Dove le donne trans non ci sono: la loro lenta inclusione nel porno femminista e queer

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di Magenta

Artista, crede che il femminismo sia necessario per tutt* e che il personale sia, ancora e ancora, politico.

Una traduzione da Pikara

Tobi Hill-Meyer iniziò a produrre porno per riempire il vuoto di personaggi trans differenti e per offrire un’alternativa alla maniera egemonica in cui la sessualità delle donne trans si suole ritrarre, sfruttata e piena di esotismo. Lo racconta in questo articolo, tradotto (in spagnolo) da Lilit Vendetta.

Tobi Hill-Meyer è un’attivista, scrittrice e cineasta trans multirazziale statunitense. È la regista di ‘Doing It Ourselves’, con il quale ha vinto il Premio alla Cineasta Emergente ai Feminist Porn Awards 2010.
Sta terminando di realizzare il terzo volume della trilogia di DVD ‘Doing It Again’. Il suo lavoro si può consultare su HandbasketProductions.com e su Doing it Online.

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Sono arrivata al porno grazie al Camp Trans. Il Camp Trans nacque nel 1991 come forma di protesta contro la politica di esclusione delle donne trans da parte del Festival di Musica di Donne del Michigan.
Due decadi dopo, il Camp Trans si è convertito in un appassionante spazio di attivismo e comunità trans, un evento che ogni anno si tiene a qualche metro dal festival di musica. Ho passato anni morendo dalla voglia di assistervi, ma non avevo denaro sufficiente. Anche se il prezzo d’entrata consiste in una donazione in base alla situazione economica di ogni singol* partecipante, per il viaggio di 8000 km di andata e ritorno avevo bisogno di centinaia di dollari. Una amante offrì di mettermi in contatto con un fotografo con il quale aveva lavorato per ShemaleYum.com. Con una sessione di un paio d’ore con loro avrei guadagnato l’equivalente di un mese intero come insegnante e mi sarei così potuta permettere il viaggio completo, quindi decisi di farlo.

Considerando il nome del sito web, già in partenza avevo messo in conto che non tutto sarebbe stato emancipazione e sostegno. E non lo fu.

Ciò nonostante, l’esperienza non fu del tutto negativa. In effetti, fu il mio primo ambiente di lavoro dove, oltre a presentarmi apertamente come donna trans, nessuno si rivolse a me con un pronome o genere sbagliato. Non posso dire lo stesso di nessuna delle organizzazioni LGBT in cui facevo volontariato all’epoca.
La sessione mi mise molto a disagio e allo stesso tempo non aveva niente di sexy. Credo abbastanza nella mia capacità di essere sensuale e attraente, ma non mi permettevano di farlo nel modo in cui lo avrei fatto con i/le miei/mie amant* o compagn*. Dovevo adeguarmi ad un modello totalmente diverso. Sapendo che si trattava di svolgere un lavoro, ero realmente disposta a fare del mio meglio ma la situazione mi fece perdere l’equilibrio, sia metaforicamente che letteralmente. Sono una lesbica maschiaccio e mai la mia vita sessuale si è centrata sulla penetrazione, ma per questa scena dovevo essere depilata, con calze e tacchi e mantenermi in equilibrio mentre mi inclinavo e aprivo le natiche per la cinepresa.
Tutto questo acconsentendo, in maniera implicita, di essere etichettata con una parola tanto orribile come shemale.

