Spose bambine: campagne virali e diritti negati

Ciao! Mi chiamo Thea, ho 12 anni e mi sposerò tra un mese.

Con queste parole Thea, dodicenne norvegese, apre il suo blog in cui racconterà i preparativi per il matrimonio con Geir, un uomo di 37 anni. Thea ci annuncia il suo matrimonio e ci racconta quello a cui dovrà rinunciare, come il sogno di diventare veterinaria. Tutto per lui, l’uomo tanto più grande di lei che l’ha chiesta in sposa.

Come vi fa sentire?

theaQuesto è quello che si sono chiesti gli ideatori di questa riuscitissima campagna: come si sentirà chi leggerà queste parole?

Male, a giudicare dalle dure reazioni di molti naviganti: rabbia, indignazione, scandalo.
L’hashtag #stopthewedding chiedeva in rete di bloccare questo matrimonio, numerose le personalità che si sono esposte per chiedere l’intervento dello Stato norvegese.
E allora ecco svelato ( per fortuna ) l’inganno: il blog è un falso, la notizia anche, una hoax, una bufala, ordita dal sito stoppbryllupet e dall’associazione Plan per attirare l’attenzione sul tema dei matrimoni precoci, in vista della Giornata Internazionale delle Bambine.

La campagna riesce ad agganciare il senso critico e lo spirito indignato degli utenti, a catturare l’attenzione di chi magari si sofferma solo sulle vicende più sensazionali, una bambina norvegese data in sposa a un uomo adulto, mentre non riserverebbe la stessa attenzione a un numero: 39.000 bambine che ogni giorno subiscono la sorte che per Thea era solo finzione.

Un fenomeno, quello delle spose bambine che investe soprattutto i Paesi cosiddetti in via di sviluppo: i dati Unicef parlano di circa 70 milioni di ragazze sposate in minore età, registrati per lo più in Asia meridionale ( 46%) e nell’Africa subsahariana, le aree dove non a caso sono maggiormente diffusi anche mortalità materna e infantile.

Una vera e propria violazione dei diritti umani, nonchè di quelli dei minori, sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

stopp

Un matrimonio precoce non ha solo implicazioni etico-morali ma ripercussioni gravissime sullo stato psicofisico delle bambine, nonchè sulla loro posizione nel mondo: al matrimonio in giovane età corrisponde la stragrande maggioranza delle volte l’abbandono scolastico e ovviamente una gravidanza precoce che mette ad alto rischio la salute della bambina, quanto quella del neonato.

Ogni giorno circa 20 mila ragazze sotto i 18 anni partoriscono, ossia 7,3 milioni all’anno.
Di queste circa 2 milioni hanno meno di 15 anni. Se si includono tutte le gravidanze, anche quelle che non arrivano al parto, il numero è molto più alto. Molte di loro però non arrivano al parto: il corpo di una bambina non è pronto ad affrontare lo sforzo della gravidanza. Così, ogni anno muoiono 70 mila adolescenti per complicanze e sono 3,2 milioni gli aborti.

Le radici culturali dei matrimoni precoci risiedono tra norme sociali arcaiche legate a doppio filo a pregiudizi e discriminazioni di genere, ma anche a strategie “di sussistenza” volte a liberarsi quanto prima del fardello di una figlia femmina, ostacolo per l’ economica familiare di molti Paesi soprattutto rurali.

Altro fenomeno simile e altrettanto diffuso è quello dei “matrimoni a tempo”, con bambine che cadono vittime di trafficanti di esseri umani. Conosciuti anche come “matrimoni di piacere”, si tratta di un fenomeno particolarmente esteso in Egitto dove è in rapida crescita dal 2011: nelle zone più povere del Paese, dove il salario medio è di 2 dollari al giorno, uomini facoltosi sposano per un periodo limitato delle bambine, il cui destino è gestito da simsar, mediatori, che spesso sono i padri delle stesse ragazzine.
Un matrimonio di qualche mese, forse un anno, in cambio di soldi, gioielli e forse un lavoro nel Golfo per i figli maschi del mediatore. Perchè la maggior parte dei futuri sposi a tempo sono sauditi, seguiti da emirati, kuwaitiani e giordani, che d’estate se ne vanno in Egitto in cerca di turismo sessuale, di una vera e propria compravendita di giovanissime donne.

Azza el-Ashmawy, direttrice dell’Unità Anti-Traffico Infantile al Consiglio Nazionale per l’Infanzia e la Maternità (NCCM) spiega che:

E’ una forma di prostituzione infantile camuffata da matrimonio. L’uomo paga per abusare del corpo della ragazza, o per portarla con sé al suo paese e farla lavorare come domestica o prostituta. Alcune ragazze si sposano fino a 60 volte prima della maggiore età.

