Un fine settimana per i diritti: laico, antifascista, anticlericale e pluralista

Il fine settimana che si è appena concluso ha visto due eventi sociali nella città di Milano che hanno richiamato la nostra attenzione e anche la nostra partecipazione.

Sabato 11 aprile, ha sfilato per le strade del capoluogo lombardo il Corteo del Comitato “No 194” che ormai da anni cerca con pervicacia di sensibilizzare le persone affinché si raccolgano abbastanza firme per proporre un referendum abrogativo della Legge 194 che permette l’interruzione volontaria di gravidanza nel nostro Paese.

Non è una novità per noi che già avevamo partecipato negli anni scorsi a varie iniziative di contrasto nei loro confronti, tuttavia non ci siamo ancora stancate di far sentire la nostra voce, convinte che sia opportuno tenere alta la guardia nei confronti dei diritti conquistati con tanta fatica e che occorra dare un forte segnale di partecipazione anche da parte di quella fetta di popolazione che è contraria a manifestazioni oscurantiste come quella di sabato.

Qualche video della manifestazione:

https://www.youtube.com/watch?v=ynFTS17hQO0

http://video.repubblica.it/edizione/milano/milano-sfilano-i-no-194-contestazioni-in-centro/197477/196505

https://www.youtube.com/watch?v=8xdQhEu8LBg

Ricapitolando… chi sono, cosa vogliono e come agiscono quelli del Comitato “No194”?

Dal loro sito, apprendiamo che essi vogliono la totale abrogazione della legge e che, però (chissà come mai) temono che la Consulta bocci il loro quesito referendario, esso dovrà, perciò, essere accompagnato da quesiti su specifici articoli della legge.

Vediamo quali sono:

L’art. 4

Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.

Banalizzato e riassunto da loro con un: “permette alle donne di ricorre all’aborto nei primi novanta giorni anche solo per mere ragioni morali, economiche o sociali”.

L’art. 5

Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.

Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie.

Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza.

Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza.

Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell’incontro il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze di cui all’articolo 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.

Che a loro proprio non piace perché permette alla donna di decidere in autonomia dell’interruzione volontaria di gravidanza, visto che la valutazione con il padre del concepito è prevista solo “ove la donna lo consenta”.

Insomma, questi del Comitato che si dicono tanto amanti della Vita (con la V maiuscola, come lo scrivono loro) hanno in odio soprattutto gli articoli della legge che consentono solo alla donna la scelta e per i motivi che ella stessa valuta in autonomia.

Più che un amore per la vita, costoro sembrano portare avanti un odio per l’autonomia femminile che non riescono nemmeno tanto a mascherare.

E infatti, sabato, hanno anche marciato, incuranti e ottusi, insieme alle teste rasate di Forza Nuova, contenti, secondo la loro pagina FB, di essere insieme a chi “difende la vita”.

Mi domando come si possa affermare che chi si muove sotto la bandiera di Forza Nuova sia un “amante della vita”.

Di quale vita, mi domando? Di quella dei bambini bianchi e italiani?

Con quale coerenza ci si proclama “difensori della vita”, sfilando insieme a chi, meno di un secolo fa, quella stessa vita la infilava nei forni crematori e faceva esperimenti di eugenetica?

Per questo, il sospetto che abbiano più voglia di limitare la libertà delle donne che non di difendere davvero la vita, è assai fondato, anche perché cosa accadrebbe se venisse abrogata la legge 194?

Certo non cesserebbe quello che loro chiamano “genocidio dei bambini”.

Le donne abortirebbero lo stesso. Ma in modo clandestino, casalingo, affidandosi a “macellai” o farmaci reperiti in rete. Oppure compiendo viaggi in cliniche all’estero o pagando medici compiacenti che, a suon di centinaia di euro, metterebbero da parte l’obiezione di coscienza.

Perché questa gente non scende in corteo per sostenere il lavoro femminile? Perché non chiedono welfare, servizi, maggior coinvolgimento del padre (ma non nella scelta relativa alla gravidanza, mi riferisco al carico casalingo e famigliare che ricade sempre maggiormente sulle spalle femminili)?

E come agiscono allora, i membri del Comitato?

Ogni primo sabato dei mesi dispari pregano per nove ore di fila davanti a parecchi ospedali pubblici italiani, da loro definiti “ospedali della morte”, in cui si praticano interruzioni volontarie di gravidanza (l’invito a contestarli è sempre presente).

Usano oggetti macabri e morbosi, come croci insanguinate e alle quali incollano feti finti sporchi di rosso, o diffondendo immagini, foto e video che mostrano in sequenza, con musica martellante, pezzetti di bambini sanguinolenti della cui veridicità si fa fatica a credere. Descrivono, con dovizia di particolari, scenari dell’orrore nei quali, ripetono come un mantra, frasi come: “sei milioni di bambini abortiti significa che sei milioni di volte un medico è entrato in sei milioni di uteri di sei milioni di donne, estraendo sei milioni di bambini e ricomponendo sei milioni di volte i bambini come puzzle in una bacinella”. Pregano e mostrano croci a chi li contesta, gridando “Viva Maria e viva Gesù”. (Io non sono cattolica, ma penso che nascondersi dietro una croce, per dissimulare l’odio nei confronti delle donne sia tutt’altro che cristiano e che, ancora una volta, questo li squalifichi abbondantemente anche di fronte a chi è davvero un credente)

La nostra presenza, in Piazza Cordusio, insieme ad altre numerose persone, aveva proprio lo scopo di:

  • smascherare la loro ipocrisia

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  • riaffermare il valore della laicità dello stato (se per la chiesa cattolica l’aborto è un peccato, a noi, laiche e laici non importa). Lo Stato italiano deve portare avanti valori laici e non estendere a tutt* la legge della religione

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  • ribadire con forza che il corpo delle donne appartiene alle donne e che nessun altro può decidere al posto loro se portare avanti una gravidanza o meno, senza giudizi di alcun genere.

