Un punto di vista femminista sulla crisi dei rifugiati e delle rifugiate in Europa

magenta                                                                                            Una traduzione di Magenta: artista, crede che il femminismo sia  necessario per tutt* e che il personale sia, ancora e ancora, politico.

 

 

 

 

Le disuguaglianze e i ruoli di genere intervengono nelle dinamiche precedenti, presenti e successive al transito: il reclutamento forzato, la violenza sessuale o la criminalizzazione colpiscono in modo diverso uomini e donne.

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La crisi dei rifugiati che si sta creando negli ultimi anni e che nel corso del 2015 e del 2016 ha raggiunto proporzioni crudeli, è un riflesso delle gravissime conseguenze che i conflitti armati e le crisi sociopolitiche hanno nelle vite delle persone, costringendo centinaia di milioni di esseri umani a fuggire dai propri paesi. Analizzare questa crisi dei diritti umani da un punto di vista di genere femminista ci dà la possibilità di dare visibilità ad alcuni elementi importanti per un approccio più completo e meno parziale.

Il primo di questi elementi è quello demografico. Anche se non esistono cifre che facciano distinzione in base al sesso per il totale delle persone dislocate in maniera forzata nel mondo, il dato certo è che negli ultimi anni si è prodotto un incremento significativo dei numeri, che permettono di segnalare che approssimativamente si tratta per metà di uomini e per metà di donne. Queste ultime rappresentavano a fine 2014 il 49% della popolazione rifugiata e il 52% di quella dislocata interna. Senza dubbio, nel contesto della crisi dei rifugiati che colpisce l’Europa, le cifre sono notevolmente differenti. Secondo alcune statistiche parziali fornite dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), delle 382.000 persone migranti e rifugiate che sono entrate in Macedonia tra giugno e dicembre 2015, per il 51,4% si trattava di uomini adulti, per il 16,9% di donne adulte e per il 29% di minori, senza che quest’ultima cifra fosse differenziata in base al sesso.

Diversi mezzi di comunicazione hanno segnalato, tuttavia, che la maggior parte dei minori che arrivano sulle coste europee, specialmente se non accompagnati, sono bambini. Secondo cifre fornite da L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, del totale delle persone arrivate in Europa attraversando il Mediterraneo tra gennaio 2015 e gennaio 2016, si è trattato per il 49% di uomini, per il 19% di donne e per il 31% di minori, senza specificare se si trattasse di bambini o bambine.

Pertanto, la demografia è un elemento importante e dovrebbe essere oggetto di un’attenzione più specifica. Da una parte rivela la necessità di un’analisi più approfondita dei motivi di questo squilibrio tra uomini e donne nella composizione della popolazione che arriva sulle coste europee fuggendo da guerra e povertà. Dall’altra parte, anche la stessa esperienza del processo di dislocamento e asilo deve essere affrontata da una prospettiva di genere.

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Per quanto riguarda le cause dello spostamento forzato, alcuni fattori che potrebbero spiegarlo farebbero riferimento agli impatti differenziati in base al genere dei conflitti armati, che fanno sì che gli uomini siano vittime del reclutamento forzato in maniera maggiore e anche che rappresentino la maggior parte delle vittime mortali dirette dei conflitti armati. Questi ultimi hanno una conseguenza distinta su uomini e donne e ciò è stato oggetto di un’approfondita considerazione da parte dell’indagine femminista che haanalizzato come il genere ha plasmato la genesi dei conflitti armati legittimando ideologie patriarcali che giustificano e sostengono la militarizzazione, fino a questioni più concrete come l’impatto delle guerre sulla salute delle donne o la violenza sessuale.

Nel caso dello spostamento forzato di uomini adulti, che come segnalato precedentemente sembrano costituire il principale gruppo demografico all’interno della popolazione rifugiata, potrebbe incrociarsi l’elevato impatto in termini di letalità che sta caratterizzando il conflitto siriano. Durante il 2015, per esempio, l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani ha documentato la morte di quasi 21.000 civili (con un totale di 55.000 deceduti a causa della guerra), di cui circa 9.000 erano uomini adulti e 2.000 donne adulte. La proporzione di uomini tra i combattenti deceduti è di gran lunga maggiore, considerato che la presenza di donne tra le file armate è molto ridotta.

