Laura e le altre: il velo è caduto. Il pugno lungo della violenza maschile che esercita vendetta con l’appoggio delle istituzioni.

Eccoci al nostro terzo post che trascrive la Conferenza Stampa di Differenza Donna, del 19 luglio u.s. che svela le violenze e i pregiudizi cui sono sottoposte le donne che chiedono la separazione da compagni violenti e/o non adeguati ed, insieme alle donne, i loro figli, spesso vittime di veri e propri TSO illegittimi agiti su di loro affinché accettino di frequentare un padre che, per qualunque motivo, in quel momento rifiutano.

La prossima storia di svolge tra Treviso e Roma, ma non ci affideremo alle parole dell’Avvocata Manente, per raccontarla, in quanto, purtroppo, questa bruttissima storia ha avuto il suo tragico epilogo pochissimi giorni fa.

La vicenda viene raccontata dal Corriere:

Questa brutta vicenda ha inizio in Veneto nel 2013 quando XXX incontra il futuro marito. «Lui diventa sempre più violento e, dopo un’aggressione in strada, quando il bambino aveva solo 5 mesi, sono andata via». Era il luglio del 2014. La donna presenta una serie di denunce per violenza domestica che, però, saranno archiviate. Il Tribunale di Treviso colloca il minore presso la madre con affidamento ai servizi sociali. Tuttavia la Ctu condotta dalla psicologa Tiziana Magro, nota fautrice della contestata Sindrome di Alienazione Parentale (Pas), accusa la madre di escludere il padre. (La CTU viene disposta dopo le continue richieste del padre che si lamenta di non riuscire ad avere una relazione con il figlio, nonostante lo veda regolarmente, come disposto dal Tribunale Ordinario di Treviso e di cui esistono i verbali – dice l’avvocata Manente nda)

Alla fine del 2016, mentre è a Roma per passare il Natale con i nonni, YYY (il bambino, di due anni allora) ha una prima crisi epilettica (ritenuto invalido al 100%). Di qui inizia un calvario sanitario fatto di continui ricoveri al Bambino Gesù che costringerà XXX a rimanere a Roma e a lasciare il lavoro. A quel punto il padre chiede al Tribunale dei minori di Venezia di far cadere la responsabilità genitoriale della madre perché si è allontanata dal Veneto ma la richiesta viene respinta. È il 2019. L’uomo non si arrende e si appella alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, una mossa che porta il tribunale dei minori di Roma a disporre la decadenza della responsabilità genitoriale di padre e madre, nominando tutrice provvisoria la sindaca di Roma in modo da far riprendere i rapporti con il padre. Raggi a sua volta incarica un’assistente sociale, Franca Cammisa, che non incontrerà né parlerà mai con il bambino ma, nella sua relazione, descriverà l’«impossibilità del minore a condurre una vita normale a causa dei timori della madre». 

Per la prima volta in queste storie, emergono – finalmente! – i nomi e i cognomi di quelli che possiamo realmente chiamare i “mandanti” dei trattamenti degradanti che i bambini subiscono a causa delle loro (im)perizie.

E’ ancora una volta importante sottolineare tre elementi: l’archiviazione delle denunce di violenza che le donne sporgono (che quasi sempre avviene senza aver mai sentito nessuna delle parti in causa), il mancato ascolto del bambino: anzi, in questo caso, il bambino non viene proprio nemmeno interpellato e l’addossare alla donna la colpa delle mancanze del padre. Addirittura i giudici si spingono a dire che se il bambino sta male, è colpa delle influenze materne, negative per la sua salute (come afferma l’Avvocata Manente nella Conferenza Stampa di Differenza donna)

Sul capo di questa mamma non pende alcuna accusa di maltrattamento, non vi è niente altro se non un assurdo, quanto generico, “legame troppo forte” con il proprio figlio che ha – oggi – soli 7 anni.

Eppure, in nome di questo legame troppo forte (troppo per chi? Qual è la giusta misura del rapporto madre/figlio e perché un legame “troppo forte” con un bambino di 7 anni sarebbe così negativo da giustificare l’allontanamento forzato del piccolo dalla mamma? Non è più traumatico quello che hanno deciso i giudici per lui?), il 26 luglio appena passato, il piccolo YYY è stato strappato dalla sua mamma.

«Mi hanno immobilizzato sul letto perché io fino all’ultimo non lo lasciavo andare mio figlio, i poliziotti erano in dieci, in dieci per un bambino. Ho ancora i segni della colluttazione sulle braccia». (…)

Lunedì scorso le forze dell’ordine si sono presentate davanti alla sua casa, vicino a Viterbo, per eseguire il provvedimento, disposto otto mesi fa dal tribunale dei minori di Roma, di sospensione della responsabilità genitoriale di padre e madre con il conseguente affidamento di YYY ad una casa famiglia. Il prelevamento del bimbo che è anche malato di epilessia, è stato drammatico. Gli agenti hanno sfondato la porta della stanza in cui la mamma si era chiusa con il figlio e lo hanno portato via con la forza.

