La non-rivoluzione del One Billion Rising

Il 14 Febbraio torna il One Billion Rising, l’evento internazionale contro la violenza su donne e bambine, che si serve della danza come mezzo di sensibilizzazione e aumento di consapevolezza.
L’iniziativa, che fa ballare a donne di tutto il mondo la stessa coreografia su musiche dal testo discutibile (“siamo donne, siamo figlie, siamo insegnanti […]” ), è nata all’interno del V-Day , movimento globale contro la violenza sulle donne, fondato da Eve Ensler, l’autrice dei “Monologhi della Vagina”.

L’istituzione del V-day, e ancora di più del One Billion Rising nel 2013, è stata molto controversa. A Eve Ensler sono piovute addosso critiche di neocolonialismo e di promozione di iniziative sovradeterminanti. Nonostante ciò il flashmob globalizzato continua a riscuotere successi, nelle palestre si organizzano corsi per imparare la coreografia e una volta aperte le danze partecipano tutt*, proprio tutt*, tanto che nel 2013 il One Billion Rising romano fu organizzato dall’antiabortista Isabella Rauti, che dai social annuncia la sua partecipazione anche all’edizione del 2015.

logoIl successo trasversale che in Italia riscuote il Flashmob di Eve Ensler, costruendo in-sospettabili “sorellanze”, è sintomo della banalizzazione dei discorsi sulla violenza di genere, della negazione delle cause materiali e della complicità dello Stato nel mantenere in piedi e nel produrre questa violenza, ma anche del fallimento delle politiche delle pari opportunità e del femminismo liberale, quello delle quote e delle poltrone rosa.

Fuori dai confini italiani il One Billion Rising ha generato un ampio dibattito che ha contribuito a mettere in luce la mancanza, nel movimento e nelle iniziative di Eve Ensler, di una prospettiva intersezionale  e l’atteggimanto sovradeterminante assunto da questa nei confronti dei femminismi non mainstream.
A questo proposito Laura Corradi ne “Il gesto femminista”, riferendosi al One Billion Rising, scrive:

Il popolarissimo video di chiamata alla mobilitazione […] credo sia una espressione di un serio tentativo di praticare una prospettiva post-vittimista riguardo la violenza di genere; e ha il merito di rappresentare visivamente anche le lotte di donne di colore e/o appartenenti a classi svantaggiate, operaie cinesi delle fabbriche, addette al riciclaggio di immondizia nelle megalopoli globali. Ma purtroppo il video non rinuncia a rappresentazioni di tipo coloniale, spettacolarizzando le modificazioni genitali femminili nel suo incipit. Se vogliamo promuovere politiche intersezionali, le donne devono imparare a essere le migliori alleate delle altre donne, stabilendo rapporti di correttezza e rispetto con le femministe e le attiviste di genere del sud del mondo che hanno opinioni, background culturali o religiosi diversi. Non è sufficiente avere l’ok della femminista africana, o islamica, o disabile all’interno del proprio gruppo di lavoro. E’ necessario confrontarsi con i soggetti collettivi interessati: nulla su di loro senza di loro – questo è il traguardo di un femminismo etico e decolonizzato.

Molto probabilmente Eve Ensler non si è confrontata con il movimento delle femministe indigene canadesi altrimenti avrebbe saputo che il 14 Febbraio per le native rappresenta una importante data, quella dellAnnual Women’s memorial march for missing and murded women, protesta nata nel 1991 per manifestare contro la scomparsa e uccisione di attiviste e donne indigene impegnate nella protezione dei propri territori, che ancora oggi vengono loro espropriati, diventata poi una mobilitazione che abbraccia tutte le forme di violenza contro le donne e i soggetti gender non conforming, includendo anche la violenza statale, infatti in tutte le città canadesi coinvolte la marcia si conclude davanti a una stazione di polizia considerata spesso corrotta e complice nella sparizione delle donne indigene.

