Natale 2015: Contro il sessismo regalato e contro i regali per il sessismo

e6723255-7a35-4841-b18a-2d558c08447ddi Eleonora Selvatico

“perpetua studentessa che valica i confini e non riesce a concepire le frontiere. Tuttavia, nomina entrambe. Con molte più domande che risposte, cerca di perturbare gli ordini egemonici nei quali,è convinta, funziona – ancora e purtroppo – l’ideologia patriarcale”

Ufficialmente, di discorsi per l’uguaglianza tra i sessi, per la diversità e contro le discriminazioni ne abbiamo sentiti tanti; tuttavia, pubblicità, cataloghi, vetrine e giocattoli sembrano costituire una sfera a parte, troppo “giocosa” per essere investita da una causa così “seria”.

1Eppure, sotto i nostri occhi, soprattutto in questo periodo natalizio, i grandi magazzini c’invitano ad avvolgere in carta rosa trucchi, manicure, gioielli, vestiti da sposa e da principessa, scarpette di plastica con tacchi, passeggini e cucinine per le bambine.
Tutto rosa: per ben segnalare che questi giocattoli non sono destinati ai “maschietti”. Per loro, invece, ci sono armi e super-eroi che valorizzano forza e dominazione, lego e simili per costruire grandi ponti con arnesi raffinati – seppur in miniatura – e giochi scientifici che stimolano l’immaginazione e la creatività.
Una doppia domanda insospettisce : le pozioni non erano, tradizionalmente, “roba da maghe e streghe”? Quante donne ci sono sulla guida Michelin?

I giocattoli non sono semplicemente il riflesso delle inuguaglianze presenti nella società, ma riproducono dei1 clichés anteriori alle conquiste e alle evoluzioni dei ruoli socio-racialo-sessuali. Se è quasi banale pensare che i giocattoli abbiano una funzione ludica che comprende l’insegnamento… pare, però, che al mercato neoliberale l’educazione all’uguaglianza dei sessi importa poco; anzi, per aumentare la cifra d’affari, l’industria ha cominciato, dagli anni ’90, a produrre doppioni – rosa e azzurri – dei medesimi giocattoli, pure dei libri scolastici. Anche abbandonando subdoli calcoli femminili e/o maschili, dovrebbe essere evidente per tutti che le biciclette verdi e arancioni sono, oggi, quasi introvabili e che ci viene proposto un mondo dove le bambine indossano sotto l’albero coroncine, spinte ad impersonificarsi in candide e all’ultima moda – ma soprattutto incapaci nell’informatica (#feministhackerbarbie) – Barbie, mentre i ragazzini – nei giardini e nei boschi – lottano con pistole ogni anno più sofisticate.

1Possiamo opporci a questa segregazione in un modo più etico ed efficace della pubblicità della Barbie-Moschino, ormai spossessata dal podio dei regali per “femminucce” dalla “più normale, vera e reale” (quindi, chiaramente: più bassa, più formosa e segnata da cellulite e acne), ma sempre bella – perché ciò che conta è questo tipo di sguardo sul corpo della donna – Lammily statunitense?

Storicamente, in Francia, associazioni quali Mix-Cité, Mouvement mixte pour l’égalité de sexes (Movimento misto per l’uguaglianza dei sessi), Contre le Publisexisme (Contro il Publisessismo), Les Panthères Roses (Le Pantere Rosa), Les Alternatifs (Gli alternativi), Osez le féminisme (Osate il femminismo), Les Chiennes de garde (Le cagne da guardia), La Barbe (La Barba), Les Effrontées (Le Sfacciate),… si sono mobilizzate per dirci che la “discriminazione non è un gioco”; e che possiamo divertirci in modo fantasioso per sovvertire alcuni luoghi comuni.

12.

Delle “Fées ministres” (fate ministre) a Parigi.

3.L’associazione Mix-Cité, nel 2000, distribuì, all’uscita dei grandi magazzini, dei cataloghi alternativi non-sessisti di giocattoli accompagnandoli con slogan del tipo “Princesse un jour, boniche toujours” (Principessa un giorno, serva sempre).

Avete qui registrata un’azione contro i giocattoli sessisti di Les Effondrées e La Barbe : https://www.youtube.com/watch?v=Rm_UCXEFWDQ).

