Ricordare le donne del passato e costruire le pari opportunità, correndo con un tram

“Dopo la mia intervista con Irene Biemmi, torno a parlare di immaginari differenti e di libri indirizzati a giovani e giovanissim* lettori e lettrici e lo faccio con “Corse di tram”, un libretto della casa editrice mammeonline, di Eleonora Laffranchini, autrice, tra gli altri, anche di “Caccia al virus”, libro che ha vinto il Premio Nazionale di letteratura per l’infanzia “G. Giulitto” – Città di Bitritto nel 2000 e il Premio Nazionale di letteratura per l’infanzia “L’aquilone d’oro” a Massa Carrara nel 2001.

“Corse di tram” ha una storia che si svolge su due binari, quello del presente, che riguarda la famiglia della giovane protagonista, Lara, 11 anni;  e quello del passato che fa conoscere a Lara la sua bisnonna, Adele, vissuta ai tempi della seconda guerra mondiale e che, come il padre di Lara nel presente, sceglie una professione “insolita”.

In questo libro, grande spazio è dato alle protagoniste, sono quasi tutte donne, infatti, le figure di spicco della trama, anche se una figura molto importante è il papà di Lara, grazie al quale prende via tutta la narrazione.

In famiglia, in tempi di crisi economica, con la mamma insegnante precaria e il papà disoccupato, ci si adatta e si fanno scelte che non tutt* comprendono: il padre di Lara, a seguito del licenziamento, e d’accordo con la mamma, decide di restare a casa, di fare il casalingo e di occuparsi della nuova sorellina appena nata: Sofia.

La scelta dei genitori non è del tutto serena, almeno inizialmente, per nessuno: la mamma soffre un po’ per i sensi di colpa, perché “si perde” alcune tappe della crescita della piccola di casa e perché pensa di non riuscire a stare vicina ai figli come dovrebbe, il papà non ha molta dimestichezza con la cura della neonata e i due figli più grandi, Lara e Luca  (che ha 6 anni) si sentono “diversi”, perché avere un papà casalingo li espone a prese in giro, tanto da far desiderare a Lara che il suo papà abbia un “lavoro vero”, “da uomo”.
Una situazione davvero molto verosimile e facilmente immaginabile.
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Quella che soffre di più è Lara, tanto che un giorno si sfoga con la nonna che, per tutta risposta, le parla della sua mamma: la bisononna Adele che, in tempo di guerra, per meglio provvedere alla sua famiglia, col marito lontano e prigioniero, inizia a lavorare, imparando un lavoro fino ad allora “maschile”, guidare il tram, con tutte le difficoltà, i sensi di colpa, i pregiudizi e le contraddizioni che questo comportava.
Nonna! Mi stai raccontando queste cose per dirmi che bisogna accettare le scelte dei propri genitori? (domanda Lara alla nonna). Perché vuoi che mi rassegni ad avere un papà che lava, stira, cambia i pannolini e cucina, e anche molto bene ormai?
Non solo, sai (risponde la nonna). Voglio che tu rifletta su un tema molto importante: la parità fra gli individui, o, come si usa dire, le pari opportunità
E così, nello svolgimento della storia, narrata in un vecchio diario, Lara impara a conoscere la bisononna Adele, il suo coraggio, le sue scelte e i pregiudizi che investivano una donna in una professione “da uomo”, speculari a quelli che investono, oggi, il suo papà che fa un “lavoro da donna”.
Leggendo, Lara viene a contatto anche con la quotidianità del periodo, quella della seconda guerra mondiale e della persecuzione di Ebrei e di altre persone, con il ruolo delle donne partigiane, con le prime rivendicazioni femminili.
E così, molte altre figure forti popolano le pagine del diario di Adele: la signorina Maria Galli, per esempio, impegnata nelle lotte per la parità, che sostiene il diritto di voto per le donne, che ha studiato filosofia all’Università, ma non può insegnare nel licei, perché alle donne è proibito.
Ritengono sia un lavoro da uomini, forse perché qualcuno ritiene che il pensiero delle donne sia pericoloso. Sai, hanno ragione, lo capiranno quanto può essere pericoloso.
E poi c’è Paola, che fa l’operaia tessile (e che partecipa in modo attivo alle lotte operaie), Tina, la collega tramviera (vittima di pregiudizi più di altre, per via di un piccolo incidente che le accade col tram), Esther, una donna ebrea, ammalata che viene aiutata da Maria Galli (che fa parte di un gruppo partigiano) e da Adele, Maira, una giovane zingara, anche lei vittima di deportazioni e di persecuzioni e anche lei ospitata e nascosta dalla coraggiosa Maria Galli
E mentre Adele si destreggia tra il lavoro, le difficoltà e i pericoli della guerra, gli scioperi, i pregiudizi e l’assenza del marito, Lara “cresce” e assiste orgogliosa alle iniziative del padre che organizza un “corso per casalinghi”, di cui si occupano anche i media locali, finendo per non trovare più nulla di strano o di ridicolo nella sua famiglia.
Ho raggiunto telefonicamente Eleonora Laffranchini alla quale ho chiesto come fosse nata l’idea per questo suo libro.

