Questo post potrebbe finire qui. Mostrando questa foto e questo titolo di un articolo di Maria Laura Rodotà che, agli occhi di qualsiasi essere umano dotato di senso del pudore e minima analisi del testo, ha già degli evidenti problemi.
Però Rodotà ha scritto un articolo che è ancora più bizzarro del titolo. E questo è già un’impresa degna di nota che mi spinge a proseguire.
Il lancio dell’editoriale di Rodotà apre già a questioni di linguaggio e rappresentazione fin dal primo sguardo.
Malia e Sasha Obama hanno 16 e 14 anni. Sono in visita all’Expo di Milano. Sono di spalle, con i loro vestitini corti, proteggendo le gonne dal vento, le gambe scoperte. L’immagine, allusiva di una sensualità lolitina, non è un caso: anche il titolo spinge a osservarne i corpi. Le definisce “ganzissime” ( ah, lo slang degli anni ’80! ) e dal “fisico perfetto”, “forse troppo“.
Sono spinta quindi dalla curiosità: com’è un fisico troppo perfetto? Perchè il loro lo è? In cosa non sono innovative? Come può un corpo esserlo? Il mio lo è? Dovrei chiedermelo?
Insomma.
L’articolo è pubblicato sulla 27a ora, uno di quei giornali che sembrano dei ghetti al femminile.
Quegli spazi in cui si elogia il multitasking, si fanno differenze tra cervelli maschili e femminili e si perpetuano stereotipi a gogò.
Senza smentire la linea editoriale, di seguito alcuni significativi estratti dell’editoriale più “innovativo” del web:
Dato positivo: Michelle, Malia e Sasha Obama sono ganzissime. Sperabilmente, mostrano una volta per tutte come essere eleganti e affascinanti e chic e tutto non sia un problema di pigmentazione.
E questo ci fa piacere. Abbiamo scoperto che le donne nere possono essere anche affascinanti e eleganti. Non solo delle abitanti del ghetto dell’ immaginario.
Dato negativo: Michelle, Malia e Sasha Obama sono ganzissime, però secondo alcune/i in modo poco innovativo. «I vestiti di Mrs. Obama telegrafano un’idea di femminilità da anni Cinquanta», ha scritto Vanessa Friedman, critica di moda del New York Times. «Le sue sembrano scelte poco assertive se davvero vuole trasmettere un messaggio di empowerment», insomma se vuole ispirare le ragazze a sentirsi forti e potenzialmente potenti
Questa polemica sull’abbigliamento di Michelle Obama mi ha sempre affascinato. Di come si possa perdonare tutto a una donna che fa politica, ma non il suo outfit. Che si tratti di Maria Elena Boschi – il cui ULTIMO problema dovrebbe essere come sta in bikini – o Mrs Obama l’abito è sicuramente più importante che per i colleghi/presidenti/consorti.
A Michelle si rimprovera di avere un abbigliamento troppo retrò, che rimanda a un concetto di donna anni ’50 sottomessa al marito, docile e domestica.
Si preferirebbero per lei, che è First Lady, figuriamoci fosse Presidente(ssa), un look più “assertivo”, magari più sobrio, magari meno femminile, ecco.
Qualcosa che suggerisca alle donne di sentirsi forti, quindi qualcosa da uomo.
E sul concetto di empowerment ci sarebbe da aprire un ampio capitolo su quanto il girl power, scevro di qualsiasi ragionamento di politica socio-economica, di qualsiasi progettualità strutturale, sia quello che unisce dalla Rauti che balla al One Billion Rising a Beyoncè sul palco, passando per Patricia Arquette agli Oscar.
Su quanto, di fatti, sia una trappola che usa questione di genere e femminismo per sostenere un sistema economico che si fonda sulle disparità, ma che finge di poterle gestire in modo etico.
Sorvolando sull’invidia che Rodotà nutre per le braccia tornite di Michelle, cito ancora:
Il trio è di grande effetto, sono belle, colorate, fisicamente perfette. Tanto da rischiare di scoraggiare proprio le donne e fanciulle che vorrebbero ispirare.
A me scoraggia più che ancora qualcuna dica “colorate” parlando di tre donne nere.
Messe di fronte a standard così alti, potrebbero arrendersi e consolarsi con pizza patatine e quel cibo spazzatura contro cui Michelle — è la sua missione da First lady, magari avrebbe voluto fare altro, ma tant’è — combatte.
Perché? Perché le donne sono sempre in competizione tra loro?
Perché il fatto che tre donne, anzi una donna e due ragazzine, siano piacenti deve influenzare il mio giudizio sul loro operato, sulla loro vita? O, peggio, su di me?
L’unico standard falsato che conosco è quello doppio, diverso per uomini e donne, il double standards che articoli come questo avvalorano di continuo.
In ogni caso, quello che costituisce uno standard troppo alto da emulare non è certo il look di due teenager o le gonne ampie di Michelle. Nè le braccia tornite che ci fanno un invidia!
Per una qualsiasi ragazza statunitense, quello che non è realistico emulare è anche solo il grado di istruzione raggiunto da Michelle, in un Paese in cui le tasse universitarie sono tra le più alte al mondo.
Tutto bene, tutte leggiadre, di una leggiadria che sembra aver addomesticato queste tre femmine alfa molto alte, rendendole bellissime e innocue. Però la stessa, stilosa Friedman scrive di preferire la «merkelizzazione» del vestire tra le donne eccellenti; l’uso di capi noiosi per costringere gli interlocutori a parlare di cose serie; le mises-divisa sempre uguali alla Merkel, appunto, e alla Hillary Clinton, per non essere solo decorative, si diceva.
Ecco, come si diceva.
Le donne al potere devono essere sobrie, discrete, non possono scegliere, altro che innovazione.
Il tailleur della Merkel va bene.
Il blue navy rassicurante di Hillary anche.
Il vestito a fiori di Michelle no. I vestiti alla moda delle figlie nemmeno.
L’uso di capi noiosi per costringere gli interlocutori a parlare di cose serie?
Possibile che le donne non abbiano altri mezzi che una gonna sotto al ginocchio per farsi rispettare?
Per non essere solo decorative, non potremmo smetterla di giudicarci come elementi dell’arredo di un mondo di uomini?
Ma temo di sapere quale sarebbe la risposta a questa domanda.
Seguimi anche su Twitter @BettieCage
Errore fondamentale: Michelle Obama non fa politica, è solo la moglie di un politico. Non puoi paragonarla a Merkel
Evidentemente la First Lady USA fa politica, una figura che in Italia non abbiamo, ma che negli Stati Uniti ha un preciso valore.