Un altro fattore aggiunto sarebbe l’impatto delle politiche di reclutamento forzato. In Siria esiste una politica di coscrizione forzata per tutti i giovani di 18 anni. Questa situazione ha fatto sì che un elevato numero di giovani uomini si sia spostato verso zone che non sono sotto il controllo governativo ma ha anche portato, soprattutto con l’avanzamento e incremento di potere dell’insurrezione jihadista, a un incremento della quantità di uomini che fuggono dal paese. Nonostante il divieto per qualsiasi uomo tra i 18 e i 42 anni di abbandonare la Siria senza autorizzazione previa e le restrizioni imposte da paesi come Iraq e Giordania per l’accesso di uomini siriani nei loro territori, quello che è certo è che tantissimi siriani stanno attraversando le frontiere in maniera illegale e ricorrono alle reti di traffico di persone per raggiungere il territorio europeo, fuggendo dall’imposizione patriarcale che costringe gli uomini a impegnarsi con la partecipazione attiva al conflitto.

Nel caso delle donne, uno dei fattori che sta dietro al loro spostamento sarebbe l’impatto della violenza sessuale. Il rapporto del Segretario Generale dell’ONU sulla violenza sessuale nelle situazioni di guerra presentato a marzo 2015, informa che le donne fuggite dalla Siria alludono con frequenza al timore della violenza sessuale come uno dei fattori importanti che spiega la decisione di rifugiarsi. La violenza sessuale può essere utilizzata come strategia di guerra all’interno di un conflitto armato, perché permette di “pulire” un territorio garantendo che ciò che accade ostacoli la volontà di tornare della popolazione, come sostengono per esempio le ricerche di Elisabeth J. Wood. Dall’altra parte, sono tante le donne che raccontano di essere state vittime di violenza sessuale durante il viaggio che intraprendono per arrivare in Europa, o che si sono viste obbligate a ricorrere al sesso di transazione per poter affrontare gli elevati costi che comporta accedere in maniera illegale al territorio europeo.

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È importante analizzare da una prospettiva di genere non solo le cause dello spostamento forzato e le dinamiche che si producono durante il transito verso i paesi di asilo, ma anche ciò che accade una volta che chi fugge dalla guerra raggiunge l’Europa. Le donne affrontano difficoltà specifiche durante i processi di domanda di asilo, considerato che la violenza di genere non sempre è riconosciuta come motivo per garantire l’accesso a questo diritto fondamentale. Dall’altra parte, l’attenzione umanitaria che si rivolge ai rifugiati e alle rifugiate non sempre risponde a criteri di genere che tengano in considerazione aspetti specifici come per esempio l’attenzione alla salute sessuale e riproduttiva delle donne o la reazione di fronte alla violenza sessuale.

Per quel che riguarda gli uomini, specialmente per i giovani che viaggiano da soli, in alcuni casi vengono percepiti come una minaccia alla sicurezza, visto che corrispondono allo stereotipo di combattenti e terroristi, e non sempre si tiene in considerazione il fatto che in moltissimi casi questi giovani uomini fuggano per non dover prendere attivamente parte a pratiche di violenza. Questi stereotipi di genere in alcuni casi si sono mescolati ad altri pregiudizi razzisti relativi agli uomini musulmani, come nel caso delle aggressioni sessuali a Colonia. Ciò rivela l’importanza di realizzare analisi intersezionali che permettano di affrontare la complessità di ciò che accade, tenendo conto che la violenza sessuale risponde sempre a dinamiche di disuguaglianza e di abuso di potere tra uomini e donne.

Pertanto la crisi dei rifugiati che attraversa l’Europa si mostra come un fenomeno enormemente complesso che necessita di essere analizzato da una prospettiva di genere che riveli come le disparità tra uomini e donne, così come i ruoli di genere, hanno un evidente impatto sulle cause, dinamiche, conseguenze e risposte allo spostamento forzato della popolazione.

 

Articolo pubblicato su Pikara Magazine 21/03/2016, di María Villellas Ariño (ricercatrice della Escola de Cultura de Pau e attivista di WILPF (Women’s International League for Peace and Freedom).

Immagini prese su Pikara Magazine