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Ovviamente, queste condizioni complicavano molto le funzioni basiche di questo lavoro, cioè, mantenere un’erezione e avere un orgasmo quando indicato. Si trattava solo di una serie di fotografie accompagnata da cinque o dieci minuti di video, e anche se di solito mi sento a mio agio a mostrarmi davanti alla cinepresa, la situazione mi rese nervosa e scomoda. Man mano che la cosa avanzava, dovevo allontanarmi sempre di più dalla mia zona di comfort. Dopo un’ora e mezzo di lavoro massacrante e un sacco di foto e pose francamente scomode, il mio compito consisteva nel masturbarmi fino a raggiungere l’orgasmo. Passati cinque minuti, il fotografo si avvicinò e mi disse con tono irritato: “Beh, vieni definitivamente?”. Come potete immaginare, con questo tipo di pressione l’unica cosa che si raggiunge è rendere le cose ancora più difficili. Soprattutto se non potevo fare quello che faccio normalmente perché un produttore nel suo ufficio aveva deciso che ciò non era sexy.
Alla fine ci riuscì ma finì atterrita. Tremavo talmente tanto che dovetti chiedere alla mia amante di portarmi a casa in macchina. Sicuramente avrei potuto trovare una maniera di dissociarmi e recitare come se fossi un’altra persona se fosse stato necessario, ma non ci riuscii per la mia incapacità di eiaculare. Si tratta di una cosa abbastanza comune tra noi; in effetti, la capacità di eiaculare è così frequente (o rara) sia per le donne cisessuali che per le donne trans. In qualunque caso, da ShemaleYum.com (e l’altro sito web per cui ho lavorato in seguito) insistettero: non è una scena se non c’è liquido seminale.cis
Entrambe le volte li avvisai che il mio corpo non funzionava così, e mi risposero che questo non era un problema. Ma apparentemente, in realtà si aspettavano che io riuscissi a eiaculare in un momento preciso.
Quando mi diedero una seconda opportunità, la mia performance andò molto meglio. Siccome già sapevo quello che mi aspettava, ebbi l’occasione di rilassarmi e di lasciarmi prendere dal mio lato più esibizionista e mi divertii immaginando quanto stessi facendo eccitare il mio pubblico. Ebbi un orgasmo incredibile che durò quindici o venti secondi, qualcosa di eccezionale e che sono riuscita a registrare in video pochissime volte da allora. Ma quando ero ancora in piena trance, contorcendomi perdutamente di piacere, il cameraman fermò la registrazione e mi chiese se avessi potuto simulare un’eiaculazione, spargendomi lubrificante sulla pancia. Rimasi così allibita da non riuscire neanche ad arrabbiarmi. Stavo dando loro oro puro e il tipo neanche lo registrò perché uno schizzo di fluido sopra il mio stomaco era più importante di un orgasmo reale.

Dopo tutto ciò la produttrice non volle più che venissi filmata da sola. Se avessi voluto tornare a girare, avrei dovuto trovare qualcuno che eiaculasse per condividere la scena con me. Ne parlai con una compagna che rispettava questa condizione e che era disposta a partecipare, ma i produttori pensavano che il suo stile fosse troppo grezzo. Supponemmo che non la considerassero sufficientemente femminile, magra o attraente. Alla fine smisero di rispondere alle mie mail. Salvo rare eccezioni, le donne trans non vengono mai contrattate in nessun tipo di porno convenzionale (gonzo, ragazza con ragazza o lesbo, tette grandi, bionde, ecc). Appariamo solamente nel sottogenere tranny/shemale: dei termini peggiorativi con i quali l’industria commercializza il porno in cui appaiono donne trans. Questo implica non solo che etichettino la tua immagine con parole offensive, ma anche che i produttori di porno shemale si aspettino che le loro attrici seguano una serie di schemi molto concreti. Per esempio che siano truccate e che portino i tacchi, che siano depilate, che sfoggino un aspetto tradizionalmente femminile, che abbiano e mantengano un’erezione forte, che eiaculino e che penetrino qualcuno con i propri genitali o che siano penetrate. Con tutte queste aspettative da parte dei produttori e dei consumatori di porno shemale, non c’è spazio per qualcuno come me, che porta i capelli corti e le gambe non depilate, che veste con gilet e cappellino, utilizza un’imbracatura per fare sesso e non si concentra sui genitali.

Quando viene chiesto alle produttrici di porno mainstream di cambiare i propri schemi, hanno paura di perdere un pubblico che è addestrato a stimolarsi e a reagire a questi cliché. Ma in questo modo sacrificano l’autentico a favore del convenzionale. Il lavoro sessuale mainstream suole richiedere che i/le lavoratori/lavoratrici si adeguino ai desideri di un’altra persona invece di esprimere i propri. Io pensavo che doveva esserci una strada migliore. Deve esistere un pubblico che preferisce la diversità invece delle scene fatte in serie, il piacere invece dei fluidi e l’autenticità invece della facciata: deve esistere perché questo è il tipo di porno che i miei amici, le mie amiche ed io vogliamo vedere. Eravamo un mercato non esplorato, e anche se ciò significava che a malapena avremmo avuto competizione in questo campo, implicava anche non poter contare su molti appoggi. L’industria mainstream non ha voluto muoversi dalla sua formula perché ciò implicherebbe raggiungere un gruppo di consumatori e consumatrici completamente nuovo, persone che probabilmente non si avvicinerebbero ai DVD di un sexy shop in condizioni normali. Ho conosciuto un sacco di gente desiderosa di esplorare la propria sessualità per mezzo della pornografia, ma hanno desistito quando si sono rese conto di non trovare ciò che era di loro gradimento tra tutto il porno disponibile.

