Educare alle differenze 2: la parità passa anche per le strade intitolate alle donne

Anche quest’anno parteciperemo a “Educare alle Differenze” e, come l’anno scorso, saremo Media Partner delle due giornate di dibattito e costruzione di una nuova cultura di genere.
Come l’anno scorso le realtà copromotrici sono tantissime e le aspettative sono molto alte.

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Anche quest’anno, come lo scorso, abbiamo deciso di realizzare delle interviste ad alcune delle realtà che vi parteciperanno.

La prima intervista che condividiamo con voi è quella fatta al gruppo di “Toponomastica Femminile”.

 

Buona lettura!

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1) Come e quando nasce il progetto “Toponomastica Femminile”?

All’inizio del 2012, su Facebook, su iniziativa di Maria Pia Ercolini. Il gruppo nasce con l’idea di impostare ricerche, pubblicare dati e fare pressioni su ogni singolo territorio affinché strade, piazze, giardini e luoghi urbani in senso lato, vengano dedicati alle donne per compensare il sessismo che caratterizza l’attuale odonomastica. Sono cominciati per prima cosa i lavori di censimento dei comuni italiani e di alcune realtà d’oltralpe, per  arrivare a conoscere l’entità del problema. Ma in breve si è capito che quello dei censimenti era solo l’inizio. In breve sono sorte altre iniziative come la campagna per la memoria femminile denominata “8 marzo 3 donne 3 strade”, i progetti “Largo alle Costituenti” e “Partigiane in città”, che hanno riportato alla luce illuminanti biografie di donne coraggiose e tenaci. Infine ci sono state le campagne “Una strada per Miriam”, “La lunga strada di Rita”, “Una Margherita sulle nostre strade” e “Una scena per Franca” volte a promuovere le intitolazioni in memoria di Miriam Mafai, Rita Levi Montalcini, Margherita Hack e Franca Rame. Recentemente, alla fine del 2014, il gruppo “Toponomastica femminile” ha deciso di darsi una veste più “formale” ed è nata l’Associazione “Toponomastica femminile”, associazione senza scopo di lucro, che continua la promozione della visibilità passata, presente e futura delle donne e il riconoscimento dell’operato femminile.

2) Dai vari censimenti che avete effettuato in tutta Italia, qual è il divario che avete constatato tra il numero di piazze, strade, scuole, eccetera dedicate agli uomini e quelle dedicate alle donne?

In media il divario tra il numero delle vie e delle piazze dedicate agli uomini e quelle dedicate alle donne si aggira intorno all’8%. Questo vuol dire che ogni 100 intitolazioni maschili se ne sono 8 femminili. L’asimmetria della celebrazione e della memoria è evidente. Per quanto riguarda le scuole il discorso andrebbe separato. Non è, infatti, l’amministrazione pubblica a scegliere i nomi degli istituti scolastici ma il collegio dei docenti. Anche in questo caso i nomi prevalentemente usati sono quelli degli uomini, nonostante il corpo docente sia in larga parte femminile. Ci siamo interrogate su questo, considerando che molte di noi sono insegnanti o operano nel mondo della scuola. La risposta che siamo date è che la memoria maschile sembra avere un peso specifico maggiore, attribuiamo a quanto fatto dagli uomini nella storia, nella cultura, nel mondo scientifico un riconoscimento maggiore. I nomi che i/le docenti scelgono per il luogo del loro lavoro, della formazione e della crescita di migliaia e migliaia di studenti sono ancora prevalentemente orientati alla celebrazione della memoria maschile.

3) Come interpretate questo divario? Pensate ci sia una stretta correlazione tra questo dato e le disparità di genere ancora molto forti nel nostro paese?