Dal Woman Memorial Day di Vancouver, 2012
Dal Women’s Memorial Day di Vancouver, 2012

Nel 2013 il One Billion Rising venne accusato di invisibilizzare, con il suo grande dispiegamento di forze e la popolarità di Eve Ensler,  le lotte di donne e di minoranze che già godono di scarsa visibilità.
L’infelice sovrapposizione di date ha portato ad un acceso scontro tra Lauren Chief Elk, attivista nativa canadese, e le organizzatrici del One Billion Rising.
All’accusa di colonialismo e sovradeterminazione l’autrice dei Monologhi della Vagina risponde sostanzialmente di non averlo fatto apposta, non conosceva l’importanza della data del 14 Febbraio per le native canadesi. L’ingenuita della risposta di Ensler mette in evidenza tutti i limiti di un femminismo bianco ed egemone che si arroga il diritto di dire alle “altre” quando alzarsi, sollevarsi e danzare, senza nemmeno sapere che “le altre” sono già in piedi, si sono già sollevate e stanno già facendo la loro rivoluzione.
La risposta di Lauren Chief Elk all’ ammissione di ignoranza di Eve Ensler e alle sue lacrime di coccodrillo,  si conclude con queste parole:Your actions are assisting violence, not ending it.”. [Le tue azioni favoriscono la violenza, non la fermano]

chief_elk_GenFNel 2103, anno della prima edizione, non furono solo le attiviste indigene a mettere in evidenza le contraddizionidel One Billion Rising, ma le condanne arrivarono anche dall’attivismo delle donne nere, in particolare da alcune donne congolesi che rifiutarano l’immagine colonialista che Eve Ensler aveva elaborato su di loro.

Nel libro, The body of the world, Ensler paragona la sua malattia, un tumore, agli stupri subiti da molte donne congolesi.
Nell’articolo The Congo Stigmata, ricavato del libro, Ensler descrive minuziosamente procedure mediche applicate sulle donne vittime di stupro per curare i danni subiti, si sofferma sui particolari, c’è una enorme spettacolarizzazione dello stupro, usa toni quasi mistici, si appropria dell’esperienza delle donne congolesi togliendo a queste individualità e sovrapponendo a quelle donne se stessa e la sua esperienza con la malattia.
Le denunce sono state tante, le donne congolesi si sono sentite usate e spettacolarizzate con atroce morbosità per promuovere una campagna.
Eva Ensler si è sostituita a loro, si è sostituita alla narrazine di ognuna di loro, le ha dipinte come poverette a cui lei avrebbe “dato voce”, ma in realtà le ha fagocitate.

L’edizione del 2015 del One Billion Risign è dedicata alla rivoluzione.
Personalmente faccio fatica a vedere qualcosa di rivoluzionario nel movimento globalizzato proprosto da Eve Ensler, una donna bianca e occidentale che si mette a capo di una grande macchina di salvezza con la pretesa di parlare un linguaggio che vada bene per tutte le donne o meglio imponendo a tutte le donne il proprio linguaggio.

 

Per approfondire:

One BillionRising e le contraddizioni del femminismo carcerario

 

 

2 Risposte a “La non-rivoluzione del One Billion Rising”

  1. Scusate, io sarò ingenua, ma perché non unirsi invece di contrapporsi. Io mi sento solidale col movimento delle donne indigene canadesi. Se qualcuno fa qualcosa per mobilitare le coscienze e riscuote pure successo, con le migliore intenzioni o meglio, chi lo pratica in tutto il mondo lo fa con le migliori intenzioni, perché criticarlo. Questa è la sorellanza?

    1. Eve Ensler avrebbe potuto partecipare alla marcia delle native canadesi, invece le ha “mangiate” fissando nello stesso giorno il suo evento, la cui popolarità contribuirà ad oscurare i movimenti e gli attivismi di tante donne.
      Ti invito a leggere questa risposta, linkata anche nel post, di un’attivista nativa americana a Eve Ensler, la quale dopo averle detto che non era a conoscenza del significato che avesse quella giornata per loro (grave mancanza) la invita a fare l’ambasciatrice del One BillionRisnng!

      http://chiefelk.tumblr.com/post/49527456060/an-open-letter-to-eve-ensler

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