Proteggere le donne e i bambini in Italia è impossibile

E’ di questi giorni la terribile notizia di un omicidio efferato avvenuto nel Varesotto, di cui non diamo dettagli macabri anche perché tanto se ne è parlato che sottolineare ancora una volta i fatti ci appare quasi morboso.

Potete trovare tantissimi articoli e post in rete: ad esempio QUI

Da questo articolo riportiamo:

Mi hai rovinato la vita, il bambino è al sicuro, ti ho aggredita per punirti

Queste sarebbero le parole che l’assassino ha inviato in un vocale alla ex moglie.

Le abbiamo riportate solo per sottolineare quello che a chi si occupa di violenza maschile contro le donne appare chiaro da sempre e così anche a molte altre persone, purtroppo, come vedremo, e paradossalmente, assai meno a chi dovrebbe garantire protezione e giustizia alle donne che denunciano e ai loro figli: questi delitti sono espressione di vendetta patriarcale, di dominio e di possesso. Non solo le violenze verso la partner o ex partner ma anche quelle indirizzate ai figli delle stessa. Uccisi barbaramente per colpire la donna che ha osato autodeterminarsi andandosene, interrompendo la relazione.

Si è scritto moltissimo su questo caso perché in molti, giustamente, si sono chiesti, come fosse possibile che un uomo che era agli arresti domiciliari per tentato omicidio, potesse frequentare il figlio di sette anni, anche senza supervisione, trattenerlo addirittura presso di sé di notte.

Stando alle prima dichiarazioni di Procura e Tribunale, sembrerebbe trattarsi di una penosa, imperdonabile mancanza di informazioni riguardanti il passato e il rapporto tra l’assassino e la compagna.

Ad autorizzare le visite al padre da parte del figlio è stato il Gip del Tribunale di Varese, a cui è arrivata la richiesta dei difensori del 40enne. Paitoni, su richiesta dei legali, poteva vedere moglie e figlio, che vivevano in un’altra casa. Il 6 dicembre era arrivato l’ok del giudice del Tribunale, senza particolari prescrizioni, malgrado le denunce a carico dell’uomo e il “codice rosso” pendente. Resta dunque da capire se le denunce siano rimaste bloccate in Procura a Varese. Intanto, Cesare Tacconi, presidente del Tribunale di Varese ha spiegato che «in Tribunale non risulta alcuna pendenza a carico dell’uomo, quindi se le denunce ci sono, sono ancora in Procura: ho svolto tutti gli accertamenti del caso, tra i due non vi era alcuna separazione formale in corso, se mi sarà richiesto formalmente presenterò una relazione».

Colpisce non solamente l’intoppo (o l’errore) di comunicazione, ma anche l’atteggiamento che ci verrebbe da definire “da sciacallo” dei legali dell’imputato che, senza curarsi delle denunce e del tentato omicidio del 26/11 per i quali l’uomo era ai domiciliari, chiedono, come fosse una cosa normalissima e tranquillissima che il loro cliente possa incontrare quelle che poi sarebbero diventate le sue vittime.

Il Giudice Roia, da Repubblica, invita i colleghi ad applicare la legge, ovvero a non concedere l’affido dei minori a chi si macchia di reati di maltrattamenti e lesioni in famiglia.

“Ai colleghi lo dico con chiarezza, non affidate mai più i figli ai padri violenti….”. E ancora: “Per farlo serve una norma che, in questi casi, sospenda la potestà genitoriale”. È netto l’invito di Fabio Roia, presidente vicario del tribunale di Milano e consulente della commissione parlamentare sui femminicidi, che con Repubblica affronta l’incredibile destino di Daniele.

Il Giudice continua, riguardo la mancata comunicazione tra uffici ed organi e la posizione dei legali:

“Il giudice invece dev’essere messo sempre nella condizione di sapere. Mi chiedo, a questo punto, se anche gli avvocati debbano superare l’interesse del proprio assistito e ragionare in una prospettiva… diciamo pubblicistica, nell’interesse anche dei terzi…”.

“Probabilmente tutti hanno sottovalutato il rischio di una possibile progressione violenta dell’uomo. L’esperienza ci dice che molte volte gli uomini violenti vogliono vedere i figli per controllare la madre o, come in questa vicenda, per punirla”

“Bisogna ragionare ex ante, e non ex post. Occorre creare nel circuito giudiziario una capacità di leggere sempre e meglio le situazioni di violenza domestica. Cosa non semplice. La magistratura ci sta provocando a tutti i livelli. Il Csm, voglio dirlo, ormai dal 2006 ha prodotto molte circolari per formare e organizzare i magistrati sul tema della violenza contro le donne”.

Tutto giusto, tutto corretto. Le leggi ci sono, i giudici devono applicarle, la violenza va considerata e bla bla bla, ma… abbiamo un enorme problema con la violenza domestica, in Italia: non viene riconosciuta. Non è che non venga valutata quando si decide di affidare un minore anche al padre violento: semplicemente la violenza viene ridotta a conflitto. In una coppia che si separa, se la donna porta e racconta vissuti di maltrattamento, questi stessi non vengono riconosciuti, Spesso non si indagano neppure: “La coppia è conflittuale”, si dice.

Lo abbiamo ampiamente documentato nelle nostre storie di #giustiziaingiusta.

E lo abbiamo anche raccontato nel nostro ultimo post con l’intervista a Patrizia Cadau.

