Il silenzio assordante della sinistra sul caso Laura Boldrini

Ci sono silenzi e silenzi. Non tutti sono uguali e non tutti hanno lo stesso significato. Nell’ambito politico, ad esempio, a volte scegliere di non parlare significa dire molte cose. Molte di più di quelle che si direbbero con parole. Come, ad esempio, il recente silenzio della sinistra italiana, a proposito del caso esploso pochi giorni fa riguardo Laura Boldrini.

La settimana scorsa un articolo de Il Fatto Quotidiano, ripreso poi da tutte le testate italiane, ha fatto emergere situazioni lavorative poco chiare di due ex collaboratrici della parlamentare Laura Boldrini. Nel dettaglio, di una sua ex collaboratrice domestica e di una sua ex assistente parlamentare. Come rivelato da Il Fatto Quotidiano, nel caso della ex collaboratrice domestica la questione ruota attorno al mancato versamento della sua liquidazione. Nel maggio del 2020, infatti, la lavoratrice aveva dato le dimissioni, perché non poteva più svolgere il lavoro negli orari che Boldrini le chiedeva, e resta quindi in attesa dei soldi che le spettavano chiuso il rapporto lavorativo. A fine marzo 2021, ovvero la settimana scorsa, ancora però non aveva ricevuto nulla del dovuto da parte di Laura Boldrini.

Nel caso della ex assistente parlamentare, invece, la questione risiede nel fatto che Boldrini le chiedesse di svolgere mansioni che avevano poca attinenza con il ruolo di assistente parlamentare. Questa sua ex collaboratrice, infatti, ha rivelato a Il Fatto Quotidiano che, per Laura Boldrini, era solita prenotare il parrucchiere, andare in sartoria, comprare trucchi, far vedere l’appartamento sfitto di Roma di Boldrini a persone interessate o ad agenzie immobiliari. O anche effettuare lei stessa i pagamenti per la collaboratrice domestica di Laura Boldrini.

Va poi aggiunto che questa ex collaboratrice parlamentare ha anche rivelato che lavorava 3 giorni alla settimana per 12 ore al giorno. E il resto dei giorni svolgeva il suo lavoro da casa. Tutto questo, per uno stipendio che si aggirava sui 1200-1300 euro al mese.

In questo caso, il rapporto di lavoro tra lei e Boldrini si è interrotto dopo il lockdown del 2020, di nuovo per richieste di Boldrini che la collaboratrice non poteva soddisfare: nello specifico, l’ex assistente parlamentare ha dichiarato che aveva chiesto di poter continuare a lavorare da remoto, non vivendo a Roma e avendo 3 figli di cui uno malato e che doveva esser operato, ma che le era stato risposto di no. Da qui, quindi, la successiva decisione della donna di licenziarsi.

Queste due storie legate a ex collaboratrici di Laura Boldrini sono storie che hanno ricevuto la replica della deputata del PD, che un paio di giorni dopo lo scoppio della vicenda ha scritto un lungo post al riguardo, sul suo profilo Facebook. Boldrini, poi, ha rilasciato dichiarazioni anche a La Repubblica, dicendo che nel caso della ex collaboratrice domestica quello che mancava da versarle erano gli scatti di anzianità, per ritardi burocratici dovuti anche all’emergenza sanitaria in corso. Nel caso della ex assistente parlamentare, invece, Boldrini ha dichiarato che si trattava di un contratto part-time, che lei ha sempre riconosciuto l’impegno e sacrificio della sua ex collaboratrice. E che quando quest’ultima aveva deciso di smettere di lavorare per lei, si erano comunque lasciate in buoni rapporti. Boldrini si è infatti dichiarata stupita dal “risentimento” di questa sua ex collaboratrice, affermando poi che era proprio nei loro patti che la collaboratrice parlamentare svolgesse anche mansioni da assistente personale. Tutto questo, perché Boldrini (come ha dichiarato lei stessa a La Repubblica) è una donna sola, che non poteva chiedere cose del genere ad alcun compagno o altra persona a lei vicina.