Il porno queer e femminista genera spazi per un’autentica rappresentazione sessuale. Ha fatto un buon lavoro per rappresentare la sessualità delle donne cisessuali; io volevo vedere un porno che facesse lo stesso, ma con le donne transessuali. Conoscevo tre o quattro film fatti da uomini transessuali, e avevo visto di tanto in tanto qualche uomo trans recitare in film di donne cisessuali transfemministe. Davvero nessuno aveva mai realizzato un porno eccitante, femminista e incentrato sulle donne trans? Trovai solo due esempi di donne transessuali nell’ambito della produzione di porno femminista: Jenny Mutation, che appare per due minuti in Dominatrix Waitrix (2005) e Julie, che realizzò una scena per The Crash Pad Series nel 2007 con la quale vinse il Premio del Porno Femminista 2009 per la Scena Trans Più Tentatrice.
D’altra parte, però, la maggioranza della gente con la quale ho parlato che ha visto le due scene in questione, dava per scontato che si trattasse di donne cisessuali. In entrambe le produzioni non si menzionava adeguatamente l’inclusione di donne trans.

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Voglio sottolineare che il fatto che le due fossero identificate come cisessuali non toglie loro il merito di essere state le prime donne trans nel porno queer. Ogni persona trans ha degli obiettivi differenti, e concretamente c’è gente transessuale che desidera vedere completamente riconosciuto il suo genere senza che sia evidente la sua transessualità. Entrambe le scene sono buoni esempi di questo tipo di validazione. Ciò nonostante volevo maggiore diversità nella rappresentazione, più visibilità e scene che spiccassero per l’inclusione di donne trans. Da allora ci sono stati passi avanti. The Crash Pad Series è un chiaro esempio. Mentre scrivo queste linee ci sono già cinque donne trans che partecipano a questa serie. Anche se questo suppone un miglioramento, la cifra continua ad essere inferiore al numero di uomini trans e genderqueer (persone che non si identificano come uomini o donne o che mantengono un posizionamento politico critico con il binarismo di genere), AMAN [Asignadas Mujer Al Nacer] che partecipano nella stessa serie. Questa proporzione si mantiene o addirittura peggiora nel resto del porno queer. Tutt’oggi continuo a trovare gente che ha la percezione che in The Crash Pad Series non ci sia nessuna donna trans. Questa mancanza di rappresentazione generalizzata non deve sorprendere già che il porno femminista e queer nasce all’interno della comunità di donne transfemminista, dove gli uomini trans sono molto visibili ma non quanto le donne trans. Questo è dovuto all’intersezione tra transofobia e misoginia, chiamata transmisoginia. Storicamente le donne trans sono state escluse ed espulse in maniera sistematica dagli spazi non misti mentre gli uomini trans venivano accettati. La società in generale esalta la mascolinità e questa mentalità penetra addirittura negli spazi transfemministi, dove i ragazzi trans si percepiscono come attraenti e desiderabili.

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La logica transfobica vede gli uomini trans come versioni soavi e simpatiche dei “veri uomini”. Di conseguenza, vengono dipinti come esseri esotici ed espropriati della propria identità. Al contempo le donne trans sono percepite come uomini e pertanto come una minaccia.
Ad ogni modo, neanche a noi si pensa troppo. Il risultato di tutto ciò è che gli uomini trans sono molto più presenti nelle comunità transfemministe rispetto alle donne trans. Questo porta ad un numero consistente di uomini trans all’interno del porno queer e femminista e a molte poche donne trans.
Questa sproporzione si nota facilmente nel porno orientato al pubblico pansessuale, però richiama ancora di più l’attenzione quando anche nel porno orientato alle lesbiche appaiono più uomini che donne trans. Per questo motivo questo articolo non parla di inclusione trans in generale, ma in modo specifico dell’inclusione di donne trans.