154525_642426609224606_3070553503249408027_nIl giorno successivo, domenica 12 aprile, Milano ha dovuto sopportare un altro tristissimo evento: le ormai conosciute Sentinelle in Piedi, che si sono date appuntamento alle ore 17.00 presso l’Arco della Pace.

Le Sentinelle in Piedi da quasi due anni invadono periodicamente le piazze italiane. Si danno appuntamento con dei libri e per un’ora stanno in piedi facendo finta di leggerli. Molto divertente.

Ma cosa vogliono davvero queste persone? Perché fanno finta di leggere libri (che comunque, sembra lecito immaginare, non sarebbero in grado di comprendere) in piedi, sotto il sole, la pioggia, il gelo, il vento? Quale urgenza interiore li spinge a ciò?

Nel loro sito si legge che sono persone che vegliano su quanto accade nella società denunciando ogni occasione in cui si cerca di distruggere l’uomo e la civiltà. Le Sentinelle vegliano nelle piazze per risvegliare le coscienze intorpidite e passive di fronte al pensiero unico.” Ah. Vedi, ecco cosa c’è dietro. L’umanesimo, il pluralismo.

“La nostra è una rete apartitica e aconfessionale perché la libertà d’espressione non ha religione o appartenenza politica, il nostro non è un movimento, non è un’associazione, bensì un metodo, uno stile, una forma di testimonianza che non può escludere nessuno perché riguarda la coscienza di ogni uomo e il desiderio di infinito che tutti – anche chi ci contesta – ha in fondo al cuore.” La trasversalità (niente bandiere partitiche), il desiderio di infinito in fondo al cuore (??), la non discriminazione (loro non escludono nessuno, ma che dolci), la libertà. Ah però, che aneliti nobili.

Peccato che poi, continuando nella lettura dei loro intenti, emergano le deliranti motivazioni dei loro raduni. Le Sentinelle “sono nate in difesa della libertà di espressione messa in discussione dal ddl Scalfarotto”, “per la tutela della famiglia naturale fondata sull’unione tra uomo e donna”, “noi non accettiamo di non poter esprimere le nostre opinioni, per questo vegliamo”.

Traduzione: Le Sentinelle in Piedi fanno finta di leggere libri in piedi per un’ora perché vogliono essere libere di discriminare e libere di odiare. Ovviamente, essendo questa la loro particolare concezione di libertà, hanno paura di leggi – come il Ddl Scalfarotto – che possano punire i c.d. crimini d’odio (hate crimes).

I crimini d’odio sono quei crimini, quelle violenze, perpetrate nei confronti di persone discriminate in base ad un’appartenenza – vera o presunta – ad un gruppo sociale, identificato sulla base della razza, dell’etnia, della religione, dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere o di particolari condizioni fisiche o psichiche. 

Rientrano tra i crimini d’odio anche i c.d. discorsi d’odio (hate speeches) – la grande paura delle Sentinelle – , ovvero le manifestazioni della parola di avversione ed intolleranza nei confronti di una persona o un gruppo sociale sulla base di alcune caratteristiche quali la razza, l’etnia, la religione, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche. 

Insomma, Le sentinelle propugnano la libertà di discriminare impunemente, travestendola da libertà di espressione. Purtroppo non è una novità. La libertà di espressione, così come i riferimenti a ciò che è “naturale”, da sempre sono stati usati nel corso della storia per coprire odio e discriminazione.

Allora, dinanzi a questi tentativi di legittimare l’odio senza pagarne le conseguenze, non rimane da fare che una cosa: far sentire la nostra voce.

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Ed è quello che hanno fatto le persone che domenica si sono ritrovate alle 16.30 all’Arco della Pace, per “salutare” le Sentinelle in Piedi. Una manifestazione organizzata dal collettivo femminista e Lgbt Le Lucciole e dalla Chiesa Pastafariana Italiana, che ha visto tantissime persone e tante associazioni difendere la libertà, quella vera, di essere se stess*, contro ogni fascismo e sessismo strisciante vestito da libertà di pensiero.

Eravamo tant*, bellissim*, colorat* e tutt* divers*. Eravamo bisessuali, omosessuali, eterosessuali, pansessuali, asessuali, uomini, donne, italian*, migranti, etc., Eravamo lo specchio della diversità del mondo. Loro erano poch*, erano trist* ed erano tutt* uguali. Il loro silenzio è stato rotto dalle nostre risate e dalle nostre rivendicazioni.

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Ieri, un ragazzo con cui stavo parlando, si poneva il dubbio se davvero abbia un senso il nostro contromanifestare. A fronte di poche e tristi persone, ha senso il nostro grande dispendio di energie? O forse così facendo, diamo loro maggiore visibilità di quella che in realtà avrebbero? Io penso che nonostante la tristezza che alberghi nei loro volti, nonostante siano in pochi in confronto a noi, siano comunque troppi. Finché ci sarà anche solo una persona con la convinzione che discriminare gli altri sia un diritto, che la donna non possa scegliere sul proprio corpo, sarà necessario scendere in piazza.

10312735_1431527013825381_2594260799222125373_nChiara ed Eleonora