Credete ancora che i bianchi non abbiano privilegi? Queste 6 lezioni vi toglieranno ogni dubbio

foto kavsdi Kavs

Antisessista fino al midollo, ironica abbestia e attivista per i diritti LGBTQIA
e per i diritti di autodeterminazione di tutti e tutte.

Adora scrivere poesie per le sentinelle in piedi e per gli obiettori di coscienza.

Una traduzione da:

Still Think White Privilege Isn’t Real? These 6 Lessons Will Erase All Doubt

di Leah R. Kayo

 

Il concetto del privilegio bianco si presentò nella mia vita molto prima che potessi riconoscerlo, cosa che accade a molti di noi.
Tutti noi traiamo vantaggio (o svantaggio) dal colore della pelle con cui nasciamo. Poi alcuni, prima di altri, si rendono conto che c’è qualcosa diverso, che qualcosa ci distingue.

Quando si è piccoli non è facile cogliere questo punto. Ci sono le parole, i pensieri, gli sguardi, gli atteggiamenti, ma le nostre menti ingenue si stanno ancora formando e non riusciamo ad afferrare il significato di certe cose. Poi con il tempo, ripensandoci, tutto diventa ovvio. Le parole che abbiamo origliato, i fatti cui abbiamo assistito, il dolore vissuto: tutto comincia ad avere senso quando la nostra percezione del pregiudizio diventa più nitida.
E quella è stata la mia esperienza.

Vedete, io sono bianca. Sono bianca secondo l’opinione sociale, anche se sono bianca per metà: mio padre era un bianco, mia madre era nativa americana.
Alla fine il mio aspetto conta più di ciò che penso, e a causa del mio aspetto (bianca appunto) dispongo di certi privilegi senza avere alcuna voce in capitolo a riguardo. Una volta realizzato tutto questo, ho iniziato a capire. 

101417603-white-privilege-1                                      Lezione #1: il privilegio bianco ti responsabilizza.

Mia madre fu uccisa a colpi di pistola davanti a me. Avevo tre anni. L’unica cosa che potevo fare era guardare con orrore mio fratello, cinque anni all’epoca, che le cullava la testa supplicandola di non morire. Morì comunque. Guardai l’aggressore e quando mi accorsi che era mio padre la mia mente si annebbiò.
All’epoca non avevo capito l’insulto che aveva detto: “La pellerossa se la tirava un po’ troppo”.
Più tardi venni a sapere che il suo corpo fu rimosso e gettato da qualche parte, nessuno si era accorto di niente.
In seguito mio fratello e mia sorella furono accoltellati con l’unica colpa di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato… e del colore sbagliato. Io invece fui risparmiata: “Non lei. La meticcia è bianca”.
Anche i loro corpi furono gettati da qualche parte, e anche se erano dei bambini, nessuno se ne accorse.
Nessuno mi chiese dove fossero finiti, nessuno fece più i loro nomi, come se non fossero mai esistiti.
All’età di sette anni mi resi conto che ero bianca e che ciò mi rendeva diversa, mi rendeva difficile da eliminare, mi permetteva di sopravvivere. Mi sentivo in colpa.

Lezione #2: il privilegio bianco ti garantisce (più) sicurezza.

Iniziai a rendermi conto di ciò che mi rendeva diversa. Ero pur sempre povera, una bambina del ghetto come tutti i miei amici, ma comunque diversa. Nessuno mi seguiva al centro commerciale come invece accadeva alla mia migliore amica (di colore).
Anche se venivo dal ghetto, l’eventuale donna bianca non stringeva a sé la borsetta affrettando il passo se mi avvicinavo a lei. Però affrettava il passo se la mia amica nera le passava accanto per la strada. La cosa buffa è che invece avrebbe dovuto avere paura di me, non della mia amica.
Ho passato diverse ore della mia vita ad ascoltare il ronzìo delle famiglie bianche, che affermavano di essere migliori: dopotutto erano sì, povere, ma comunque bianche.
In seguito anche a scuola le cose per me erano diverse. Una volta lanciai un coltello ad un ragazzo che mi aveva fatto lo sgambetto in corridoio. Fui accompagnata in presidenza da due robusti insegnanti. Sapevo che sarei stata espulsa. Infatti la settimana precedente un’altra ragazzina era stata espulsa per aver fatto a botte.
Entrata nell’ufficio, il preside mi sorrise. “Ti sei di nuovo cacciata nei guai eh?
Non era la prima volta che mi trovavo lì.
“Credo di sì.”
“Adesso vai casa. Lascerai lì il coltello e tornerai lunedì. Hai capito?” Annuii scioccata.
Anni dopo, ripensando a questa storia, mi resi conto che tutto ciò dipendeva dal mio aspetto, dall’essere bianca.

