E se i bambini vogliono essere principesse?

magenta                                                                                            Una traduzione di Magenta: artista, crede che il femminismo sia  necessario per tutt* e che il personale sia, ancora e ancora, politico.

 

 

 

L’articolo di seguito descrive la situazione spagnola, che però non differisce da quella del nostro paese, dove i giocattoli spesso spingono ad una netta distinzione dei ruoli di genere, con la relativa carica di stereotipi che la classificazione porta con sé. NarrAzioni Differenti promuove la campagna “La discriminazione non è un gioco“, lanciata per la prima volta nel 2012 dal Medusa Colectivo, in Cile e poi riproposta nel 2013 dalla ex redazione sul blog Un Altro Genere di Comunicazione.

Quando tentiamo di decostruire e abbattere gli stereotipi di genere, lo facciamo perché siamo convinte che siano contemporaneamente specchio delle discriminazioni reali e causa del consolidamento della cultura patriarcale nella sua forma più esteriore.

Uno degli ambiti più significativi è proprio quello dei giocattoli, dove più e meglio proliferano stereotipi di genere che, ben radicati nell’uso e nella “tradizione”, aiutano la cultura patriarcale ad affondare le proprie radici nel divertimento dei più piccoli, delle più piccole, che un giorno diventeranno donne e uomini ben addestrati.

“La discriminazione non è un gioco” è una campagna in cui si sanzionano e si segnalano

1. i giocattoli che propongono una netta distinzione degli articoli “da femmina” dal resto del mondo maschile o “neutro”.

2. i giocattoli che spingono a una severa distinzione dei ruoli di genere

3. i giocattoli “neutri”, di tipo scientifico tecnologico, però caratterizzati dalle foto di soli maschi o con una versione femminile, diversa, rosa, spesso anche meno difficile

4. i giochi che veicolano un modello estetico imperante, fatto di make up anche per piccolissime e di canoni estetici fuorvianti e innaturali.

La campagna consiste nell’attaccare degli adesivi sui giocattoli che rispecchino una delle quattro caratteristiche elencate sopra, per aiutare chi compra a capire bene cosa sta acquistando, cioè sessismo, discriminazione, stereotipi.

Chi ha partecipato, ha scelto di attaccare gli adesivi e poi inviarci le foto dei giochi discriminatori. Qui il post sulla campagna “La discriminazione non è un gioco” e la gallery delle foto Sulla nostra pagina fb, ancora disponibili gli adesivi da stampare e attaccare

Alla luce di un Natale incombente scegliamo di non ridurre a cliché gli interessi e le capacità di bambine e bambini.

 

La pubblicità dei giocattoli perpetua ancora ruoli di genere tradizionali nell’interesse del profitto.

Due bambini giocano a calcetto e una bambina li guarda. Un ragazzino pilota una moto e la bambina è la passeggera. Il travestimento è da “dottore”, e lo porta un bimbo, la bimba è vestita da “infermiera”. In pieno 2014, queste immagini popolano ancora i cataloghi di giocattoli distribuiti da grandi catene come El Corte Inglés, Carrefour o Toys “R” Us. Il clamore mediatico provocato dal catalogo delle giocherie Toy Planet, che mostra bambini giocare con le case delle bambole e bambine con gru da costruzione, dà un’idea di quanto siano ancora interiorizzati i clichés sessisti.

Nel 2013 il settore dei giocattoli in Spagna ha fatturato più di 1.300 milioni di euro. Secondo i dati dei fabbricanti, circa 5.000 posti di lavoro diretti e 20.000 indiretti dipendono da un’industria che si gioca tutto durante il periodo natalizio (il 70% delle vendite). Un anno dopo, molti dei giochi che verranno venduti durante queste feste saranno stati pubblicizzati mediante campagne sessiste, secondo uno studio dell’Istituto Basco della Donna (Emakunde). Dopo aver analizzato per 45 giorni dieci canali televisivi, dieci quotidiani, cinque emittenti radiofoniche e vari cataloghi, la conclusione dell’indagine è impietosa: “La pubblicità di giocattoli continua a perpetuare i modelli tradizionali di femminilità e mascolinità, insegnando alle bambine ad essere Barbies o principesse e ai bambini ad essere campioni.

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Al fine di garantire una pubblicità di giocattoli libera dal sessismo, il primo passo è riconoscere che tanto i giochi e i giocattoli quanto le pubblicità giocano un importante ruolo a livello di socializzazione durante l’infanzia, vale a dire, che insegnano a bambini e bambine come comportarsi, a cosa dedicarsi e cosa desiderare”.