L’anno scorso, Chantal Jouanno, presidente della delegazione senatoriale dei diritti delle donne, e il senatore Roland Courteau, colpiti, nel 2012, dalla frontiera di sesso tracciata dal 76% nei cataloghi di giocattoli, con un rapporto del 14 dicembre 20141, proposero la creazione di un sito internet “Name and Shame” (nominare e far vergognare) per produrre una lista dei fabbricanti di giocattoli più sessisti, sullo stesso modello del sito Macholand.fr che mette in evidenza i messaggi sessisti veicolati dalle politiche, dalle pubblicità e altro. Inoltre, questo rapporto domandava la creazione di una carta dell’uguaglianza tra i sessi nei giocattoli che fabbricanti e distributori sarebbero invitati a firmare. L’effetto positivo di queste molteplici azioni si materializza oggi, principalmente, con la sensibilizzazione dei Magazzini U, che quest’anno hanno proposto un catalogo di giocattoli tout court2.

Riproposta anche quest’anno, la campagna “Oltre alle manifestazioni organizzate in questi giorni, Osez le féminisme wqha creato nuove rime per la bella e bianca – con occhioni giganteschi – Regina delle nevi della Disney, ormai, “liberata dai clichés”… anche se si può sempre permettere di vivere in un castello.
Canta: “Natale s’installa rapidamente nelle nostre vite. I giocattoli ci contornano. Cucinette e bambole rosa, la mia sorte è questa, per sempre. Marketing con dimensione di genere: sbarazziamocene. È troppo forte, è troppo malsano. […] Nessuna avventura, nessuna macchina, nessun potere. Liberata dai clichés, non mi tradirò mai più1.

Mi sembra allora l’occasione ideale per sensibilizzarsi alla causa. Per farlo, un libro molto interessante e ricco d’informazioni, dal titolo “Contro i giocattoli sessisti” (Éditions L’échappée, 2007) è stato scritto da due collettivi femministi. Io vi propongo la traduzione dal francese di una recensione ben strutturata scritta da Estelle Couture.

Estelle Couture | Nouvelles Questions Féministes | febbraio 2009 (vol. 28) pp. 119-122.

Contro i giocattoli sessisti

a.

Questo manuale è un approfondimento delle riflessioni e delle azioni sviluppate dalle militant* e simpatizzant* di due collettivi: l’Associazione Mix-Cité, movimento misto per l’uguaglianza dei sessi creata nel 1997, e il Collettivo contro il Publisessismo creato nel 2001 per lottare contro gli stereotipi sessisti veicolati dalla pubblicità. Questi due gruppi hanno collaborato per la redazione di quest’opera che s’iscrive in un movimento militante che lotta contro il sessismo, l’omofobia, il razzismo e la violenza nei giocattoli. I membri dei due gruppi organizzano delle azioni dirette (essenzialmente a Parigi) contro i giocattoli sessisti; agiscono nei supermercati, intercambiando i giocattoli detti “per bambine” con quelli “per bambini”, scandendo degli slogan del tipo “Supereroi un giorno, macho sempre”, ma anche isolando i giochi violenti come le armi sotto un’etichetta “giochi tossici”. Cercano quindi di attirare l’attenzione del pubblico sul fatto che, assegnando ai bambin* dei ruoli sociali in funzione del loro sesso (la dominazione per i bambini e la sottomissione per le bambine), i giocattoli riproducono le inuguaglianze tra bambini e bambine e, di conseguenza, quelle tra uomini e donne.

Il libro si sviluppa in due parti: una parte teorica, centrata sulla questione della costruzione della mascolinità e della femminilità e sulla norma eterosessuale, che comprende anche una breve storia del giocattolo; e una seconda parte centrata sulle pratiche di lotta contro il sessismo nei giocattoli. La prima parte tratta osservazioni in materia di uguaglianza dei sessi nel campo del lavoro salariale (a diploma uguale, il salario delle donne corrisponde al 75% di quello degli uomini; le donne hanno meno opportunità di occupare un posto di comando; sono molto spesso orientate verso dei lavori meno remuneratori; sono più toccate dal lavoro precario, il tempo parziale e la disoccupazione) o in quello del lavoro domestico (le donne si occupano ancora dei due terzi dei compiti casalinghi; hanno meno tempo libero degli uomini; subiscono più spesso le violenze coniugali).

