Gravidanza queer nelle foto di Sophie Spinelle

La gravidanza è uno dei tanti momenti in cui il corpo delle donne è censurato, non rappresentato per quel che è, per quel che diventa, ma dipinto come il tempo del miracolo della natura, come l’impeccabile ( e ancora perfettamete attraente ) modello di maternità fatto dileggerezza, luci soffuse, sorrisi, parole tenui, culi e tette sodi.

Così è molto più  facile imbattersi in questa rappresentazione della gravidanza e quindi della meternità

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che non in questa

motherhoodAncor meno è frequente imbattersi nella rappresentazione delle gravidanze queer. Rimosse completamente dall’immaginario e quindi negate anche da molti come possibili.

Il progetto fotografico Modern Conception della fotografa Sophie Spinelle si ripropone invece proprio di esplorare maternità differenti, ritraendo la scrittrice queer Michelle Tea alle prese con la sua prima gravidanza.

Così ad esempio, nel fotografare Tea come una MadreNatura sul lettino del ginecologo, Spinelle sottolinea quella tensione tra i continui consigli a “partorire naturalmente” che si impartiscono alle donne e il modo in cui una donna queer può rimanere incinta solo grazie a inseminazioni artificiali, quindi grazie alla scienza ( e a un genoroso donatore ).

michelle teaLe procedure sono tante e spesso tanto dolorose, da far sembrare quasi un miracolo rimanere incinta, poter portare avanti una gravidanza

tea 2Spinelle ritrae con ironia e sguardo sereno una gravidanza queer ispirata a quella della sua amica Erin Dow e sua moglie Anita, che a sua volta racconta la sua esperienza cercando di dare visibilità a quello che da molti vorrebbe essere tenuto fuori dalla rappresentazioni, quindi fuori dal mondo reale.
Un mondo che invece prevede non solo che due donne possano procreare se lo desiderano, ma che può rappresentarle e raccontarle senza farne alterativamente un fenomeno da baraccone o una denuncia sociale. Può essere, una normale differenza.
Può essere felice, divertente, colorato.

Così anche la fame nera della gravidanza e la stanchezza fulminante di quei mesi si possono ritrarre come una leonessa affamata su una pila di hamburger ( senza riferirsi alle diete da gravidanza per non prendere “troppi chili” ) o come una bella diva platinata in un bikini rosso che non riesce ad alzarsi dal divano.

tea3tea4Erin, l’amica di Spinelle alla cui gravidanza è ispirato il progetto, confida

La gravidanza è stata il mio lieto fine? Solo in parte. Sono stata ammessa a una sorellanza a cui speravo di unirmi, una sorellanza di strani e segreti sintomi. Però la mia verità è questa: cercare di concepire per una donna queer sucks ( è tremendo ).
La gravidanza stessa per lo più è tremenda. E il parto fa davvero male. Ma c’è un vero lieto fine: le nostre figlie gemelle.
Sanno di essere state nella mia pancia, ma amano allo stesso modo la loro Mommy e Mama.

La gravidanza, poter concepire, non esaurisce di certo le richieste di donne queer. Basti pensare solo al fatto che non tutte le donne, queer o etero, vogliono figli e dovrebbero poter liberarsi della pressione sociale intorno alla maternità.
Il progetto di Spinelle però riesce a rappresentare le gravidanze queer con serena oggettività, senza retorica del Miracolo, senza che procreare diventi l’unico modo di emancipazione, anzi, lasciando spazio alla realtà unita al simbolo dell’ambientazione pop.