Un paio di giorni dopo a sorpresa è arrivata una video-chiamata: «Mi hanno detto che YYY aveva avuto una giornata particolare e mi ci hanno fatto parlare. Lui aveva dei lividi in faccia, come se fosse caduto. Forse ha avuto una crisi epilettica perché l’operatrice mi ha chiesto quali fossero i giusti dosaggi delle medicine da dargli!». E poi, nel pomeriggio, è giunta la notizia che YYY è in una casa famiglia a un’ora di guida da casa della madre e che lei lo potrà per un’ora solo una volta a settimana.

Per abbattere la porta hanno usato le fiamme ossidriche.

La porta abbattuta e divelta della casa del piccolo YYY e della sua mamma.

Anche a Firenze si ripete una storia simile.

“Si tratta di un bambino di 5 anni – dice l’Avvocata Manente – che ha paura di incontrare il padre che è stato denunciato per violenza domestica e la madre chiede gli incontri protetti. La madre viene sottoposta a CTU e anche lei, come tante altre, viene accusata di essere la causa del rifiuto. La si accusa di essere iperprotettiva e alienante. Non c’è mai stata una valutazione concreta della realtà. Il Tribunale autorizza la frequentazione paterna fuori da un contesto di protezione, non ascolta le paure del bambino, non ascolta le richieste di questa madre e il bambino viene condotto all’estero dal padre e viene sottratto alla madre (…)”

Ci domandiamo come mai, se un bambino ha paura del padre, i Tribunali addossino la colpa del timore alla madre e facciano di tutto (anche agire violenze estreme e mettere in piedi TSO a carico di bambini anche piccoli sradicandoli dal loro contesto e dalla loro vita) affinché il bambino venga costretto a frequentare proprio il padre rifiutato, ma non avvenga il contrario. In questo caso di Firenze, la mamma è riuscita a rivedere il bambino dopo un anno intero. Però il bambino è ancora all’estero, e nessuno, proprio nessuno, è intervenuto affinché possano essere ripresi con assiduità i rapporti madre/figlio.

Si sbandiera sempre il cd diritto alla bigenitorialità del bambino che deve, anche con la forza, frequentare il padre, ma quando i bambini vengono allontanati dalle madri, la bigenitorialià viene meno.

I bambini rinchiusi in case famiglia o collocati dal padre che non vogliono, perdono, in nome del popolo italiano, il diritto di vedere la mamma. La mamma che li ha cresciuti, spessissimo da sola, fino a quel momento e che ha garantito fino a lì il loro benessere e il loro accudimento.

La stessa cosa avviene nella storia seguente, protagonista sempre il famigerato foro di Roma.

“La madre di due bambini che oggi hanno 13 e 8 anni decide di separarsi per le condotte violente del marito. Addirittura, le provoca la rottura di due costole, ma lei, come tante altre, non denuncia le violenze e avvia il procedimento di separazione.

(…) viene accusata dalla CTU anche lei di essere alienante ma (…) il Tribunale disattende la consulenza e colloca i minori presso la madre. Durante il lockdown il padre interrompe il pagamento del mantenimento e la signora non riesce più a pagare l’affitto né a mantenere i figli. Presenta denuncia per (…) mancato mantenimento (…)

Questa signora è costretta per lo stato di necessità a chiedere aiuto economico a parenti, amici, a famigliari e poi decide, considerato di non poter offrire un benessere, un agio ai propri bambini, la possibilità di vivere, di trasferirsi a Londra, dove invece ha una casa di sua proprietà e riesce a trovare lavoro. Immaginate, a Londra, il figlio più grande chiede aiuto da solo, si presenta da un avvocato che lo rappresenta alla Corte inglese e che riferisce alla Corte inglese la sua paura di rientrare presso il padre descritto come prevaricatore come un uomo violento, come un padre da cui lui non vuole ritornare, tuttavia tale circostanza non è stata ritenuta sufficiente per derogare alla giurisdizione dell’Italia dove i minori avevano la residenza abituale e quindi i minori hanno dovuto lasciare Londra (…) e sono stati affidati dalla Corte di Appello (di Roma)  in via  esclusiva al padre.

Attualmente la signora non vede e non sente i figli dal febbraio 2021 e nessuna iniziativa concreta è stata assunta dalle autorità per sanzionare la condotta paterna, sia di violenza economica, ma anche di compressione della genitorialità materna (…)”

Riflettiamo: un uomo non paga il mantenimento ai figli costringendo la ex a rifarsi un’altra vita per riuscire a mantenere con dignità i propri bambini e poi, stranamente, quel padre può benissimo provvedere a loro, quando la Corte di Appello gli affida i due minori in via esclusiva.

Cos’altro è se non vendetta?

E perché, se addirittura uno dei figli ha chiesto aiuto in autonomia ad un avvocato per non dover essere costretto a rivedere il padre, questo padre ne ha l’affidamento esclusivo e nessuno si muove affinché i due bambini abbiano diritto a vedere la mamma che non li ha mai maltrattati e di cui essi non hanno paura?

Cos’altro è se non discriminazione sessista, violenza istituzionale contro le donne, ripristino violento della patria potestà e tortura nei confronti di donne e bambini?

E’ il lungo pugno crudele della violenza maschile contro le donne che agisce vendetta e controllo con l’appoggio delle istituzioni.

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