Un bel tacer non fu mai scritto

Stamattina sono casualmente venuta a conoscenza di un’idea di una Senatrice dei 5 Stelle, che non ho ben capito se sia già una proposta di legge o se sia solamente una trovata di questa Onorevole, ma che ho trovato deprecabile per tantissimi motivi.

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Andiamo con ordine: lei, la Senatrice, è la portavoce del Movimento 5 Stelle al Senato, Elvira Lucia Evangelista, a questo link trovate un suo video in cui spiega la sua idea, la quale ha basi di partenza vere: la Senatrice spiega che il sommerso dei casi di violenza sessuale e stalking, soprattutto quando questi reati sono commessi da un partner o ex partner, ha dimensioni considerevoli.

E quindi, Evangelista propone un’idea per far fronte a questo problema: rendere stalking e violenza sessuale perseguibili d’ufficio, almeno nei casi in cui avvengano “in famiglia”.

Conosco il tema assai meglio della Senatrice, ho conosciuto, parlato e incontrato decine e decine di donne vittime di violenza, perché sono dieci anni che faccio attivismo in un Centro Antiviolenza e posso assicurare che la stragrandissima maggioranza delle donne che parlano con me o con le altre operatrici, come prima cosa vuole essere rassicurata del fatto che quanto sta per raccontare o ha raccontato non vada direttamente a finire sui tavoli della Polizia o di un Giudice.

Quindi mi sento di dire alla Senatrice che, no, la procedibilità di ufficio dei reati in parola, non è un modo per risolvere il problema delle forme di violenza non denunciate.

Perché no?

Prima di tutto, e senza andare a scomodare i principi fondamentali del diritto o della Costituzione, perché sarebbe un modo di scavalcare la donna e la sua volontà che potrebbe assumere i contorni della vittimizzazione istituzionale. Non si può dire di essere contro la violenza maschile sulle donne, violenza che consiste in una negazione della soggettività della donna in quanto donna, e poi scavalcarne la volontà per legge.

E’ pur vero che esistono reati la cui procedibilità è d’ufficio ed è giusto perché si tratta di reati particolarmente gravi. Ed è sempre vero che lo stupro è un reato gravissimo, ma i motivi per i quali il legislatore (salvo in alcuni casi aggravati) ha previsto che venga perseguito a querela di parte, è proprio perché – giustamente – riconosce che l’intimità della vittima è già stata saccheggiata abbastanza e lascia a lei la scelta (sempre pesantissima) se farla scandagliare da giudici, avvocati, Forze dell’Ordine, opinione pubblica o no.

I motivi per i quali la vittima non denuncia non riguardano la mancanza di coraggio, la donna vittima non è una bamboccia, incapace di decidere se sporgere querela o no, non le serve che altri decidano per lei.

Senatrice, lasci che le spieghi qual è il motivo per il quale le donne non vogliono procedere penalmente contro molestatori, stupratori e stalker: la penosa e incredibile mancanza di una rete di supporto.

La rete è fatta di tantissimi nodi e in Italia mancano quasi tutti e quelli che ci sono non sono sufficienti, o non sono diffusi in modo capillare, ma lasciati al singolo operatore che interviene.

Quando una donna decide di querelare, chiede due sole cose: di essere creduta e protetta davvero, perché sa bene che il rischio di subire una escalation della violenza è altissimo, se, dopo la querela, nessuno si fa carico in modo tempestivo e corretto della sua sicurezza e di quella dei suoi figli (se ne ha). E sa anche che potrebbero succederle altre cose, tutte molto dolorose e “punitive”.

Ecco alcuni esempi recenti di quello che può succedere quando una donna decide di chiedere giustizia, a seguito di episodi di violenza domestica (e in tutti questi casi, le donne hanno la fortuna di essere ancora vive):

Un anno fa il Corriere della Sera pubblicava un articolo di alcuni fatti avvenuti nel bresciano: una bambina di 12 anni scrive nel tema di aver visto il papà picchiare la mamma. La donna e il marito si separano, in modo turbolento, lei sporge querela. Ma…

Questo elaborato (il tema), per esempio, «sembra non interessare a nessuno»: non al giudice civile che sta seguendo la causa di separazione, «ma nemmeno alla procura che le mie figlie non ha mai manifestato l’intenzione di sentirle in forma protetta» nonostante i solleciti degli avvocati. Questa donna arrabbiata e frustrata ha 45 anni ed è la ex moglie dell’ex sindaco di un comune della provincia. Nel giugno del 2015, racconta, «l’ho denunciato per maltrattamenti» così come nell’aprile scorso quando, secondo la testimonianza della signora, «ha cercato di investirmi con l’auto fuori casa». Il pubblico ministero che ha in carico il fascicolo «ha sentito i testimoni» e «nel 2017 mi risulta abbia chiuso le indagini. Ma poi? Sono passati tre anni, e nonostante il mio legale abbia più volte chiesto che intenzioni avesse, ad oggi non sappiamo nulla». Era il 9 aprile di tre anni fa quando il marito se ne andò di casa. Nel 2017 la separazione ufficiale. Ed è vero, «non l’ho denunciato prima per paura». C’è uno spartiacque non indifferente, però. Perché questa donna ha chiesto e ottenuto dal questore un ammonimento nei confronti dell’ex (che ha impugnato e controdenunciato), con divieto di avvicinamento. «Ma è carta straccia, mi creda», perché «alla fine, tutto questo mi si è semplicemente rivoltato contro: con lui e nella pratica di separazione», si sfoga lei.

Per amor di cronaca, le due figlie di questo amorevole paparino, sono state affidate in modo condiviso a entrambi i genitori e ogni giorno cambiano casa: un giorno con mamma e uno con papà.