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Io sapevo che non avrei potuto fare porno mainstream incentrato su donne trans e, malgrado la scarsa rappresentazione di queste ultime nel porno femminista e queer, presi come punto di riferimento produttrici di questo genere perché avevano avuto successo nel rielaborare il porno per donne lesbiche e bisessuali. Il porno lesbico convenzionale suole essere pieno di luoghi comuni eterosessisti. Per esempio, fare del sesso orale con la testa distante dalla vagina e la lingua totalmente distesa, dando la priorità all’angolazione della cinepresa rispetto al piacere dell’attività, le ridicole unghie finte, così lunghe che impediscono di masturbarsi bene. O i vestiti, il trucco e le pettinature, impostati per attrarre uomini eterosessuali. Le spettatrici che non sono eterosessuali hanno di solito ben chiaro che nessuna delle ragazze di questo tipo di porno lesbico assomigliano alle donne che vedono nella loro comunità, nei bar che frequentano o semplicemente alle donne da cui sono attratte. In risposta a questa situazione, molte di queste donne passano decadi osando realizzare il loro proprio porno. La rappresentazione erronea del porno lesbico che i/le pornograf* queer criticano ha molto a che vedere con la discrepanza tra il porno tranny/shemale e la sessualità reale delle donne trans. Spesso le donne trans non sono a loro agio con i propri genitali, e ciò nonostante il suddetto porno mainstream si focalizza su cazzi grandi e duri, fino al punto in cui è abituale che le donne trans lo trovino inquietante. In risposta a questa disforia genitale, le donne trans hanno costruito un amplio repertorio di attività sessuali creative: tribadismo, stimolazione del perineo, giochi di sensazioni non genitali, uso di imbracature, penetrazione dei canali inguinali (le zone del corpo da dove scendono i testicoli, che si possono penetrare con un dito o un oggetto simile invertendo il tessuto scrotale/labiale dell’intorno) tra le altre pratiche.

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Il porno mainstream è incentrato quasi esclusivamente sul fare sesso e sul sesso orale. Seguendo i passi delle mie sorelle lesbiche cisessuali pro-sex, quando voglio fare qualcosa che sia ben fatto, lo faccio da sola. Fatta eccezione per una lezione di cinema al liceo, non avevo nessuna esperienza con il video.

Ho affrontato il progetto come un’organizzatrice. Pensai a ciò che mi serviva, a come ottenerlo e contai sulle capacità e l’esperienza di varie amiche. Lanciai il primo casting e ricevetti molti feedback positivi da gente entusiasta, oltre a una dozzina di attrici da tutto il Nord America. Questa risposta così elettrizzata lasciava chiara la necessità che c’era di un progetto come questo. Molte persone desideravano aiutare dietro la cinepresa ed ebbi la fortuna di contare su un’amica della scuola di cinema disposta a prestarmi la sua strumentazione e a risolvere i dubbi che via via avevo. Il progetto non sarebbe stato possibile senza l’appoggio di persone molto preparate e con voglia di lavorare molto al di sotto delle tariffe standard dell’industria e con altre con voglia di aiutare gratis in maniera puntuale. Ironicamente, la discriminazione lavorativa bestiale che soffrivamo significava che avrei potuto incontrare altre donne trans con un sacco di tempo disponibile disposte ad aiutarmi perché disoccupate o con lavori molto precari, temporali o a giornata parziale. Era un’allegria contare su una squadra di produzione formata per la maggioranza da donne transessuali e completata da altre persone trans e genderqueer. Sfortunatamente, lavorare con persone emarginate aveva i suoi inconvenienti. A causa di varie crisi, come povertà, mancanza di una casa, depressione e problemi con la polizia, le mie due prime addette al montaggio furono costrette ad abbandonare il progetto.

