Vittimizzazione secondaria

Negli ultimi tempi, in questo blog, abbiamo parlato spessissimo di “vittimizzazione secondaria”, una delle forme di violenza contro le donne prevista anche dalla Convenzione di Istanbul.

È una forma di violenza complessa, sfaccettata, e comprende le prassi denigratorie e colpevolizzanti per le donne, che si riscontrano nelle aule di tribunale e che non solo vanificano le conquiste raggiunte sul piano normativo, ma alimentano anche la diffidenza delle vittime nei confronti del sistema di giustizia penale, trattenendole dal denunciare la violenza subita.

I primi esempi che ci vengono in mente sono relativi sia alla “colpevolizzazione” di cui sono vittime quasi sempre le donne quando denunciano aggressioni sessuali, sia a quella abominevole prassi dei tribunali civili di ridurre la violenza a conflitto, finendo con aberranti risultati come quelli che tante volte abbiamo raccontato qui, con l’hashtag  #giustiziaingiusta.

In questo nostro post, la situazione è descritta piuttosto bene: una realtà agghiacciante.

Cito:

Sono moltissimi anni che in Italia, la legge 54/06 ha istituito il cd diritto alla bigenitorialità di un bambino, in nome del quale, di fatto, ogni volta che una madre cerca di evitare che il proprio figlio frequenti il padre, per proteggere il bambino e anche se stessa, mette in moto un vero e proprio sistema collaudato e vessatorio: in nome del padre, si nominano periti, servizi, mediatori, coordinatori…. anni e anni di massacro anche economico che non aiuta, non portegge, e spessissimo finisce con l’affidamento del minore all’Ente, o il suo trasferimento in una casa famiglia (dove viene obbligato, in una sorta di TSO, ad amare chi non ama) quando non direttamente al padre che il minore rifiuta. E alla madre viene impedito il contatto con il figlio. La bigenitorialità usata per cancellare la madre, le violenze subite.

Questa è la forma MASSIMA di vittimizzazione secondaria. La chiameremmo – meglio – “violenza istituzionale”.

Per il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, vogliamo segnalare, con speranza, un evento formativo che si svolgerà,  a Brescia, il 12/12/22, nel cuore del Palazzo di Giustizia. Potremmo dire, nella tana del leone.

Certamente vigileremo.

Sappiamo che il linguaggio forma, performa e crea.

Questo è un tema ancora “nuovo”, “di nicchia”. Fondamentali saranno le “pennellate” che ne creeranno, nel cuore delle Istituzioni, i contorni e le forme.

Importante sarà che la “violenza istituzionale” venga descritta da chi non ha interessi personali, economici e di carriera nei percorsi da tritacarne che abbiamo tante volte descritti con le storie di #giustiziaingiusta.

Spes, ultima Dea.

Riportiamo, ringraziandola davvero di cuore, le parole dell’ideatrice e moderatrice del convegno formativo, l’avvocata Beatrice Ferrari, che così ci descrive l’evento:

La problematica della vittimizzazione secondaria è tornata alla ribalta all’indomani della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo J.L. c. Italia del 2021 che ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 8 CEDU, non avendo tutelato la privacy e la dignità di una giovane donna che aveva denunciato di aver subito una violenza sessuale di gruppo.

A parere dei Giudici della Corte Edu nella sentenza italiana è stato utilizzato un “linguaggio colpevolizzante e moraleggiante che scoraggia la fiducia delle vittime nel sistema giudiziario”, per la “vittimizzazione secondaria cui le espone”.

La Rete Inter Istituzionale Territoriale Antiviolenza di Brescia, in collaborazione con i Centri Antiviolenza Casa delle Donne e Butterfly nonchè con la struttura territoriale di formazione della Scuola Superiore della magistratura, nell’ambito delle sue attività di sensibilizzazione per la giornata mondiale contro la violenza sulle donne (25 novembre), ha organizzato un evento formativo con performance teatrale, che vede come destinatari tutti i soggetti della Rete Antiviolenza di Brescia il 12.12.2022 dalle ore 15 alle ore 18 presso il Palazzo di Giustizia di Brescia.

La performance teatrale Secondo Atto, emotivamente molto coinvolgente, è stata ideata e realizzata dall’associazione M.A.S.C. – Movimento Artistico Socio Culturale APS, nell’ambito del progetto europeo Never Again, coordinato dall’Università della Campania Luigi Vanvitelli e realizzato in partnership con D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, il Sole 24 ore – Alley Oop, Maschile Plurale e Prodos Consulting.

Il progetto Never Again – lanciato il 25 novembre 2020 e co-finanziato dal programma Diritti, Uguaglianza e Cittadinanza dell’Unione Europea – si pone come mission quella di potenziare la risposta al fenomeno della vittimizzazione secondaria nei casi di violenza di genere, attraverso una campagna di sensibilizzazione nazionale e un modello di formazione rivolto a magistrati/e, avvocati/e, forze dell’ordine e giornalisti/e su tutto il territorio nazionale.

La pièce teatrale mette in scena un viaggio nel vissuto di tre donne, Viola Ferranti, Patrizia Testa e Samira Carraro, in primo luogo vittime di violenza da parte di uomini, ed in secondo luogo vittime di violenza secondaria da parte delle istituzioni e dell’opinione collettiva. Conosciamo Viola mentre si sta recando in caserma a denunciare una violenza sessuale, Patrizia sta accompagnando la figlia a un incontro protetto con il padre violento, Samira non la si sente parlare, perché non c’è più. Il coro unisce le tre storie, entra ed esce dai panni dei personaggi e provocatoriamente accusa i/le presenti, la società, per quel pensiero all’apparenza innocuo che continua a produrre vittime anche quando lo sono già, scaricando su di loro la responsabilità e la colpa di ciò che non avevano scelto ma solo subìto.

L’idea di realizzarlo in Tribunale è proprio legata alla simbologia del luogo come luogo deputato alla tutela dei diritti delle vittime e di chi non ha più voce.

L’augurio è sempre lo stesso: un cambiamento.

Le donne devono denunciare?

E lo Stato come le protegge?