Una provocazione

In questi giorni, a Torino, è apparso un falso cartellone pubblicitario che, facendo una parodia di una nota pubblicità di biancheria intima, mostra una donna “fintissima”, “Made of plastic, it’s fantastic”, dice lo slogan. “Finalmenty perfetty”.

La caricatura di donna sul cartellone richiama un ideale di bellezza del tutto innaturale, volutamente grottesca.

Mi soffermo in particolare sulla bocca: aperta in una “O”, chiarissimo richiamo alle bocche delle bambole gonfiabili, certo una provocazione molto forte, che, credo voglia portare ad una riflessione.

L’anonimo cartellonista avrà voluto far riflettere su quanto siano irreali gli standard di bellezza imposti alle donne da pubblicità e media? O avrà voluto spingere ancora più in là la sua provocazione, mostrandoci una donna presentata come inanimato oggetto sessuale, facendola somigliare ad una bambola gonfiabile?

“La Stampa” pubblica un video, sul suo sito, per registrare le reazioni dei passanti.

Il primo signore intervistato ci dice che si è fermato perché il cartellone è “assolutamente da fotografare” e più avanti sostiene che sia fatto apposta per far riflettere sulla società che propone una bellezza “artificiale”; una donna dice che “è orribile”. Un altro uomo afferma che “non fa ridere”, invece una ragazza intuisce che si tratta di una provocazione, perché la donna del cartellone “è un po’ bambola gonfiabile”. Per un giovanotto di passaggio “è un divertimento”, poi c’è chi pensa che sia una “trovata pubblicitaria”, chi dice che la marca cui si ispira dovrebbe querelare e chi invece sostiene che a quella stessa marca “stia bene, perché non la sopporta”, chi pensa ad un vandalo che ha pasticciato il cartellone originale. L’ultima persona intervistata – una donna – trova il cartellone bruttissimo e molto offensivo.

A parte prendere nota di come siano pochissim* quell* che hanno capito lo scopo della provocazione, mi vorrei soffermare sulle affermazioni dell’ultima donna che ha parlato.

Questa pubblicità le sembra meno offensiva? Meno brutta?

E quest’altra?

Cosa ne pensa, la signora, di immagini come questa, in cui le donne ritratte sono, non soltanto di una bellezza artificiale e irreale, ma anche rappresentate come tutte identiche, perfettamente intercambiabili l’una con l’altra?

Negli ultimi anni, è vero, la consapevolezza di quanto siano svilenti le immagini pubblicitarie che propongono le donne come oggetti per il desiderio maschile, è aumentata parecchio. Rimangono, tuttavia, dei casi che risultano meno immediatamente offensivi, come negli esempi che ho riportato.

Immagini come queste difficilmente vengono censurate o definite “offensive”. L’autore del cartellone “Fintissimi” ha semplicemente preso spunto dalla rappresentazione mediatica delle donne, spingendola al suo limite. Provate a farci caso, nelle riviste di moda femminile, quelle che si trovano dal parrucchiere e che, ogni tanto, tutte sfogliamo, quante sono le modelle fotografate con la bocca schiusa?

Che sia comune paragonare le donne a bambole gonfiabili o che, addirittura, qualche volta si sogni che le donne siano ridotte al silenzio passivo e alla disponibilità sessuale, non è una novità. Guardando quel cartellone, si è costrett* a riflettervi.

Ed è per questo che, per quanto “brutto” a me piace. Ci butta in faccia l’offensiva (questa sì) verità della considerazione di cui le donne ancora  godono in Italia, e che i media ancora veicolano: passivi oggetti sessuali, destinati al piacere degli uomini (sempre), alla perenne rincorsa di un fisico dall’aspetto liscio, levigato, “perfetto” ma fuori dalla norma della quasi totalità delle donne.

Concludo con una nota amara: pubblicità come QUESTA non sembrano (quasi) mai offensive per nessuno, certo non attraggono l’attenzione come rappresentanti qualcosa di “stonato”, né fan pensare a grottesche parodie dei tempi che furono.