Se un bambino manifesta paura, timori, se assume comportamenti “disturbati”, o recanti disagio, se afferma anche con chiarezza che non vuole frequentare il padre, quella che viene punita è ancora una volta la madre che non aiuta e non facilita la relazione del figlio col padre, come se questa relazione fosse sempre e comunque il bene del bambino, nonostante tutto, nonostante botte, ingiurie, minacce, nonostante il padre abbia accoltellato un uomo, nonostante il padre faccia uso di sostanze, nonostante, nonostante, nonostante….

E il piccolo Daniele aveva paura del padre?

Parrebbe di sì, almeno così dice il nonno

Che il piccolo non volesse andare a casa del padre lo ha raccontato a Il Corriere della Sera Milano il nonno del bambino. “Il bambino non voleva andare. Noi abbiamo sbagliato a portarlo dal papà. Ma lui aveva il permesso del giudice …”

Ecco che dunque torniamo al Giudice.

Com’è possibile che i Giudice abbia autorizzato il padre a trattenere il bambino presso di sé la notte di Capodanno?

Sicuramente c’è stato un errore di comunicazione, o meglio, una mancanza di comunicazione.

Sicuramente c’è stata la negazione della violenza tra le mura di casa: una separazione conflittuale e difficile, nella testa di Giudici, avvocati, esperti di vario genere.

Ma c’è di più, purtroppo, come se non fosse già abbastanza grave così:

Il gesto di Paitoni non era prevedibile e questo lo si desume dal fatto che la mamma portava tranquillamente il bambino dal padre e quindi… voilà!

Abbiamo un capolavoro di giustificazionismo, di giramento di frittate, di capovolgimento dei ruoli, di vittimizzazione secondaria e di grande, enorme, violenza istituzionale.

Il Giudice non ha colpa alcuna. E nemmeno Paitoni, poverino. Non era prevedibile che ammazzasse il figlio e accoltellasse la moglie: dopotutto aveva tentato solo di ammazzare un collega e c’erano state alcune segnalazioni/denunce di violenza in famiglia. La colpa è delle mamma che portava il bambino.

Ma, come abbiamo raccontato, come ormai si inizia a conoscere se, quando le madri non vogliono portare i figli dai padri, le stesse subiscono lo strappo del figlio, la perdita della responsabilità genitoriale, se i figli finiscono in case famiglia, se le donne vengono giudicate malevole, ostative, alienanti, se esse vivono circondate da periti, giudici, servizi sociali proni alla “santissima e intoccabile” bigenitorialità. come è possibile per una madre riuscire ad essere protetta?

Se porti il figlio dal padre e ne favorisci il rapporto, quello te lo ammazza ed è colpa tua.

Se non glielo porti perché sai bene di cosa è capace, perché sai che lui usa il figlio per continuare a tenerti sotto controllo e ricatto, il bambino lo perdi comunque: in casa famiglia o affidato al padre perché tu, madre ostativa, hai alienato il bambino al padre.

Che via di uscita abbiamo? Quali misure? Servono nuove norme? Serve maggior formazione? Cosa?

Se i corsi di formazione per gli operatori del diritto vengono tenuti dai Maestri dell’alienazione genitoriale, coloro che sostengono che un bambino possa e debba legittimamente essere strappato anche con la forza dalla mamma amata e protettiva perché non si tratta poi di un trauma così grande, stiamo fresche.

E costoro, i Maestri della PAS (o di teorie simili) sono ovunque. Sono potenti. Sono ricchi, influenti. I loro nomi sono in tutti i convegni sulla famiglia, in tutti i corsi di formazione, in tutti i master, in tutti i testi.

Sono moltissimi anni che in Italia, la legge 54/06 ha istituito il cd diritto alla bigenitorialità di un bambino, in nome del quale, di fatto, ogni volta che una madre cerca di evitare che il proprio figlio frequenti il padre, per proteggere il bambino e anche se stessa, mette in moto un vero e proprio sistema collaudato e vessatorio: in nome del padre, si nominano periti, servizi, mediatori, coordinatori…. anni e anni di massacro anche economico che non aiuta, non portegge, e spessissimo finisce con l’affidamento del minore all’Ente, o il suo trasferimento in una casa famiglia (dove viene obbligato, in una sorta di TSO, ad amare chi non ama) quando non direttamente al padre che il minore rifiuta. E alla madre viene impedito il contatto con il figlio. La bigenitorialità usata per cancellare la madre, le violenze subite.

Concludiamo con un video di queste estate, di Luisa Betti, una giornalista da sempre impegnata sul tema e che ha appena vinto il Premio Internazionale Semplicemente Donna ricevuto per la categoria “Donna e informazione”

Guardatelo e seguitelo: dietro alla negazione della violenza maschile contro le donne, dietro la legge 54/06 c’è un disegno europeo di sottomissione delle donne.

ECCO IL VIDEO

Come uscirne?

Con coraggio: la Ministra Cartabia ha chiesto ispezioni al Tribunale di Varese. La Commissione femminicidio ha vagliato centinaia di fascicoli in tema. Si ammetta che c’è un grosso problema e si ponga mano alla materia degli affidamenti di minori e della tutela delle donne, alla gestione nei tribunali e nelle procure delle segnalazioni e delle denunce. Si rifiutino i pregiudizi contro le donne, si dia ascolto alla paura dei bambini.