La costruzione del “corpo gay” tra stereotipi e normalizzazione

È bello, giovane, unto e palestrato. È il corpo dell’uomo omosessuale.

Puoi vederlo sfilare sulle passerelle di Mister Gay o ammirarlo su blog e riviste.

L’ideale di bellezza virile dell’uomo bianco eterosessuale che non deve chiedere mai si unisce all’oggettivizzazione del corpo femminile ipersessualizzato e strumentalizzato dal mercato dei consumi ed ecco venirne fuori la norma di rappresentazione del “corpo gay”.

Giovane, atletico e prestante, spesso impegnato in improbabili pose da calendario.

Un’estetica non fedele alla pluralità di corpi e modelli, una rappresentazione molto simile a quella destinata alle donne nei media, dove il corpo femminile, nella sua reiterazione frammentata di gambe, labbra, seni, diventa prodotto.

Rischia di diventare prodotto anche quel corpo lucido con pettorali scolpiti e pacco in primo piano, rischiano di diventare prodotto anche le rivendicazioni per i diritti e la liberazione omosessuale.

I gaypride sono sempre meno “riot” le aziende si muniscono di una utile facciata gay-friendly, i linguaggi sono spesso familistici e reazionari, l’occidente dei diritti contro “gli altri” incivili e barbari.

E nel frattempo, in nome di una falsa inclusione, perché i diritti continuano a non esserci e le discriminazioni invece sì, i corpi subiscono un processo di normalizzazione che permette loro l’ingresso nel grande tritacarne del mercato dei consumi.

Come si concilia questa estetica imposta all’inclusione?
Che fine fanno i corpi che non rientrano in questi canoni estetici?

Mr Gay World

Subiscono l’invisibilizzazione, mancano di rappresentazioni, o al massimo entrano in gruppi ghettizzanti che includono/escludono sempre in base alle caratteristiche estetiche, un esempio è quello dei “Bears”, gli “orsi”, una “categoria gay” che include uomini con la pancia, pelosi, barbuti e non necessariamente giovanissimi.

Corpi catalogati come prodotti, sono le caratteristiche fisiche a determinare lo scaffale di destinazione.

Potremmo chiederci che senso hanno i vari mister gay e miss lesbica, sottolineando che questi secondi hanno spesso un carattere goliardico e quasi parodistico nei confronti dei classici concorsi di bellezza destinati alle donne, mentre i concorsi che incoronano uomini sembrano essere più rigidi nei criteri di selezione.

Quando Nicola La Triglia, giovane messinese, a quanto pare non perfettamente rispondente ai canoni estetici dominanti, decide di candidarsi al concorso di Mister Gay World, c’è chi applaude la sua scelta, la maggioranza, ma anche chi storce il naso.

Nicola La Triglia

“Bellezza è autenticità” questo lo slogan scelto, il messaggio è quello di andare oltre le discriminazioni, anche estetiche, se si vuole intraprendere un percorso di liberazione reale e totale, prevedendo anche il superamento dello stereotipo del corpo iperfunzionale, atletico, forte e prestante che necessariamente invisibilizza chi non corrisponde a questi criteri, produce una norma escludente e, nel caso di persone omosessuali spesso introduce una duplice discriminazione.

L’immaginario LGBT mainstream è messo in discussione all’interno dell’attivismo omosessuale, ma soprattutto queer, attraverso l’acquisizione di una dimensione intersezionale, unendo nelle rivendicazioni e negli obiettivi persone che sono escluse dalle pubbliche rappresentazioni, dai diritti o che subiscono un processo di normalizzazione per l’accettazione sociale.

Ad esempio un corpo con disabilità è invisibilizzato e patologizzato in quanto non corrispondente al principio di performance, un destino che lo accomuna al corpo intersex, anch’esso considerato difettoso, da correggere, o a quello transessuale, spesso inserito in una dimensione medicalizzata.

Partire dal corpo e trovare in questo un comune “campo di battaglia”, spogliandolo da etichette, norme, modelli, “dover essere”.

Uscire fuori dal modello del corpo iperfunzionale, che trova ampia diffusione negli ambienti omosessuali mainstream, significherebbe dare visibilità anche a corpi non normati, che siano questi “grassi”, non più giovani, con disabilità ecc.. per guadagnare insieme la piena cittadinanza e il riconoscimento al diritto di esistere e mostrarsi così come si è.