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Per fortuna avevo copie di sicurezza perché non riuscì a recuperare il materiale prodotto dalla seconda addetta al montaggio. La prima scena che girammo fu con me e Gina deVries. Dopo aver filmato, Gina mi suggerì di provare a recitare in The Crash Pad Series. Mi lusingò ma mi sentivo ancora un po’ timida. Ci sono molte questioni relazionate con l’esclusione delle donne trans in spazi non misti, specialmente quando c’è del sesso di mezzo. Esiste una forte tradizione di pensatrici femministe che si oppone al rispetto o al riconoscimento dei diritti legali delle donne transessuali, come Adrienne Rich, Mary Daly, Janice Raymond, Germaine Greer, Julie Bindel o Sheila Jeffreys. Con la paura che gli uomini si stiano infiltrando negli spazi di donne, e alcune addirittura comparando la mera presenza di donne trans nelle comunità di donne con lo stupro, le barriere possono essere enormi quando una donna transessuale vuole avvicinarsi ad uno spazio di donne.
Anche se sapevo che Julie (da non confondere con Bindel, citata nel paragrafo precedente) aveva recitato precedentemente con The Crash Pad, una parte di me sospettava che fosse stata inclusa in quella occasione per il suo stato genitale di post operata e per la sua abilità di passare per cisessuale, e non per una decisione di coinvolgere una qualsiasi donna trans. Scoprì poi che la coordinatrice del casting era realmente intenzionata ad avere più donne trans. In due mesi le mie paure sparirono: feci la mia prima scena. Mi convertì nella seconda donna transessuale in The Crash Pad Series e fui la prima ad avere la mia particolare configurazione genitale. Si trattava di una presentazione stupenda di fronte alla comunità del porno queer. Non solo dirigeva la scena Shine Louis Houston, la testa pensante di Pink and White Productions, ma la fortuna volle che Courtney Trouble, che creò NoFauxxx.com, si incaricasse della fotografia. Ritrovarsi all’improvviso a lavorare con due delle maggiori figure dell’industria sottolineava quanto siano piccole ed interconnesse le comunità del porno femminista e queer e che io stavo convertendomi in parte di esso. L’anno seguente assistetti per la prima volta ai Premi del Porno Femminista. Mi diedero l’opportunità di presentare un’anticipazione di ‘Doing It Ourselves’. Fu un’esperienza sbalorditiva che mi aprì gli occhi. Ricevere approvazione per il mio lavoro specialmente da parte di donne cisessuali preoccupate per la mancanza di donne transessuali nella propria comunità e di rappresentazione di donne trans nel porno queer fu favoloso. Mi chiesi: se tante gente nel pornoqueer si preoccupa di includere le donne trans, perché tutto questo non stava accadendo più di una o due volte? Una risposta che trovai fu che in qualunque produzione la priorità è terminare in tempo il progetto, più di ogni altra cosa. Altre produttrici queer si preoccupavano per la questione, pero nessuna l’aveva resa la sua principale priorità. Oltretutto, è una reazione naturale per qualunque comunità sottorappresentata avere un’attitudine ipercritica verso qualunque piccola partecipazione che ci sia, per il suo potente impatto. Sono abbastanza cosciente di questo quando mi metto a criticare il mio lavoro e quello degli/delle altr*, ma credo che tuttavia sia importante muovere queste critiche. Mi misi a realizzare il mio film come risposta alla critica riguardo a come le donne trans sono state rappresentate dal porno mainstream/shemale e alla mancanza di rappresentazione nel porno queer. Con l’approccio critico posto a proposito della rappresentatività, ho passato molto tempo pensando al casting.

Ricevetti pochissime sollecitudini di gente che già aveva in mente compagn* per la sua scena, e varie da candidate geograficamente disperse che aspettavano che fossi io a formare le coppie. Le mie opzioni erano limitate. Mi vennero in mente una dozzina di categorie demografiche sottorappresentate che avrei voluto inserire nel casting. Volevo almeno un uomo trans, una dona cisessuale e un ventaglio di donne transessuali con differenti esperienze chirurgiche, corporali e sessuali. Volevo anche includere persone di differente etnia e di un amplia diversità corporale. Ovviamente, fare tutto questo contemporaneamente era un problema, specialmente considerando che non avevo spazio per un reparto che superasse le otto persone. Persone come me sarebbero state integrate allo stesso tempo in varie di queste categorie, ma mi resi conto immediatamente che un semplice film non avrebbe potuto soddisfare tutto quello che avrei voluto vedere.

Risolvere la problematica di una rappresentazione responsabile richiede tempo, pianificazione ed energia. Il problema centrale della rappresentatività nel porno queer sembrava essere la disponibilità e le risorse ridotte. Io non posso mantenere il ritmo di un film all’anno e i siti web che aggiungono contenuti con regolarità hanno un budget limitato ad un numero specifico di scene all’anno, spesso con ritardi nella lista di attesa degli interpreti. Nonostante lo sforzo, non è sufficiente per rappresentare tutta la gente che vogliamo. Questi fattori contribuiscono alla mancanza di rappresentatività delle donne trans nel porno queer, ma non spiegano quanto sia severa.

identità sessuale

Non mi aspetto che ogni DVD che c’è nello scaffale di porno queer di una sex shop femminista includa le donne trans, ma la verità è che pochissimi DVD lo fanno. E quelli che lo fanno usano includere tra il doppio e il triplo di uomini nella propria sezione. C’è già sufficiente transmisoginia all’interno delle nostre comunità in generale perché le donne trans interessate a recitare accettino di non essere le benvenute, specialmente se percepiscono che questa rappresentazione limitata è intenzionale. Questa sottorappresentazione può indicare ostilità, quindi in numerose occasioni ho detto a donne trans interessate a fare porno che in The Crash Pad Series e NoFauxxx.com sarebbero le benvenute.