Dopo le battaglie risorgimentali si scelse di radicare gli ideali della nuova Italia unita attraverso numerosissime intitolazioni che esaltassero i protagonisti, uomini, di quelle vicende; dopo la seconda guerra mondiale sulle strade e sulle piazze nazionali sono state apposte targhe dedicate a coloro che avevano combattuto il regime e che avevano fondato la Repubblica. In entrambi i casi la storia appare scritta tenendo conto di un solo genere, quello maschile e  ciò che ne deriva è un immaginario collettivo di figure illustri esclusivamente maschili.
L’odonomastica cittadina non è neutra, anzi appare fortemente caratterizzata da sessismo. Riflette le scelte politiche e culturali, passate ma ancora presenti e persistenti. Da sempre ai margini, se non del tutto escluse dalla storia, dal potere, dalla cultura, dalla scienza, dall’economia, le donne sono state allontanate anche dagli spazi della città, dai momenti della commemorazione e del ricordo.

 4) Avete mai percepito una sorta di benaltrismo verso il vostro lavoro? Intendo dire, nel corso di questi anni, avete incontrato molte persone che hanno liquidato la toponomastica femminile con un “ci sono cose più importanti da fare”? Se sì, come affrontate questo genere di atteggiamento?

Le risposte che abbiamo ricevuto nel corso di questi anni sono state molte e differenti. Numerose amministrazioni hanno dimostrato interesse e insieme stupore nel constatare l’assenza della memoria femminile nelle strade pubbliche. Molte sono state quindi le risposte positive e in diverse realtà comunali si è cercato di provvedere a recuperare, almeno in parte, il divario toponomastico. È anche vero che molti comuni non hanno risposto alle nostre sollecitazioni e è immaginabile che uno dei motivi di queste scelte sia stato “ci sono cose più importanti da fare”. Alcune donne appartenenti a “Toponmastica femminile” sono state nominate dalle amministrazioni comunali nelle Commissioni Toponomastiche: è il caso di Roma e Napoli, ma anche di realtà meno grandi come Sulmona, Modena o Licata in Sicilia. È un passo importante del nostro percorso perché riflette un cambiamento che, se pur lento, comincia a riconoscere il valore della presenza femminile. Anche qui i problemi non mancano però. L’ingresso delle rappresentanti dell’Associazione nelle Commissioni toponomastiche non è senza intoppi e ostacoli. Il loro compito di orientare verso scelte di riequilibrio di genere nelle scelte odonomastiche delle amministrazioni pubbliche si scontra con numerose resistenze. È necessario quindi che nasca un “sistema” e che si stabiliscano nei regolamenti e nelle procedure per le intitolazioni dei principi guida: questo può avvenire solo attraverso protocolli d’intesa che riguardino allo stesso tempo le amministrazioni
pubbliche – e in questo caso la risposta positiva dell’ANCI è molto importante – e gli organismi di parità a tutti i livelli.

5) Oltre ai censimenti, in cosa consiste il vostro lavoro da toponomaste?

I censimenti sono stati il punto di partenza ma, come già detto in precedenza, abbiamo affiancato presto a questa ricerca altre attività. La funzione di Toponomastica femminile continuerà a essere quella di osservare le realtà urbane e le dinamiche del loro sviluppo. Ma ci sembra importante riscoprire figure femminili, anche a livello locale, per suggerire a chi amministra nomi da commemorare nelle targhe e far riemergere dall’oblio tante donne che hanno contribuito alla definizione del mondo in cui viviamo. Conoscere le donne omaggiate con una targa, riflettere sulle ragioni delle intitolazioni e su quelle di tante assenze, porre attenzione sulle scelte di chi amministra e  suggerire un riequilibrio delle  presenze femminili ci sembra debba essere il percorso fondamentale delle nostre azioni. Anche attraverso le attività nelle scuole. Negli ultimi tempi abbiamo cominciato a sentire in modo intenso anche la necessità di tessere un filo di ricerca sulle comunità femminili, da quelle lavorative a quelle confessionali, da quelle politiche a quelle sociali. È la nostra nuova “sfida” che si è concretizzata nella mostra fotografica “Donne e lavoro” tenutasi a Roma alla fine di maggio e che sarà uno dei temi discussi nel prossimo convegno di Toponomastica femminile che si terrà in Umbria dal 18 al 20 settembre.

