Droga, piercing e capelli rasati. Il paternalismo della stampa sulla morte di una sedicenne

Il 18 luglio, in una nota discoteca di Riccione, un ragazzo di sedici anni moriva dopo aver assunto mdma.

Qualche giorno fa, invece, a Santa Cesarea Terme un altro ragazzo di 18 anni è morto, in seguito a un malore, dopo una serata passata in una discoteca del luogo. Le indagini sono ancora in corso, anche qui si era ipotizzato che la morte fosse avvenuta dopo una serata di eccessi e sostanze stupefacenti, ipotesi sin da subito smentita dai suoi amici –e infatti i primi risultati dell’autopsia svolta sul corpo del ragazzo hanno evidenziato una cardiomiopatia ipertrofica.

L’ultimo triste episodio è avvenuto domenica notte, dove, su una spiaggia sul lungomare di Messina, una ragazza di 16 anni veniva ritrovata morta forse, ma è ancora da accertarlo, dopo aver assunto ecstasy.

Dal 18 luglio, giornali, TG e programmi televisivi si sono scatenati con ridicoli sermoni sulle “depravazioni” delle nuove generazioni e con innumerevoli articoli pregni di retorica moralistica, facendo diventare la droga il tormentone dell’estate 2015. Un evergreen.

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Capita, in questa Itali(ett)a ancora molto provinciale, che quando sei donna e hai un aspetto diverso dal comune, quando ti piace vestire in maniera estrosa, dark o vintage, quando ti piace ricoprire la tua pelle di tatuaggi o piercing, quando ti piace rasarti o colorare i capelli, capita che in molti pensino che tu sia strana, facile, deviata, depravata, tossica, instabile, eccetera.

Ed è quello che sta purtroppo accadendo sulla pelle di Ilaria, la ragazza trovata morta sulla spiaggia di Messina.

Sono andati a spolpare il profilo fb di una ragazzina morta, sono andati a scavare nella sua vita per poter costruirci sopra un romanzetto noir da dare in pasto a lettori annoiati sotto l’ombrellone.

Lo hanno fatto anche con gli altri ragazzi, certo, è capitato di leggere nel corso di queste settimane diversi articoli di questo tenore, ma in assoluto con lei questa curiosità morbosa si è acuita.

Questo perché quando sei donna il solo fatto che tu possa uscire di notte e assumere alcol o droghe colpisce doppiamente la morale secondo la quale una ragazza certe cose non dovrebbe assolutamente farle.

Ieri, su Repubblica, è stato pubblicato un articolo redatto da Alessandra Ziniti che si apre così:

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L’intento moralistico con cui è stato aperto il post è palese, ma quello che colpisce soprattutto è  il giudizio sull’aspetto estetico della ragazza.

L’autrice si erge a giudice supremo: le foto di Ilaria vengono passate in rassegna, spulciate, vivisezionate, solo ed esclusivamente per scrivere di come questa ragazza “irrequieta” –così la definisce dopo aver guardato semplicemente il suo profilo fb– si fosse: “sfigurata” il volto con qualche piercing, rasata i capelli e “sfondato” il lobo.
Il punto è: che nesso hanno i piercing con la morte di questa ragazza? A cosa servono questi dettagli inutili?

Come se non bastasse, poi, viene giudicato il suo abbigliamento, certo, perché per una ragazza  vestire con scarpe da tennis scure e abiti ampi –e quindi con un vestiario prettamente “da maschi”– è un chiaro segnale di mente deviata e quindi irrequieta e quindi indice di vita sregolata e folle che non poteva concludersi in altra maniera.

Ma non è finita.
Andando più avanti si legge:

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“Gruppi satanisti”. Farebbe quasi ridere questo articolo, potrebbe quasi apparire una parodia, uno sfottò con un linguaggio volutamente esasperato per prendere in giro il fans club di Giovanardi, se non narrasse la morte di una sedicenne.

E ancora:

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Ovviamente non poteva mancare il neanche tanto velato giudizio contro i centri sociali, colpevoli di tutti i mali. Per non parlare della nazionalità della mamma e del fatto che la ragazza vivesse in un quartiere popolare. Tutti dettagli certamente messi lì, a caso, e non per costruirci sopra uno degli articoletti romanzati più brutto di tutti i tempi

Ma Repubblica non è stata l’unica a parlarne in questi termini. Ci si sono messe anche l’Ansa e il Corriere.

Era troppo appetitosa la vita stroncata di una giovane coi piercing, i capelli rasati che ascoltava gruppi satanisti per non farne un articolo, ricamandoci su per creare un diversivo, un riempitivo, in questa noiosa e afosa estate.

In questo blog ci siamo sempre occupate di giornalismo, chi ci segue sa della nostra campagna #GiornalismoDifferente e questo, più che mai, è proprio uno di quei casi in cui il giornalismo andrebbe aspramente contestato.

Non possono i giornali fungere da cassa di risonanza dei commenti da bar.

Non può, un quotidiano della tiratura di Repubblica pubblicare parole come queste che al massimo dovrebbero trovare spazio su “Famiglia Cristiana”.

Il giornalismo non può e non dovrebbe pubblicare articoli utili solo a stuzzicare quella curiosità un po’ morbosa. Il giornalismo dovrebbe spingere a delle riflessioni serie e costruttive e non alimentare giudizi sommari e gare di commenti stupidi e qualunquisti.

Non è questo il modo di parlare della morte di una ragazza di sedici anni.