Avevo da tempo il desiderio di scrivere di pari opportunità da due punti di vista differenti: maschile e femminile e anche da due prospettive storiche diverse

Adele, la protagonista del passato nasce da un’immagine che Laffranchini ha visto quasi per caso su una rivista: una tramviera ai tempi della seconda guerra mondiale

Sono rimasta molto colpita dallo sguardo di questa donna, perché era uno sguardo estremamente orgoglioso e fiero. Era una donna in divisa, col berretto, una donna non proprio giovanissima e pareva felice, orgogliosa del proprio ruolo

Eleonora spiega che dal contesto della foto, si capiva che i tempi erano molto duri e difficili e che, nonostante la povertà e la paura che sicuramente anche quella donna viveva, il suo sguardo e la sua postura esprimevano grande fierezza, molta forza e consapevolezza.

Altre fonti di informazione e di ispirazione per la parte che riguarda il diario di Adele, per l’autrice sono state “Pane nero”, di Miriam Mafai (nel quale anche è presente una tramviera milanese: Lucia) e le sue due nonne che erano molto diverse. Come dice l’autrice:

Ho cercato di riassumere i tratti e le caratteristiche delle mie nonne: quella della dolcezza e della semplicità di una e quella della determinazione e della forza di volontà dell’altra

Le altre donne protagoniste del passato che ci vengono raccontate sono state ispirate da donne reali, come le fondatrici della storica rivista “Noi donne”.

In particolare per creare il personaggio più forte, quello della signorina Galli, ho preso spunto dalle figure di alcune donne partigiane che ho avuto la fortuna di conoscere

Donne che non sono passate alla storia con il loro nome e cognome, ma che, in effetti, hanno dato un grande contributo e che è importantissimo che non vengano dimenticate.

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Un libro che dà un’immagine diversa di donne e uomini, che racconta il femminile e il maschile in modo non stereotipato e libero, dalla tramviera negli anni di guerra, al padre casalingo dei nostri tempi.

Una sola perplessità, della quale ho chiesto spiegazione a Eleonora, che riguarda una frase che, nel libro, viene presentata come un assunto che riassume il ruolo della donna nella storia:

La forza delle donne nasce dalla pazienza e dal silenzio meditativo dell’attesa

“Non pensa che questa frase strida, sia in contrasto con l’attività e la forza delle protagoniste (non solo Adele, ma anche le altre donne della storia)? Non pensa che affermare che la forza femminile sia una questione di attesa, silenzio e pazienza sia uno stereotipo di genere penalizzante e che rimanda ancora una volta alla presunta “passività naturale” del genere femminile? Mi può spiegare cosa intende con quella frase?” ho chiesto all’autrice.

Il mio intento era quello di ribaltare lo stereotipo che vuole la donna passiva, perché se è vero che nella storia la donna è stata per lo più relegata in un ruolo passivo, io volevo, in realtà sottolineare che non è mai stato davvero un ruolo passivo, perché da quel silenzio, da quella immobilità imposta, è stato possibile anche in situazioni difficili far emergere tutto il potenziale per risolvere quelle situazioni. E dal silenzio nasceva una meditazione costruttiva e infatti, la signorina Galli, ad un certo punto dice una frase: qualcuno ritiene che il pensiero delle donne sia pericoloso. Sai, hanno ragione, lo capiranno quanto può essere pericoloso.” E’ QUEL silenzio che io intendevo. Il silenzio da cui nasce il “pensiero pericoloso” delle donne