L’Associazione Spagnola di Fabbricanti di Giocattoli (AEFJ – Asociación Española de Fabricantes de Juguetes) vede la situazione in maniera diversa: “Noi tutti gli anni incarichiamo uno studio indipendente che valuti la salute della pubblicità. Tutto sommato quello che vogliono Emakunde o l’Istituto Andaluso della Donna è un titolo che generi scandalo.

La pubblicità non deve indurre al cambio sociale, ma riflettere la società così com’è”, dichiara a La Marea una portavoce delle aziende di giocattoli. Chi fabbrica i giochi non crede che nella pubblicità ci sia del sessismo: “Il fatto che appaia una bambina in cucina non è discriminatorio, che appaia una bambina in cucina con un bambino sullo sfondo in atteggiamento rilassato, leggendo il giornale, che è ciò che si faceva prima, questo sì che è discriminatorio”. Rispetto alle foto dei cataloghi che continuano a riprodurre scene sessite, la risposta dei fabbricanti è questa: “Ci sono annunci pubblicitari che vengono riciclati anno dopo anno. Nelle nuove pubblicità si evita la discriminazione. Si tratta di un cambiamento lento.”

Nella sua opera Homo ludens (1938) l’antropologo Johan Huizinga ricordava: “Il gioco crea un ordine, è ordine”. Non sembra che ci sarà un grosso cambiamento, né rapido né lento, all’interno dell’ordine stabilito, attenendosi con precisione allo studio elaborato da Emakunde. Queste sonoalcune delle caratteristiche discriminatorie identificate nella pubblicità del periodo 2013-2014: “La maggior parte degli annunci pubblicitari che vedono protagoniste le bambine vengono presentati in ambienti interni e della casa (70%), mentre, nel caso dei bambini, costituiscono appena il 55%. Si individua che un 23% dei nomi dei prodotti delle pubblicità che vedono protagonisti i bambini presentano una relazione con gli archetipi (avventuroso, lottatore, scientifico-creatore..) o le professioni (poliziotto, pilota) tradizionalmente vincolati al sesso maschile.

Il controllo, la dominazione e lo spirito competitivo sono alcuni dei valori più presenti.

Per quanto riguarda le bambine, si osserva che il 45% dei nomi dei prodotti diretti al sesso femminile presenta vincoli con il mondo della bellezza, della magia, della fantasia, della casa e della sua cura. A proposito degli slogan negli annunci pubblicitari diretti alle bambine, nel 46% dei casi si segnala la presenza della trasmissione di stereotipi. Tra i più presenti spiccano quelli relativi al fashion (29%), all’essere civettuola (22%), principessina (22%) e crocerossina (13%). L’argomentazione principale dei produttori di giocattoli ha una base scientista: “Ci sono studi psicologici, antropologici e sociologici che mostrano come bambini e bambine giochino in maniera differente. Ai bambini piacciono alcune cose e alle bambine altre. Questa realtà si riflette nella pubblicità. Il bambino ha un modo di giocare molto più attivo rispetto a quello della bambina.” Esther Martínez Pastor, ricercatrice dell’Università Rey Juan Carlos, ha elaborato negli anni relazioni a proposito di pubblicità e giocattoli e considera che tanto la genetica quanto la società giochino un ruolo: “È una commistione di entrambe. Queste differenze non vengono rappresentate soltanto nella pubblicità ma anche nel cortile della scuola o in un parco, dove si nota che la forma di interazione è differente”.

L’alternativa dell’industria

Tuttavia, esistono studi psicologici che rifiutano il determinismo biologico. La psicopedagoga Emma Lobato Gómez, nella sua ricerca Gioco sociodrammatico e differenze di genere (Juego sociodramático y diferencias de género) segnala: “Quando un bambino si mette il rossetto o gioca con un passeggino, un gesto di disapprovazione può essere determinante per fargli capire che il suo comportamento non è quello adeguato. Man mano che questo atteggiamento viene adottato da parte della figura dell’educatore/dell’educatrice, bambini e bambine sviluppano le proprie costruzioni mentali a proposito di quello che deve essere o fare un maschio o una femmina (…) Le differenze di genere, che molti dei professori e professoresse attribuiscono a fattori genetici, o a quello che in forma tanto astratta chiamiamo società, si manifestano già nei primi periodi della crescita”. Genetica e società, società e genetica. Samuel Butler, romanziere inglese del XIX secolo, sostenitore di Darwin, assicurava che il progresso consiste nella lotta contro il determinismo biologico. L’industria dei giocattoli si divide tra l’alternativa di condurre il cambio verso una società egualitaria (una decisione poco redditizia a livello economico) o semplicemente perpetuare i ruoli di genere tradizionali..e continuare a fatturare milioni di euro.

 

Traduzione dell’articolo ¿Y si los niños quieren ser princesas? su lamarea.com