesso piano tutti i vari tipi di violenza che un essere umano rivolge contro i suoi simili, indicano le donne come delle parassite mantenute che inventano la violenza del partner per ottenere privilegi in Tribunale e per annientare l’odiato ex partner. Una montagna di misoginia, di manipolazione della realtà che disgraziatamente trova sponda anche in tante, troppe donne e che sempre più spesso attecchisce nel sistema legislativo e nei Tribunali, luoghi dove già è assai difficile trovare protezione e risposte immediate per le donne che subiscono violenza, per via dell’impreparazione di troppi Magistrati e dei tempi della giustizia.
Legato al tema, citato, delle “false accuse” che le donne vittime di violenza porterebbero avanti per demolire l’ex partner, c’è quello della cosiddetta “Alienazione parentale”, concetto misconosciuto dalla scienza, bocciato anche in sede di Corte di Cassazione, dal Ministero della Salute ma che continua ad entrare nei tribunali civili e dei minori, in modo sempre più subdolo, cambiando nome, ma non sostanza e che i padri maltrattanti utilizzano come strategia nelle cause civili, per ottenere l’affidamento dei figli minori, distruggere (anche economicamente) la ex partner e continuare a vessarla.
Queste dinamiche colpiscono le donne dal Nord al Sud della nostra Penisola e rendono, di fatto i Tribunali degli spazi non sicuri per le donne, tutto il contrario di quello che dovrebbero essere.
Di Frida e della sua storia, avevamo già parlato nel Post richiamato in apertura. QUI un riassunto della sua storia che si svolge a Venezia.
Ne parliamo ancora perché Frida ci ha chiesto aiuto per rendere sempre più nota la sua vicenda ma anche perché è un utile esempio che mostra benissimo come la violenza maschile contro le donne agisca con il favore delle Istituzioni. E Frida non è un caso isolato.
Lo dice bene un Collettivo Femminista che abbiamo scoperto, quasi per caso, scorrendo FB: FEM.IN. Cosentine in Lotta.
Abbiamo fatto una breve chiacchierata con Jessica, una di loro che ci ha spiegato che il Collettivo è nato 2 anni fa, con un forte radicamento sul territorio e che collabora con altre realtà che combattono diversi tipi di oppressione.
Tra le varie attività di questo Collettivo, ci ha colpito la campagna che hanno lanciato e che si chiama: #FACCIAMOSPAZIO
I membri di FEM.IN. Cosentine in Lotta sostengono che gli spazi di vita, sia reali, sia virtuali, siano realmente sicuri per poche persone, coloro che portano con sé privilegi di classe, ma anche di genere ed avviano una serie di iniziative per denunciare gli spazi non sicuri.
Uno di questi spazi non sicuri per le donne, anche a Cosenza, è il Tribunale.
È ormai tristemente noto il modo e le tempistiche con cui i tribunali trattano le violenze di genere, siano queste domestiche, sessuali, psicologiche o economiche, le ultime due spesso neanche riconosciute.Le formule standard applicate da giudici e avvocati della difesa, spesso uomini ben arroccati sui propri privilegi di genere e classe, sono vittimizzazione secondaria, screditamento della vittima e spesso, troppo spesso, il ricorso a cavilli tecnici per perdere tempo e far cadere i reati in prescrizione, senza doversi neanche sprecare a fare un processo.I tribunali diventano così spazio di lunghi, anzi, lunghissimi calvari: basti pensare che per completare tutti i gradi di giudizio s’impiegano circa 10 anni, che molte vittime trascorrono senza protezione alcuna. Lunghi calvari il più delle volte inutili al fine di ottenere giustizia e protezione, cose a cui questi spazi dovrebbero essere invece deputati.Il tribunale di Cosenza, sia in sede penale che civile, ha dato ampia dimostrazione di questo, e i casi che abbiamo raccolto sono solo quelli più emblematici e contradditori.Certo, l’istituzione è lo specchio degli uomini che la rappresentano nelle sue cariche più alte, allora cosa potremmo mai aspettarci da un’istituzione rappresentata dal procuratore Spagnuolo (Mi spiega Jessica: Il Procuratore ha sostenuto che la maggior parte delle querele per violenza domestica siano false)? Quest’ultimo, con le sue irresponsabili affermazioni, dimostra nella migliore delle ipotesi di non aver mai letto i dati provenienti dallo stesso tribunale e dalla stessa questura di Cosenza, mentre nell’ipotesi più credibile e infausta dimostra di prendere il problema sottogamba, perché appunto in quanto uomo di potere, non lo riguarda.È quindi evidente il cortocircuito per cui lo spazio che dovrebbe curare gli effetti del problema è invece esso stesso parte e alimentatore del problema.
- Le consulenze per le relazioni sulla condizione famigliare sono affidate a figure non formate sulla violenza di genere le quali confondono la violenza con la conflittualità
- I procedimenti penali non incidono in maniera congrua nel civile e nei procedimenti al Tribunale dei Minori
- Una donna chiede aiuto ai servizi sociali per proteggere se stessa e i figli dal compagno violento e la Procura chiede di toglierle i figli e non le assegna nessuna protezione
- Marito abusante e violento assolto perché sua moglie, vessata da anni, aveva avuto una relazione extraconiugale
- Il giudice non ammette in aula la relazione del centro antiviolenza accogliendo l’obiezione dell’avvocato difensore del maltrattante che sostiene: “queste relazioni sono carta igienica”
- Separazione giudiziale a carico di lui per minacce di morte e violenze anche di fronte ai figli, l’affidamento dei figli viene riconosciuto al marito, nonostante in sede penale sia stato rinviato a giudizio, perché la vittima, in pericolo di vita, è scappata dal tetto coniugale
E così, da Venezia a Cosenza, è evidente che la propaganda dei gruppi della “manosphere” sia decisamente falsa e che occorra una presa di posizione ferma e dura, seria nei confronti della narrazione tossica che i media portano avanti riguardo alle separazioni e alla violenza domestica, perché giornalisti impreparati e attivisti MRA si nutrono a vicenda, provocando alle donne che cercano di difendersi sofferenze, ulteriori violenze, persecuzioni.
Tutto questo scoraggia le donne vittime di violenza dal querelare, le lascia sole, isolate, depauperate, sfinite per anni e anni e, quel che è peggio, offre giustificazioni al violento, lo protegge, dà una validazione ai gesti persecutori e criminali che egli porta avanti.
Non stupiamoci, dunque, per i numerosi casi di femminicidio degli ultimi giorni, sono figli di questa situazione, di questa cultura che minimizza, confonde, imbroglia, manipola, giustifica e fomenta.
Per chi volesse aiutare Frida, qui una petizione in suo favore