Teoricamente il matrimonio precoce è stato bandito dall’Egitto nel 2010, ma il fenomeno è in ascesa e i numeri delle vittime purtroppo si ingigantiscono.

thea2In Occidente le gravidanze precoci sono legate non tanto a una coercizione sociale, quanto a una scarsissima educazione sessuale e a una totale assenza di cultura del sesso e dell’affettività. Negli USA il 6% dei parti è di baby mamme, ma anche in Italia il dato cresce e nel 2011 solo a Napoli sono state 600 le minori ad avere un figlio.

Nella ricorrenza della Giornata Internzionale delle Bambine vale la pena valutare quanto differenti siano i due fenomeni, ma tenendo in considerazione che hanno probabilmente radici molto più simili di quanto non sembri.

Tra i presupposti di questo blog, nel nostro Manifesto, abbiamo esternato la volontà di voler continuare a lottare contro la violenza sulle donne –in questo caso sulle violenze e sui soprusi sulle bambine–  ma di proporre e raccontare anche storie positive e quale occasione migliore per ricordare la storia di Malala Yousafzai

Proprio il giorno prima della Giornata Internazionale delle bambine, una grandiosa notizia ha fatto il giro del mondo: Malala, la giovane attivista pakistana conosciuta in tutto il mondo per il suo coraggio, ha vinto il Premio Nobel per la Pace.

malala La storia di Malala non è solo la straordinaria storia di una ragazza che a soli 17 anni diventa la vincitrice più giovane del prestigioso Premio: a soli 13 anni Malala apre un blog curato dalla BBC dove documenta la condizione delle donne sotto il regime dei talebani pakistani.

Malala si impegna coraggiosamente e lotta contro l’oscurantismo dei talebani a favore dei diritti delle donne e in particolar modo all’istruzione femminile nella devastata valle dello Swat, sotto controllo dai talebani.

Il 9 ottobre del 2012, esattamente due anni prima di essere nominata Premio Nobel per la pace, Malala, in un giorno come tanti mentre si recava a casa da scuola, viene  gravemente ferita alla testa e al collo da alcuni uomini armati.

Malala, in gravissime condizioni, viene immediatamente ricoverata in ospedale dove le estraggono i proiettili.

Durante la degenza in ospedale,  Ihsanullah Ihsan, leader terrorista e portavoce dei talebani pakistani, rivendicò la responsabilità dell’attentato, sostenendo che Malala fosse il simbolo degli infedeli e dell’oscenità.

Da allora Malala è diventata il simbolo dell’emancipazione femminile per antonomasia, una bambina coraggiosa che si è scontrata contro le leggi assurde e feroci dei talebani e del patriarcato, contro chi vuole togliere alle ragazze e alle donne sogni, futuro e i diritti più essenziali, il tutto senza armi né violenza ma solo con la forza e il coraggio dell’istruzione e delle parole.

Ma non finiscono qui le azioni coraggiose di Malala, il giorno del suo 16esimo compleanno, nel palazzo di Vetro di New York, lanciò un appello a favore dell’istruzione dei bambini di tutto il mondo.

Ricordiamo una delle sue frasi più celebri

Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione. E non ho paura di nessuno

Il 10 ottobre 2013 le è stato riconosciuto il  Premio Sakharov per la libertà di pensiero.

l premio le fu stato consegnato dal presidente del parlamento europeo Martin Schultz a Strasburgo che la definì “ragazza eroica”

malala

 

In quell’occasione rivolse agli europarlamentari un appello, ovvero di dare una penna e un libro ai milioni di bambini cui è negato il diritto all’istruzione.

«Questi bambini hanno fame di istruzione, e questo deve scuotere le nostre coscienze. Non possiamo immaginare un mondo senza istruzione».

 

Nel mondo, 69 milioni di bambini non hanno accesso alla scuola primaria. Il 54% sono bambine. Dei 759 milioni di adulti analfabeti, due terzi sono donne.

Le bambine e le adolescenti spesso subiscono discriminazioni anche all’interno delle scuole, da parte di insegnanti e compagni e da parte degli stessi genitori, che spesso danno priorità all’istruzione dei figli maschi.

Dal rapporto  “The State of the World’s Girls 2012: Learning for Life” si apprende che nel mondo 39 milioni di bambine tra gli 11 e i 15 anni costrette a rinunciare alla scuola per aiutare la famiglia. E’ proprio in quella fascia d’età che le vite di queste bambine cominciano ad essere dominate dai “doveri” domestici e riproduttivi che le obbligano a matrimoni forzati, gravidanze precoci, violenze e abusi sessuali.

Per le ragazze anche la scuola spesso diventa rischiosa. Un rischio grosso è quello delle violenze sessuali da parte degli insegnanti. In Senegal l’80% dei bambini denuncia violenze da parte degli insegnanti, in Ghana il dato è al 75%. In Togo il 16% dei bambini sosteneva che i maestri fossero i responsabili delle gravidanze delle compagne di classe.

 Laura e Fabiana

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