Cito ancora Brescia, questa volta un fatto più recente

Ha patteggiato una condanna a quattro anni e sei mesi l’uomo che quest’estate a Coccaglio ha colpito a martellate la moglie e la figlia. «Volevo ucciderle, dar fuoco a casa e poi farla finita» raccontò Giuseppe Vitali che spiego di essere alle prese con enormi problemi economici.

In giornata lascerà anche il carcere per poter tornare ad abitare nella palazzina teatro della tragedia sfiorata. Non abiterà nella stesso appartamento di moglie e figlia, ma in un’abitazione al piano inferiore. La famiglia potrà vedersi liberamente.

E chi di voi conosce la terribile storia di Ginevra Amerighi?

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Ginevra denuncia il marito per maltrattamenti, il marito viene riconosciuto colpevole e condannato (per lesioni), ma ottiene l’affido esclusivo della bambina, portata via alla mamma quando aveva solo 18 mesi.

Di Laura, invece, ho parlato anch’io, qui

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Le cose, per lei e il suo bambino non sono migliorate, anzi.

Anche nel caso di Laura, siamo di fronte ad una donna che cerca rifugio e protezione nella legge, perché il suo ex è

un uomo che, secondo lei, non è mai stato presente con il figlio e che oltre a denigrarla quando era incinta per il suo aspetto fisico e il suo peso, le aveva promesso una punizione esemplare per essere sfuggita al suo controllo, e che dopo l’ha perseguitata fino a quando lei non l’ha denunciato per stalking.

Adesso Laura e il suo bambino hanno una “sentenza di morte” sulla testa. Il Tribunale per i Minorenni di Roma ha deciso che il bambino deve vivere con il padre (che il bambino rifiuta, nonostante l’abbia regolarmente frequentato, sempre e comunque, nonostante non volesse, alla presenza di persone che avrebbero dovuto aiutare il rapporto tra di lui e il padre) e che questo sarebbe il suo best interest. E’ talmente il meglio per questo bambino (che è un bambino sereno, socievole, bravissimo a scuola, bene inserito) che, per ottemperare al decreto del TM, occorre mettere in campo una task force che lo preleverà (non si sa quando e come) e lo porterà in casa del padre, con la presenza di una équipe di “specialisti” 24 ore su 24. In pratica sarà imprigionato e sorvegliato senza soluzione di continuità, affinché non si sottragga al suo “miglior interesse” e affinché non si aggravino le sue condizioni di salute. Il piccolo soffre di una patologia autoimmune e necessita, secondo prescrizione medica, di assoluta tranquillità e di serenità ed equilibrio.

Come questo possa essere il bene per un bambino di 9 anni, qualcuno me lo spieghi, perché io non lo capisco.

Torniamo alla nostra balda Senatrice e chiediamole: “Onorevole, ma perché parla di violenza contro le donne, se non conosce la materia?”

“Un bel tacer non fu mai scritto” e meglio un consapevole silenzio che una serie di stupidaggini senza senso.

Purtroppo, sono costretta ancora una volta a constatare come il tema delicatissimo della violenza patriarcale degli uomini contro le donne sia usato come mera e becera propaganda, per cavalcare la popolarità, arraffare voti e mettersi in mostra. 

Manca la seria volontà di approfondire e di intervenire in modo sensato e opportuno, utile e condiviso da chi si occupa di violenza, da chi la subisce e da chi la vive o l’ha vissuta.

Senatrice Evangelista, scusi, un’ultima domanda: ma se lei è veramente interessata ad aiutare le donne vittime di violenza maschile, perché non ritira la firma al DDL Pillon che giace “nel cassetto” ma che, di fatto, è vivo e vegeto e già operante nei nostri tribunali che, in nome della cosiddetta “bigenitorialità” penalizzano, offendono e abusano delle donne che chiedono aiuto?

Cominciamo a credere alle donne, a valorizzarne la paura, a bandire l’Alienazione Parentale dai Tribunali e dalle Scuole di Psicologia, a formare gli operatori della Giustizia, a sostenere il mercato del lavoro femminile e l’autonomia delle donne, a smettere di giustificare chi agisce violenza (raptus, depressione, troppo amore, ecc.) e magari le donne vittime di violenza si sentiranno più sicure e tutti quei casi che non vengono querelati verranno a galla.

PS: per chi volesse aiutare Laura e suo figlio, domani mattina è stato organizzato un presidio in suo favore a Roma e in tutta Italia. Tutti i dettagli qui

Lunedì 28 ottobre in piazza di Montecitorio si terrà un sit in per dire basta alla violenza istituzionale contro madri e figli.
Chiediamo massima adesione e partecipazione attiva perché è arrivato il momento di dire basta a quella che è ormai un’arma di ricatto e minaccia contro le donne: la sottrazione dei figli. A chi non potesse raggiungere Roma, chiediamo di recarsi nello stesso orario del sit in dinanzi alle prefetture delle proprie città con dei cartelli o magliette con su scritto “madri unite contro la violenza istituzionale” e di far circolare sui social le foto.
Chiediamo inoltre a tutta la cittadinanza sensibile alla tematica di sottrazione dei figli alle madri sulla base di false perizie e relazioni degli operatori sociali e giuridici, di mettere alle finestre o sui balconi delle proprie abitazioni cartelli o striscioni con su scritto #giulemanidalfigliodilauramassaro in segno di solidarietà a questo bambino che in ogni momento rischia di essere prelevato con la forza pubblica e contro la sua volontà dalla madre e di far circolare le foto sui social.