Lezione #3: il privilegio bianco implica automaticamente che hai potenziale.

Man mano che crescevo la mia consapevolezza si rafforzava. Ho subìto i pregiudizi e sentito il dolore dell’oppressione per la povertà che avevo vissuto, poiché provenivo da quartiere povero, quartiere in cui negli “affari di famiglia” circolavano armi e droga.
Capii che non volevo ereditare quegli affari di famiglia, e che la mia unica via d’uscita sarebbe stata l’istruzione. Quando ero ancora alle superiori mi rivolsi a un’insegnante e a un consulente studentesco, entrambe donne bianche. Mi capirono, compresero il mio desiderio di ricevere un’istruzione approfondita e fecero tutto il possibile per aiutarmi. Mi dissero quali lezioni avrei dovuto frequentare, accompagnandomi da insegnanti che avevano a cuore questo progetto più di altri. Mi aiutarono a capire come orientarmi verso la carriera che avrei voluto intraprendere, quali college avrei dovuto frequentare, mi consigliarono le borse di studio per cui fare domanda. Seguii i loro consigli. Inoltre fornii alla mia compagna di classe tutte le informazioni necessarie. La sua famiglia non parlava inglese. Non so se lei e la sua famiglia fossero americani o meno. So che non aveva la tessera della biblioteca (la maggior parte delle risorse cui potevamo accedere erano in biblioteca nella sezione di consultazione di microfilm – molto prima dell’avvento dei computer). Ora che ci ripenso, forse non poteva averla. Non aveva nessuno che la aiutasse. Io avevo ottenuto il supporto per superare gli ostacoli. Nessuno si impegnò per lei.

Lezione #4: col privilegio bianco hai più accessi.

Entrai al college, abbandonando e ricominciando più volte, in bilico tra il mio passato e ciò che volevo diventare. Durante uno dei periodi in cui avevo abbandonato il college, sposai il mio spacciatore (all’epoca imagessembrava una buona idea) ed ebbi due bambini che divennero la motivazione per cambiare veramente la mia vita. Lasciai il mio partner violento, mi ripulii – ovvero smisi con l’uso di alcool e droghe – mi  rivolsi ai servizi sociali e tornai al college. In quell’ufficio dei servizi sociali vidi una miriade di differenze. Come madre single bianca che aveva iniziato il college, ottenni tutti i benefici inclusi gli assegni familiari e la borsa di studio per il costo dei libri e dei trasporti. Cose che furono veramente significative per la mia carriera al college.
Una vicina di casa, anche lei madre single, mi invitò a cena. Stavamo parlando dei benefici. Quando accennai ai miei assegni familiari mi interruppe bruscamente:
“Come?”
“Come cosa?”
“Come hai ottenuto gli assegni familiari?”
“Ho detto al mio assistente sociale che ne avevo bisogno per il college.”
“E te li hanno dati?”
“Sì. Perché?”
“Io non posso averli.”
“Ma li hai richiesti?” – chiesi.
“Certo che li ho richiesti!” – rispose lei.
“E che hanno detto?”
“Mi hanno detto che non posso averli.”
“E ti hanno detto perché?”
“No.”
Continuammo a parlarne e mi disse che voleva entrare al college, che aveva bisogno di aiuti extra dall’assistenza sociale per gli assegni familiari. L’assistente sociale, senza mezzi termini, non aveva accolto la richiesta. Nessuna spiegazione o riconsiderazione.
Avevo accennato al fatto che fosse una madre single nera?
Venni a sapere che nessuno dei miei amici e conoscenti di colore beneficiavano degli assegni familiari, o ne erano idonei. Molti di loro li avevano richiesti, molti altri avevano lasciato perdere.
Perfino disintossicarmi e smettere di assumere alcool e droghe era ritenuto più facile per me che per una donna di colore. Mi era stato detto che statisticamente io avevo più probabilità di rimanere pulita rispetto ad un’altra donna nera. Non vidi quelle statistiche, ma l’assistente sociale bianca che mi riferì questa cosa ne era convinta. Se tali studi sono veri mi domando se abbiano preso in considerazione le variabili di razzismo e classismo istituzionalizzati, e la probabilità che la disponibilità delle risorse sia basi anche sul colore della pelle.
Grazie agli aiuti che avevo ricevuto, sono riuscita a finire il college sobria e disintossicata, a trovare un lavoro al di fuori della situazione di povertà in cui ero cresciuta e a dare ai miei figli una vita diversa.