Questa su Laura Boldrini si rivela una vicenda complicata, poco chiara da certi punti di vista. Ma sicuramente è una vicenda non da poco. E che rivela un volto della parlamentare del PD in contrasto col volto che lei stessa ha sempre offerto pubblicamente. Ovvero, quello di una donna della politica impegnata in prima linea contro le discriminazioni verso le donne. Anche in ambito lavorativo.

É una vicenda che lascia un po’ senza parole, soprattutto per chi vede e ha visto in Laura Boldrini una persona che si è sempre spesa per le donne. Per le sue battaglie politiche, a partire dal linguaggio verso le donne che è diventato uno dei suoi capisaldi. Una vicenda che genera dei dubbi su Laura Boldrini, così come accadrebbe se tale vicenda riguardasse un’altra persona. È una vicenda, infine, che dimostra quanto sia sempre necessario non “idolatrare” mai alcun personaggio —politico e non— nemmeno quelli che più rappresentano le nostre idee o più vicini ai nostri ideali.

Tale vicenda ha ovviamente avuto immediati risvolti politici, nel senso di diverse critiche verso Boldrini. Ma si è trattato di critiche tutte solo ed esclusivamente da parte della destra. Da parte di alcuni politici, ma soprattutto da parte di giornali vicini alla destra, dei soliti noti giornali di destra. Critiche che, però hanno solo fortemente strumentalizzato tale vicenda.

Sul fronte della sinistra italiana, invece, tutto tace. Sono ormai passati più di 10 giorni dallo scoppio della vicenda, ma ancora nessuna dichiarazione, nessun commento, nulla dal versante della sinistra. Solo l’informazione più vicina al PD, ovvero La Repubblica, ha riportato la vicenda, senza sconti, con articoli sia con la versione delle due ex collaboratrici della parlamentare, sia con dichiarazioni della stessa Laura Boldrini. I vari politici ed intellettuali della sinistra, invece, tacciono su questa vicenda. Ancora. E oramai pensiamo che nulla diranno più. E così, è stato anche nell’ambito dell’attivismo femminista. Tranne un unico intervento, con cui ci troviamo d’accordo, ovvero quello di Aestetica Sovietica, tutto tace anche su questo fronte.

Questo silenzio, però, ci lascia particolarmente perplesse.

Ci saremmo aspettate qualcosa di decisamente diverso da tutti i vari esponenti italiani di sinistra, di qualsiasi coalizione, di qualsiasi giornale, di qualsiasi tipo di attivismo facciano parte. Ci saremmo aspettate una presa di posizione o comunque qualche dichiarazione dalle stesse donne —attiviste ed intellettuali— che ogni giorno dicono di battersi per i diritti delle donne, contro le discriminazioni verso le donne. Le stesse che, giustamente, ogni giorno criticano chi non chiama le cose con il loro nome quando siamo di fronte a discriminazioni.

Non è un processo pubblico quello che noi avremmo auspicato, lo abbiamo specificato varie volte, nel corso di varie vicende che si sono susseguite negli anni, non è questo quello che ci interessa.  Si tratta di onestà intellettuale, di evitare atteggiamenti come il doppiopesismo a seconda di chi assume alcuni (presunti) comportamenti scorretti in ambito lavorativo e non verso le donne. Si tratta di essere coerenti e di non essere ipocriti. Semplicemente questo.

Pensiamo solo per un attimo se questa vicenda fosse emersa e al posto di Boldrini ci fosse stata Santanché, Meloni, Gelmini o una qualsiasi esponente di destra, centro destra o di una qualsiasi coalizione politica con meno appeal sul grande pubblico. Certamente e giustamente le reazioni sarebbero state un tantino diverse. La sinistra sarebbe insorta, si sarebbero sprecati fiumi di editoriali, di post di pseudo intellettuali o influencer della politica e del giornalismo, ma in particolar modo sulle nostre timeline si sarebbero affollati numerosi post di spazi e intellettuali femminist* e poi ripresi da altrettanti spazi e intellettuali femminist*.
E, ça va sans dire, se ad essere accusato di scorretto comportamento con collaboratrici fosse stato un politico di destra, le critiche sarebbero state ancora più aspre e più celeri, molto probabilmente dal giorno stesso in cui è scoppiato il caso.