Secondo il postulato centrale dei due collettivi, i mezzi d’oppressione delle donne hanno origine nell’educazione. Così, hanno scelto di centrare le loro azioni sui giocattoli, sempre sottolineando che il genere si elabora anche prima della nascita dei bambin*, con l’acquisto di corredini, di giocattoli o con la scelta del colore della camera dei bambin* attes*. Gli adulti cominciano quindi il processo di categorizzazione del genere. Da parte sua, il giocattolo riflette la configurazione della società nella quale è concepito e/o venduto. Gli autor* ritornano sulla storia del giocattolo, raccontando che è con l’apparizione dello statuto del bambino nel XIX secolo che dei luoghi e dei giocattoli cominciano ad essergli riservati, a dipendenza della classe sociale nella quale crescono (Philippe Ariès). L’industrializzazione e l’abbassamento dei prezzi hanno permesso un’ampia diffusione dei giocattoli, riducendo così alcune scissioni sociali, ma fomentando le rappresentazioni sessiste. Gli autor* affermano che quando l’adulto mette tra le mani di una neonata una bambola e in quelle di un neonato “Il mio primo garage” “offre loro una visione sessista del mondo, rinchiudendoli in stereotipi striminziti” (p.24). Il libro espone chiaramente questi fatti e propone di considerarli come moniti per genitori o educatori ed educatrici.

Il libro denuncia allora la costruzione della femminilità e della mascolinità, profilatasi attraverso l’assegnazione di giocattoli, divenuti dei prodotti di consumo. I bambin* diventano dei bersagli del marketing, perché sono generalmente loro a scegliere i giocattoli. Dirigendosi verso ciò che già conoscono, i bambin* imitano la vita quotidiana dei loro genitori, conformandosi alle usanze sessualizzate di ogni oggetto-giocattolo: un atelier di bricolage per fare come papà, per i ragazzini, e un fornelletto per fare come la mamma, per le ragazzine. Le confezioni e l’organizzazione degli scaffali hanno ugualmente una dimensione di genere facilmente reperibile: i colori pallidi, le forme arrotondate o a cuore per le bambine, i colori vivi e decisi, ovvero aggressivi, per i bambini. I giochi detti neutri, come per esempio le biciclette o i “giochi di ruolo” tipo Playmobil, sono spesso considerati come maschili. Da questi, si sviluppa allora una “versione bambina”, con colori che si accostano alla femminilità o evocatrice di temi suscettibili all’interessamento di queste; questa strategia ha lo scopo d’accrescere le vendite. I fabbricanti non si preoccupano della portata sessista di questa strategia che i due collettivi identificano come uno degli ingranaggi della macchina patriarcale. Nonostante l’appartenenza a una specifica classe sociale giochi un ruolo rilevante nel processo d’attribuzione dei giocattoli (per le posizioni più elevante nella scala sociale, la mixité dei giocattoli ha una risonanza più grande che in quelle più basse, dove i genitori tendono a mantenere in modo più rigido una certa conformità sessuale nell’attribuzione dei giocattoli (Sandrine Vincent, 2001, Le jouet et ses usages sociaux)), la pubblicità e i media orientano fortemente questo processo in modo che bambine e bambini riconoscano nei messaggi pubblicitari le qualità sociali rispettive che ci si attende da loro.

Il collettivo denuncia i media e la pubblicità per la continua mobilitazione di discorsi sessisti come argomenti di vendita. Questi messaggi riproducono e rinforzano gli stereotipi di sesso che provocano una distinzione tra un universo di bambini e uno di bambine, attribuendo a ciascuno dei ruoli calcati sul modello dominante e sessista, attualmente esistente. I giocattoli attribuiti ai bambini dei due sessi riflettono così quello che quest* dovrebbero realizzare a casa: bricolage e meccanica per i bambini; maternità e faccende di casa per le bambine. Se da una parte la moltitudine di giochi destinati alle bambine si riferisce a dei mestieri fortemente femminizzati, come l’infermiera e la commessa, quelli destinati ai bambini rinviano a dei mestieri che veicolano i valori maschili, come il cow-boy o il poliziotto. Così, la divisione sessuale dei giocattoli si traspone tanto sul piano dei ruoli domestici, che su quello dei ruoli professionali. Gli autor* distinguono allora quattro categorie di giocattoli femminili che corrispondo ai ruoli che ci si attende dalle bambine una volta adulte: la madre, la donna delle pulizie, la donna seducente e innamorata/amorevole. Al contrario, i giochi proposti ai bambini istaurano “territori di socializzazione maschile” (Serge Chaumier, La production du petit homme), del bambino e dell’adulto che diverrà, circa la logica di dominazione che si esercita con la conquista, la tecnica, la potenza e la guerra.