Lezione #5: non c’è fine al privilegio bianco.

Anche al di fuori del conteso di povertà, il mio privilegio continua a sussistere.
Mi rendo conto di come vengo presa in considerazione, supportata, incoraggiata e autorizzata rispetto alle mie sorelle di colore. Non perché io sia più intelligente o migliore o chissà cosa, ma semplicemente perché sono “più bianca”. Mi rendo conto di come posso andare in giro a testa alta, guardare negli occhi i miei simili di sesso maschile, lottare talvolta contro la misoginia istituzionalizzata; ma non sono ostacolata dal razzismo istituzionalizzato. Attraverso la mia esperienza ho capito che, mentre ci vuole un solo privilegio per avere dei vantaggi, più obiettivi raggiungi e più l’effetto del privilegio è amplificato. Il mio primo privilegio di essere bianca, mi ha dato tutti i vantaggi di cui avevo bisogno per uscire dalla povertà cui ero legata.
Adesso il mio status sociale di classe media mi garantisce vantaggi continui che ampliano il mio successo.
Il mio privilegio non me lo sono guadagnato, non è che abbia fatto grandi cose per ottenerlo, non ho lavorato sodo, non ho corso rischi, né sono maturata, bensì è stato grazie alla mia pelle se ho avuto tante opportunità. C’erano tante donne di colore con la volontà di lavorare sodo, correre rischi, imparare e maturare, ma a loro non è mai stata fornita un’opportunità.
Quando sei bianco, o considerato bianco, allora è tutto diverso. Le regole cambiano.
Ci sono quartieri poveri “bianchi” e quartieri poveri “neri”. Ci sono le donne nere incazzate e le donne bianche sensibili. Personalmente non mi identifico, in termini interiori, come membro della comunità bianca, anche se il colore della mia pelle dichiara tutt’altro. Quindi non ho scelta. Sono privilegiata ed avvantaggiata per essere nata da padre bianco, anche se mi schiero dalla parte di mia madre, nativa americana.

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Lezione #6: Bianco = Privilegio = Responsabilità.

Quando mi vedete, prima pensate che sono bianca, e poi che sono donna.
Se vedete il prossimo estraneo cosa vedete? Chi vedete? Onestamente.
Entrate in una stanza con sei persone. Ci sono due donne bianche, una donna nera, due uomini neri e un uomo bianco.
Descrivereste la donna nera come “la terza persona da sinistra” o la descrivereste come “la donna nera”? Descrivereste l’uomo bianco come “il primo da destra” o come “il tizio bianco”?
Prima considerate il vostro privilegio. Non è né una maledizione né qualcosa di cui dovreste vergognarvi. È una realtà. La vostra realtà.
Quindi?
Con quel privilegio arrivano opportunità e responsabilità, non vergogna o colpe. È la vostra opportunità per l’alleanza. Essere un alleat*, schierarsi con supporto ed interesse, vuol dire anche essere disposti a riconoscere il proprio privilegio per ciò che è: le scelte, i diritti, i benefici, i vantaggi, i presupposti, e le prospettive, garantiti dall’appartenenza al gruppo culturalmente dominante.
Non l’avete richiesto, ma è vostro, ed è mio.
In quanto alleati, confrontiamo il nostro pregiudizio, le generalizzazioni, e in maniera diversa anche i comportamenti e i pensieri influenzati dalla società. Ci educhiamo a vicenda, ma non attraverso i memes di Facebook, o attraverso rappresentazioni emblematiche della comunità di colore, bensì attraverso il nostro rapporto, le nostre esperienze e le storie raccontate all’interno della nostra comunità e dai nostri figli.
E quando ci troveremo davanti ad una sconfitta, con domande alle quali non sappiamo rispondere e con orrori che non riusciamo a sopportare, ci impegneremo nel dialogo con i nostri amici, con i nostri colleghi, e con coloro che hanno effettuato o analizzato gli studi. Cerchiamo di capire affinché potremmo essere capiti. Tutti. E rispettati.
E’ così che si inizia un cambiamento: con rapporti basati sul rispetto, con studi veritieri, attraverso la scoperta di sé stessi, l’apertura mentale e l’esperienza.

Questa è la mia esperienza, vissuta col privilegio bianco. Vi invito a pensare attraverso la vostra.