Quante volte avete sentito dire che le macchinine non sono giocattoli per bambine? Quante volte vi hanno detto che le donne non sanno guidare? È ora di abbattere questo pregiudizio, di smettere di catalogare le attività e le passioni in base al genere. Lo sa bene la casa automobilistica Audi, che ha prodotto per la Spagna una pubblicità che vuole rovesciare questi stereotipi.
Lo spot in questione è “La muñeca que eligió conducir” (La ragazza che scelse di guidare), ambientato in un negozio di giocattoli. Quest’ultimi si presentano divisi in scaffali diversi in base al genere: uno rosa e uno blu. Ma non è un negozio qualunque, poiché dopo l’orario di chiusura i giocattoli prendono vita. E cosa fai se sei Barbie e la tua carrozza non parte? Prendi un Audi, ovviamente! Così la bambola esce dal suo mondo fatato e inizia a vivere un’avventura adrenalinica. Significativo anche il finale, in cui un bambino viene attratto proprio dalla macchina con al suo interno la bambola. Nonostante per la madre i due giocattoli non vadano bene insieme.
Lo spot è stato ideato dall’agenzia pubblicitaria Proximity Barcelona, con lo scopo di sovvertire gli stereotipi. In un loro comunicato stampa si può leggere:
These two toys, usually kept apart by gender stereotypes, have been brought together this Christmas to show that play, like driving, is a gender-free area.
Il video ha già totalizzato milioni di visualizzazioni su Youtube, oltre a essere trasmesso dalle emittenti spagnole. Non solo, ha già ottenuto i primi riconoscimenti. È stato, infatti, votato come il miglior spot della settimana da AdForum ed è stato inserito nella lista delle 20 pubblicità migliori dell’anno, attirando le attenzioni di tutta Europa.
La pubblicità fa parte della campagna pubblicitaria #CambiemosElJuego (Cambiamo il gioco), promossa da Audi. Nel sito dedicatogli, possiamo leggere lo slogan “Perché giocare, come guidare, non dovrebbe includere stereotipi di genere”. È dello stesso parere il professore di Psicologia Evolutiva dell’educazione José Luís Linaza Iglesias, che dichiara “Attraverso il gioco si apprendono tutte le abilità necessarie per la vita. Per questo è importante che i bambini e le bambine giochino con le stesse cose”. Le motivazioni, afferma lo stesso, sono cinque:
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i giocattoli sono importanti per lo sviluppo delle abilità;
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i giocattoli possono influenzare gli interessi futuri e le vocazioni sviluppate da piccol*;
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i bambin* non hanno stereotipi di genere e giocare in modo diverso può crearli;
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i giochi come le auto aiutano a sviluppare la coordinazione visivo-motoria;
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i giocattoli possono ampliare le prospettive: gli uomini si sentiranno più competenti nelle faccende domestiche, mentre le donne saranno più invogliate ad appassionarsi alla matematica e alle scienze.
Mentre in Italia si litiga per la teoria gender nelle scuole, nel 2013 è stata lanciata la campagna “Let toys be toys” in Inghilterra, per chiedere alle industrie pubblicitarie di smettere di promuovere giocattoli diversi per bambini e bambine. Si tratta di un’iniziativa nata da un gruppo di genitori sul forum di Mumsnet, che ha già avuto i suoi risultati. La catena inglese Marks&Spencer ha, infatti, modificato le etichette e la disposizione dei giocattoli nei propri negozi, eliminando le differenze di genere. Lo stesso ha fatto la catena svedese Toys R Us.

Quando si parla di giocattoli non sessisti, molti lodano GoldieBlox. Si tratta di una società creata dall’ingegnera Debbie Sterling, produttrice di giochi di costruzione per bambine. La pubblicità promozionale è molto divertente.
L’idea nasce perché Sterling è stanca della netta minoranza di presenza femminile nel suo ambiente di lavoro. Lo scopo è quindi di creare interesse nelle bambine verso i giochi di costruzione, che sono sempre stati considerati maschili (vedi Meccano o Lego). Apprezzo molto l’idea e vorrei tornare a essere una bimba solo per poterci giocare. Credo, però, che il messaggio che mandi sia sbagliato. Principalmente perché è tutto rosa, rafforzando lo stereotipo principe che ci relega a identificarci con quel colore. Poi perché ancora una volta si propone un prodotto specifico per un genere di bambin*, escludendo l’altro.
Sembra proprio che non ci siano possibilità di considerare i giocattoli come unisex. Dal mio canto, mi ritengo fortunata di aver avuto l’opportunità di giocare con le bambole a casa e a calcio in cortile. I miei genitori non mi hanno mai proibito di giocare con i soldatini o le macchinine di mio fratello. E mi chiedo se, in caso contrario, avrei scelto comunque la facoltà di Ingegneria Meccanica. Ricordo, però, una certa mia rimostranza a chiedere un gioco “maschile”, per il quale aspettavo sempre che venisse regalato a mio fratello o a un mio amico. Probabilmente se avessi avuto una sorella e sole amiche, non avrei giocato con molti giochi che mi piacevano. Solo perché pensavo che fosse sbagliato possederli.
L’importanza di liberare i giocattoli dagli stereotipi sessisti è un concetto che Narrazioni Differenti ha trattato più volte (vedi qui e qui). Per eliminare il problema bisogna partire dalla radice, andare a intaccare una mentalità che si è radicata negli anni. Proprio per questo è importante iniziare dalla pubblicità e dal marketing.