Nella seconda parte, il libro presenta le possibili lotte contro il sessismo dei giocattoli. Il collettivo privilegia così la scelta di giocattoli sufficientemente neutri e ricchi che permettono ai bambin* d’inventarsi le regole di gioco, non essendo ricalcati sulla norma esistente dei ruoli sessuati; e mette in guardia gli adulti dai richiami all’ordine del discorso normativo, sessista ed eteronormale. I collettivi fanno poggiare le proprie rivendicazioni sulle testimonianze di professor* di scuola e d’educatrici ed educatori, secondo i/le quali s’incoraggia raramente i bambin* a sovvertire il loro genere, anche se la bambina sembra più libera d’essere un “maschietto mancato” che il bambino d’essere una “femminuccia mancata”, essendo l’espressione [in francese], tra l’altro, inesistente. La bambina può scegliere di comportarsi come un bambino durante la sua infanzia, senza che questo tradisca o sminuisca in valore il suo genere. Al contrario, i bambini che adottano comportamenti considerati femminili destabilizzano e inquietano genitori e coetanei. La paura dell’omosessualità maschile è chiaramente presente in questa preoccupazione. Dunque, la mascolinità è definita da una catena d’interdizioni per non essere marcata da attributi detti femminili (per esempio: i bambini non devono piangere), mentre la femminilità è definita da obbligazioni (per esempio: una bambina deve essere dolce). Il collettivo mostra così che il giocattolo e, in misura più generale, il gioco riproducono il modello della famiglia tradizionale, dove la coppia eterosessuale è sempre il solo modello proposto e valorizzato, sia nelle pubblicità di giocattoli che sulle confezioni, nei cartoni animati o ancora nei libri per bambin*.

Gli scenari che i bambini si creano intorno al giocattolo sono dunque fortemente influenzati dalla norma eterosessuale che funziona come un richiamo all’ordine per quanto riguarda le attitudini e i comportamenti ritenuti adatti al proprio sesso per i maschi, mentre con le ragazzine, la norma insiste per l’integrazione di un modello unico e obbligatorio di coppia e di famiglia. La norma eterosessuale rinforza e completa così le norme della mascolinità e della femminilità.

Il libro propone anche una bibliografia non sessista destinata ai genitori e agli educatori ed educatrici, con delle letture neutre per i bambin*, ma anche dei giochi che difendono la stessa causa. Bisogna infine sottolineare l’utilità di questo manuale, che è il primo del suo genere: utensile perfetto per lottare contro il sessismo nell’ambito dei giocattoli, offre moltissime piste di riflessione sul piano teorico, pratico e militante, perché i due collettivi in questione stanno portando avanti una lotta accessibile e primordiale contro il sessismo, divenuto ordinario.

1 http://www.senat.fr/rap/r14-183/r14-1831.pdf.

2 Risposte a “Natale 2015: Contro il sessismo regalato e contro i regali per il sessismo”

  1. non è un dramma se una bambina gioca con la Barbie e un bambino gioca con le costruzioni, se vogliono questa, ma se il bambino vuole giocare con la barbie deve poterci giocare e se la bambina vuole le costruzioni deve averle
    Non si può ridurre mascolinità e femminilità a costruzioni imposte, ma fanno parte della nostra identità: io non sono u uomo perchè me lo hanno imposto lo sarei stato anche se da piccolo avessi giocato con la Barbie e non con le macchinine. Ci sono infinti modi di essere mascolini e femminili tanti quanti sono gli uomini e le donne nel mondo, modi più frequenti e meno frequenti statisticamente ma legittimi.
    l’eterosessualità non è norma, è un orientamento sessuale numericamente maggioritario, è l’omofobia la norma da abbattere è l’omofobia ce toglie diritti alle persone lgbt

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