Come ogni anno ci sono stati gli Oscar, evento sempre più seguito anche in Italia, sotto il peso del fascino e del potere dell’egemonia culturale statunitense.
E quest’anno, più di sempre, gli Oscar sono diventati virali, complici i discorsi dei vincitori orientati come non mai a comunicare oltre le mura del Kodak Theatre con una platea molto più vasta.
Così, Jhon Legend ritirando l’Oscar per Miglior canzone originale* ha ricordato che
Viviamo nel paese più incarcerato del mondo. Ci sono più neri con misure cautelari oggi che neri schiavi nel 1850
polemizzando con la polizia e il sistema carcerario statunitense, sotto accusa dai giorni di Ferguson. Ve li ricordate? Erano quelli in cui in Italia si parlava solo dell’Orsa Daniza.
Altri hanno ricordato la necessità di visibilizzare la disabilità, qualcuno ha persino confessato di aver pensato di uccidersi perchè si sentiva “weird“, diverso, ma che ogni diversità dovrebbe essere accettata e amata e che tutti possono realizzare il proprio American dream.
E poi c’è stata Patricia Arquette, Miglior attrice non protagonista per Boyhood ( ma i più la ricordano come la tipa bionda di Medium ). E’ lei la più ritwittata e condivisa di tutti, grazie al suo discorso sui diritti delle donne.
Ha dedicato il suo Oscar
A ciascuna donna che ha dato il dono della vita a qualcun altro, a ogni contribuente e cittadino di questa nazione, noi abbiamo lottato per gli eguali diritti di tutti. È giunta l’ora di una parità salariale tra uomini e donne una volta per tutte. Ed è anche giunta l’ora di ottenere uguali diritti per le donne degli Stati Uniti d’America
e in molte in tutto il mondo sono andate in brodo di giuggiole.
Oltre a Meryl Streep e Jennifer Lopez che esultavano con un tifo da stadio alla richiesta di abbattere il gap salariale, in tante, anche tante di quelle che il gap salariale lo vivono davvero hanno gioito alle parole di Arquette.
Con il lasciapassare del “discorso sui diritti delle donne“, Arquette si è meritata il plauso internazionale, delle donne, ma anche di alcune femministe.
Poco importa che la dedica sia a tutte le donne in quanto madri dei cittadini statunitensi.
Il femminismo da Oscar è così glamour che ci si passa sopra.
E non si coglie nemmeno quell’evidente riferimento alle “lotte per gli eguali diritti di tutti”, gli afroamericani in testa, che ora devono restituire alle donne il favore, mettersi da parte, lasciare che le donne, le madri statunitensi conquistino i loro diritti, senza interferire.
Per fugare ogni dubbio, Arquette ha rilasciato questa dichiarazione nel backstage immediatamente dopo il discorso di premiazione:
E’ il tempo di tutte le donne negli Stati Uniti. E tutti gli uomini che amano le donne e tutte le persone gay e tutte le persone di colore per cui abbiamo lottato, è tempo che lottino per noi ora.
Come fa notare Heather Barmore sul Guardian, evidentemente il discorso di Arquette è diretto solo alle donne bianche eterosessuali, poiché tutte le donne nere o quelle lesbiche o bisessuali sono marginalizzate nelle categorie per cui si è lottato finora e che ora devono restituire la fatica.
Come se tra le donne nere o quelle non eterosessuali il gender gap non esistesse. Come se non appartenessero al genere femminile sottopagato cui Arquette e le sue fan fanno riferimento.
Scrive Barmore
Questo discorso conferma l’ignoranza di tante femministe bianche riguardo al ruolo delle persone di colore e LGBT hanno giocato nella lotta per l’uguaglianza delle donne. Arquette fa sembrare che le questioni dei gruppi “secondari” fossero già risolte egregiamente e che ora sia tempo di concentrarsi sulle signore bianche. Senza curarsi, ad esempio, di tutte le donne nere transgender che sono state uccise negli Stati Uniti solo quest’anno.
Oltre a queste pecca comune a tante femministe bianche, Arquette fa un doppio errore considerando “altro” dal suo discorso le “persone di colore”, dal momento che nere e latine negli Stati Uniti oggi guadagnano anche meno di una donna bianca ( che guadagna meno di un uomo ).
Certo Arquette non è una voce eminente del femminismo, ma solo un’attrice agli Oscar.
Il suo discorso e le reazioni che in molte donne, femministe, ha suscitato aprono però a una considerazione politica più ampia. Se il femminismo occidentale continuerà a guardare solo a donne bianche ed eterosessuali, non potrà che ridursi a un fenomeno di costume buono per i discorsi degli Oscar, ma poco credibile nel mondo reale.
In quel mondo dove esistono anche donne non bianche, non etero.
L’intersezionalità delle rivendicazioni, tra genere e razza, che unisce antisessismo, femminismo e antirazzismo, è il propulsore di un mondo sfaccettato e vario che però vede nelle diseguaglianze economiche il comun denominatore delle discriminazioni subite.
Perchè se negli Stati Uniti di Arquette ci sono più afroamericani sotto misure cautelari che schiavi nel 1850 e se a Ferguson la polizia spara contro giovanissimi ragazzi neri e il femminismo bianco non riesce a cogliere il nesso tra questo e il divario salariale, continuerà ad alimentare quei meccanismi e quel sistema che genera le disparità di cui è vittima.
*( per Selma – il film di Ava DuVernay sulle marce che nel 1965 segnarono l’inizio della rivolta per i diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti )
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