6) So che avete portato il progetto “Toponomastica Femminile” in scuole e convegni. Come agite nelle scuole? Svolgete dei laboratori o altro? I più giovani come si approcciano a questa tematica?

Spesso le giovani generazioni non conoscono quanto, in passato, è stato costruito in termini di diritti civili, politici e sociali dalle donne e soprattutto ignorano quanto loro hanno contribuito alla definizione del mondo in cui viviamo. Riteniamo che lavorare attraverso lo studio del territorio urbano e dell’odonomastica sia un percorso didattico innovativo e importante per sviluppare l’educazione al rispetto delle differenze e il superamento degli stereotipi culturali. Guardare la città con occhi di genere può sviluppare un nuovo modo di essere cittadine e cittadini; lo spazio fisico della città riesce a trasformarsi in laboratorio didattico permanente in cui avviare processi di cambiamento verso la realizzazione della parità di genere. Da questa convinzione e dalle prime esperienze didattiche realizzate, ha preso il via, nel 2013, il Concorso nazionale “Sulle vie della parità”, che ha ottenuto il patrocinio del Senato e che intende rivolgersi alle scuole di ogni ordine e grado, a atenei e centri di formazione. Il concorso è giunto quest’anno alla sua terza edizione.
A Roma, inoltre, abbiamo svolto lo scorso anno due interessanti progetti con il Comune. Uno è stato il progetto didattico “Orienteering: lungo sentieri di parità”, organizzato per le scuole primarie di Roma a Villa Pamphili, trasformata per l’occasione in un grande laboratorio all’aperto nel quale, attraverso gioco, sport e cultura, si sono avviate nuove opportunità per conoscere la storia femminile. L’altro, rivolto alle scuole superiori, si intitolava “Sulle vie della parità@Roma”. Le classi o i gruppi di lavoro hanno proposto l’intitolazione di piste ciclabili a donne, anche straniere, che hanno avuto un legame con la città. È stata un’iniziativa molto importante perché i nomi proposti dalle due scuole vincitrici sono stati accolti dalla Commissione Toponomastica e dall’amministrazione comunale che hanno intitolato tratti delle piste ciclabili a 7 partigiane romane e a 7 Madri costituenti. Ci sembra un risultato molto significativo che ha concretizzato la partecipazione diretta di ragazze e ragazzi alla gestione del territorio. Apprendimento collettivo e azione autonoma sono le linee fondamentali di questi percorsi didattici, dalle ricerche fotografiche sulle targhe stradali alla creazione di itinerari di genere che permettano di ricostruire le presenze femminili nella storia di ogni tempo e di ogni territorio. E in generale la partecipazione è molto positiva, ragazze e ragazzi diventano protagonisti attivi di queste attività. Per quanto riguarda i Convegni, quest’anno si terrà in Umbria il quarto convegno, dopo Roma, Palermo e Torino.

7) Perché partecipate a “Educare alle differenze”?

Toponomastica femminile ha aderito già dallo scorso anno a “Educare alle differenze”. I nostri obiettivi sono gli stessi, quelli che condividiamo già nelle scuole. Si tratta di un’importante opportunità di recupero della memoria storica, una riflessione sulla discriminazione femminile che passa anche attraverso le mancate presenze nell’odonomastica. Riteniamo sia anche un modo per sviluppare pensieri non stereotipati sui modelli maschili e femminili, promuovendo il rispetto delle differenze e partecipando alla costruzione di nuove identità maschili e femminili. È anche un’opportunità per cercare di modificare la cultura dei/delle giovani e prevenire la violenza contro le donne.

8) Cosa vi piacerebbe realizzare da queste due giornate nazionali?

Si è molto parlato nei mesi scorsi di “buona scuola”. Raccontare quello che le donne hanno saputo creare, inventare, realizzare, ci sembra una pratica concreta per una vera “buona” scuola, un passaggio doveroso se realmente si vuole cambiare la cultura sociale.