Ecco, per noi invece, che abbiamo creduto in Laura Boldrini, che abbiamo difeso la stessa dagli ignobili attacchi che nel corso di questi anni ha dovuto subire, in primo luogo da vari esponenti e attivisti pentastellati e poi da altri, tra casapoundiani, leghisti e simpatizzanti delle varie correnti di estrema destra, non è il caso di far calare il silenzio. Innanzitutto perché si rischia che della vicenda se ne occupi unicamente la destra, quella destra reazionaria e dai toni violenti che tanto abbiamo criticato e combattuto in questi anni. E non possiamo lasciare che i giornali di quella destra possano interamente occupare lo spazio con i loro titoli vergognosi e offensivi, strumentalizzando la vicenda.

Ma non parlarne, far finta di nulla, ci mette in una strana posizione, non ci farà sentire a posto con la nostra coscienza la prossima volta in cui parleremo del problema occupazionale delle donne in Italia, delle difficoltà che le donne incontrano, di quelle che hanno gettato la spugna e un impiego non lo cercano nemmeno più, di quelle che vengono pagate di meno dei loro colleghi maschi, di quelle lasciate a casa perché, si sa, le donne —e questo, ovviamente e sempre per una questione culturale— occupano molto più degli uomini posti di lavoro (con annessi contratti) subalterni e precari. Non potremo più parlare dell’annoso problema che si abbatte sulle donne, quello di conciliazione famiglia-lavoro.

Non serve a nulla criticare (presunti) comportamenti scorretti di politici o altri personaggi pubblici solo se questi fanno parte degli “altri”, non dei “nostri”. Non serve a nulla perché non solo non è serio, etico e corretto, ma anche perché concretamente non risolve nulla. Anzi, lancia un pessimo messaggio. Fa sì che non ci sia oggettività nella richiesta di maggiori tutele per tutt*, in questo caso verso delle lavoratrici. Fa sì che si strumentalizzino tali vicende da parte della politica e dalla stampa, come ha esattamente fatto la stampa italiana di destra. Fa sì che si dica, che la sinistra (italiana, ma non solo), non sappia essere davvero eticamente migliore della destra. Perché, anche lei, alla fine, come la destra, si rivela incapace di fare autocritica. Quando invece è sempre capacissima di criticare l’etica dei suoi avversari politici.

La vicenda di Laura Boldrini è una vicenda per nulla positiva. Per i fatti in sé, ma anche per quello che ha rivelato —di nuovo— sulla sinistra italiana. Una sinistra che, purtroppo, non riesce ad essere pienamente coerente con se stessa, coi suoi valori, con le sue importanti e giuste battaglie.
Una sinistra che ha, ancora, difficoltà a riconoscere i suoi limiti, perfettamente umani, ma che è giusto ammettere e migliorare. Che troppo spesso si nasconde dietro ideali utopici puntando il dito contro gli altri e mai verso di sé, che il personale è politico solo quando fa comodo. Una sinistra che dovrebbe battersi, ogni giorno, per narrazioni differenti del mondo, della nostra quotidianità, delle condizioni di lavoro per tutt*. E che, invece, ancora sceglie di offrire, in certe occasioni, narrazioni indifferenti verso la realtà dei fatti.

 

Laura T. e Fabiana

Una risposta a “Il silenzio assordante della sinistra sul caso Laura Boldrini”

  1. A causa della recente ubriacatura femminista si è derogato, ulteriormente, al principio di responsabilità in favore di un vittimismo ontologico, totale e di una impossibilità di affrontare questioni in maniera laica e razionale.
    Chi prova a cercare di fare chiarezza e pretendere rispetto delle regole (che ricordiamo sono e devono essere comuni) viene avversato da branchi di invasate senza cervello e col sangue agli occhi.
    Questa anti-pedagogia, questa nuova forma di barbarie è solo (de)merito della categoria.
    Grazie sorelle!

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