Avere una politica inclusiva è geniale, ma non sarà efficace se non si pubblicizza. A meno che si dichiari in maniera esplicita (e non semplicemente a caratteri microscopici) non è esagerato che le potenziali modelle o consumatrici si chiedano se le donne trans siano veramente le benvenute e se vengano trattate allo stesso modo. È come la metafora del tapis roulant: se rimani ferm* rimarrai indietro con l’oppressione, Hai bisogno di metterti a camminare per non rimanere indietro e dovrai correre se quello che vuoi è cambiare le cose. Un altro motivo per la sottorappresentazione è che i casting dipendono in gran parte dalle connessioni personali. Come regista, è una tentazione dare la parte a qualcuno di cui già conosci le abilità, il talento e la professionalità. Qualcuno che non conosci potrebbe entrare in collisione con il resto del reparto, avere delle aspettative diverse a proposito del suo lavoro o semplicemente avere un carattere difficile. Senza una buona referenza è sempre rischioso contrattare qualcuno che non conosci. Credo che nessuno contratti unicamente gente che conosce personalmente, ma conoscere la direttrice del casting dà a chiunque un vantaggio enorme. Comprendendo questa dinamica ho cercato donne trans che vogliono entrare nel porno queer e le ho conosciute via via in modo da poterle segnalare ad altr* regist* che conosco. Se dirigi porno ci sono molte cose che puoi fare per combattere questo tipo di problemi. Invia annunci di casting a comunità e spazi pro trans, fai uno sforzo extra per incoraggiare le attrici trans, chiedi a donne transessuali di parlare del tuo progetto alle proprie amiche, datti da fare per includere qualche donna trans in ogni film (o in ogni stagione, o annualmente..) o fai pubblicità delle attrici trans che hai già coinvolto. Quando terminai ‘Doing It eOurselves’ e qusta volta vide la luce, ricevetti varie lettere di fans. Alcune parlavano di come avevo aiutato alcune donne a rielaborare le loro esperienze sessuali. Altre erano semplicemente felici per aver avuto la prima opportunità di vedere qualcuno come loro stesse, rappresentate in forma sessualmente positiva. Una fan scriveva:

Ho fatto porno mainstream e francamente lo trovo schifoso e offensivo. Penso definitivamente che stai facendo qualcosa di impressionante e che sei una delle persone che mi ispirano a fare un porno del quale non mi vergogni e che sia realmente eccitante

Queste sono le risposte che stavo aspettando e che mi portano a continuare a fare questo lavoro. Per riassumere: voglio fare un porno che ispiri la gente. Le donne trans hanno ancora davanti a loro grandi barriere al momento di entrare nel porno femminista e queer, ma il lavoro per rendere questa inclusione realtà si sta finalmente iniziando a fare.

Dodici anni dopo il primo film porno realizzato da uomini trans che reclamavano il proprio spazio erotico e pornografico, alla fine c’è una fascia che fa lo stesso per le donne trans. Poco a poco esistono sempre più film porno femministi e queer che includono donne transessuali. Molti non danno maggior importanza al fatto, creando da un lato un impatto positivo in termini di riconoscere il genere di ogni persona trans, ma allo stesso tempo un effetto secondario infelice nel non fare pubblicità a proposito dell’inclusione di queste donne. Comunque, ci sono situazioni nelle quali il coinvolgimento di donne trans è celebrato. Durante i Premi del Porno Femminista del 2011, il premio alla Rubacuori dell’Anno andò nelle mani di una donna transessuale. Solo negli ultimi due anni un totale di cinque gruppi di donne trans interessate nel realizzare il loro proprio porno mi hanno contattata.

C’è ancora molto lavoro da fare e necessiteremo di tutto l’aiuto che possiamo avere.
In qualunque caso, viviamo un’epoca emozionante e sono ansiosa di vedere ciò che succederà.

Tutte le immagini sono state realizzate da Magenta