Non è nemmeno questo il modo di parlare di droghe. Perché, centri sociali o discoteche, quello che accomuna la ragazza di Messina al ragazzo di Riccione è un atteggiamento bigotto, che tratta della droga con slogan e retoriche moralisticheggianti ma soprattutto lacrimose.
E tra un “la droga uccide” e un “il vero sballo è dire no”, sui grandi giornali nazionali passa l’idea di una generica lotta alla droga, senza capo né coda, che parla di una prevenzione irrealizzabile.

E al coro dei media si uniscono anche i partiti politici che, con campagne ugualmente inutili e dalla retorica stantia proprio non riescono a centrare il bersaglio. Retorica che facilmente è riconducibile ad ambienti fascisti che oltre alla purezza della razza evocano anche il divertimento “sano” (cinghiamattanza?) ma che pervade anche ambienti comunisti e antifascisti che, per sfuggire al libertarismo imputato ai non ortodossi, si radicano in posizioni ugualmente ottuse.

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Tutti questi narratori del dramma dell’md in discoteca dimenticano di affrontare il vero nodo della questione: la droga piace. Drogarsi è divertente. E’ pericolo, ma anche trasgressivo. E decidere di “farsi” o meno è una decisione che di certo non passa per le leggi che vietano le sostanze stupefacenti.

Tanto che, nonostante quelle leggi, procurarsi qualsiasi sostanza vietata oggi, in Italia, è estremamente facile.
Soprattutto se hai 16 anni. Non solo in discoteca o in un centro sociale.

Così chiudere il Cocoricò o sgomberare un centro sociale –se mai questi due spazi possono mai essere messi sullo stesso piano– non solo non ha senso nell’ottica di prevenire il consumo di droga, ma è solo un atteggiamento repressivo. E perciò svuotato di progettualità.

La prevenzione sulle droghe è solo una: informare.
Spiegare a tutti, nella maniera più semplice e oggettiva possibile come si prendono le droghe, che tipo di effetti hanno, che danni provocano al cervello, al corpo, che rischi si corrono, come comportarsi quando si assumono.
Altrimenti affidiamo alla chiusura di una discoteca e a qualche articolo che specula sulla morte di una sedicenne una questione complessa e difficile che merita di più.

Citiamo quindi Salvatore Giancane esperto in strategie di riduzione del danno e medico tossicologo che lavora al Ser.T di Bologna, intervistato in un ottimo articolo di VICE sul tema:

È la stessa linea di sempre; la prevenzione intesa come “le persone non prendano le sostanze.”
Ci saranno altri luoghi in cui queste cose avvengono: dopo la storia del ragazzino che ha assunto ecstasy a Torino ed è stato ricoverato chiudiamo Torino?

Quelli del Cocoricò hanno detto che la battaglia alla droga l’avevano fatta e persa, e per questo l’amministratore ha deciso di dimettersi. Ma era la battaglia a essere impossibile, perché era di non fare entrare la droga. Invece la battaglia doveva essere fare educazione all’interno: se una cassiera o una barista riconoscono uno che sta male, è anche meglio. O prendere degli operatori.

Di questa vicenda abbiamo tutte le informazioni sull’acquisto, ai ragazzini hanno fatto duemila domande su chi gliel’ha data, ma ci fosse stata una e dico una informazione su quanta acqua aveva bevuto, da quanto tempo stava ballando. Quali sono stati i comportamenti differenti trai due amici e il ragazzo morto? È stata questione di vulnerabilità individuale? Erano 3 grammi e adesso 0.3, c’è una bella differenza. È un classico esempio della cattiva informazione italiana su queste cose, io come tecnico non ho nessun dato per capire quello che è successo.

Perché parliamoci chiaro, 300 mg di sostanza non ti fanno andare in overdose, non è che il ragazzo è caduto per terra e basta; gli altri due hanno assunto la stessa quantità e sono vivi. Allora la cosa importante è perché lui è morto mentre gli altri due sono vivi. Tutte queste cose le abbiamo ignorate. Dove sono finite le politiche efficaci?

Da noi si declina tutto intorno al problema di non far prendere la droga alle persone. Le scritte che ci sono fuori dal Cocoricò dicono “La droga ti spegne,” “No alla droga,” “È facile dire no.” Questa è la declinazione di prevenzione all’italiana, e dopo che uno ha preso qualcosa le istituzioni se ne lavano le mani, perché non doveva farlo. Io faccio un’altra osservazione, qual è la missione nei confronti della salute di chi queste sostanze le prende?

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Un cartello davanti alla discoteca Cocoricò di Riccione

Fabiana e Laura

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4 Risposte a “Droga, piercing e capelli rasati. Il paternalismo della stampa sulla morte di una sedicenne”

  1. Serve anche questo all’Italietta da voi perfettamente descritta, persone che abbiamo in coraggio di reagire e denunciare lo schifo a cui siamo sottoposti.

  2. poi perchè “mascolina”? Quello era il modo in cui viveva la sua identità femminile, un modo valido e autentico come altri più frequenti statisticamente. E comunque il far uso di droghe prescinde dal look

  3. Vorrei lasciare una risposta…ma ho 51 anni, 5 piercing e 2 tatuaggi…non ho mai fatto neanche una canna in vita mia…ma potrei non esser presa sul serio solo per il preamboli..trovo tutto questo disgustosamente retro’ e repressivo… penso che i giovani dovrebbero aver piu’ liberta’ di esprimere loro stessi e essere capiti x quello che trasmettono..noh giudicati e condannati…ayh…dimenticavo di dire che vivo all’estero da quasi 12 anni..e a parte gli italiani in vacanza..nessuno mi ha mai giudicata per quanti buchi ho in faccia…la signora Zanini invece e’ una di quelle che le ha messo la pasticca in bocca…siete alienanti…li uccidete voi sti giovani con la vostra bigotteria e ignoranza.,.. perche’ istruzione non sempre significa saper essere intelligenti…

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