Oppressi ma con privilegi. Ecco gli uomini cileni ( ma anche italiani )

Traduzione dell’articolo uscito su “Diario U Chile”, di Victoria Viñals

Quella che segue è la traduzione di un articolo sui lavori di un interessante incontro tenutosi in Cile, il V Congresso Internazionale degli Studi sugli uomini e la mascolinità. Dati e considerazioni possibili in Sud America, come in Italia, identificando nella capitalismo globalizzante, nel razzismo e nelle discriminazioni di classe la base economica che alimenta e sostiene il patriarcato.

Che cos’è che definisce la mascolinità? Che cos’è che rende un uomo un uomo? Che sfide ingaggiano gli uomini con il femminismo? Queste sono alcune delle domande a cui si è provato a rispondere al V Congresso Internazionali di studi sugli uomini e la mascolinità dal titolo: “Patriarcato nel XXI secolo: cambiamenti e resistenze”.

L’incontro, realizzato tra il 14 e il 16 di gennaio, si è tenuto nella facoltà di Scienze Sociali dell’Università del Cile. Con più di 200 presenze e ospiti internazionali, le giornate hanno avuto come principale obiettivo problematizzare la mascolinità e capire come opera il patriarcato tra gli uomini.

Klaudio Duarte, sociologo, professore e ricercatore dell’Università del Cile, segnala che se anche gli studi sulla mascolinità ormai sono iniziati da decenni, negli ultimi 30 anni è diventato più urgente svelare la forma in cui si produce la costruzione dell’identità del soggetto maschile: “Gli uomini imparano a essere uomini. Noi non nasciamo maschilisti, apprendiamo a riprodurre il patriarcato attraverso il sessismo, l’omofobia, il fallocentrismo, la eteronormatività. L’importante è che questi apprendimenti si possono “disapprendere”, ovviamente tramite una lotta politica ben precisa.”

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Mascolinità egemonica

Cristian González Arriola, psicologo e ricertaore della Universidad  Nacional Autónoma de México UNAM, segnala che da una prospettiva di genere è possibile “denaturalizzare” la condizione di subordinazione delle donne e la condizione stessa degli uomini, come dire: “Attraverso quello che Judith Butler chiama la performatività, possiamo innovare questa condizione di genere che sembra essere scontata e che ci pone fuori dalla norma, così staremmo dando un nuovo significato e reinterpretando quello che implica essere un uomo o una donna”.

González Arriola prende dal filosofo francese Pierre Bourdieu il concetto di  “dehabitus“, cioè osserva una relazione nelle sue forme di realizzarsi ed essere associata alla posizione sociale e culturale del soggetto. Dal punto di vista di genere, l’ habitus sarebbe conformato a una mascolinità egemonica fondata sul maschilismo e sulla superiorità di un genere sull’altro. “Si insegna agli uomini fin da piccoli a non mostrare emozioni o segni di debolezza: a nascondere tutto quello che lo avvicina al “femminile”. Gli uomini devono dimostrare di essere uomini costantemente. La mascolinità esiste in contrapposizione alla femminilità e su questo si costruiscono le nostre relazioni con noi stessi, in coppia, con gli amici, con i colleghi“.

Così si comprende la mascolinità come un senso di significati che cambiano e si reinterpretano. “Continuare a parlare di uomini aggressori e donne vittime suppone un discorso comodo e politicamente corretto” ha dichiarato González Arriola, spiegando che dalla prospettiva di alcuni autori la mascolinità, come costrutto sociale, sarebbe riferita più a una posizione di potere rispetto agli altri che a una condizione biologica. Da questo punto di vista, e nell’opinione di certi teorici femministi, la mascolinità potrebbe essere esercitata anche dalle donne.

Oppressi ma con privilegi

Gli studi sulla mascolinità hanno svelato una serie di aspetti che si distaccano rispetto ai processi di costruzione dell’identità maschile. In questo senso, la teoria di genere ha dato un apporto fondamentale per demistificare il determinismo biologico che si credeva dominasse gli uomini.

Da questo punto di vista, il patriarcato, inteso come processo storico e contingente, vittimizza tanto gli uomini quanto le donne. Le imposizioni sociali da subire per diventare machi, duri competitivi, fallocentrici, costituiscono una forma di sottomissione sistematica. Klaudio Duarte segnala che se anche il patriarcato opprime gli uomini, questi conservano intatti i loro privilegi: “Siamo i primi a sedere a tavola, quelli che mangiano il piatto più grande, anche qui stesso all’Università del Cile siamo quelli che guadagnano di più rispetto alle nostre colleghe, quelli che possono esercitare violenza, fischiare alle donne per strada e toccare loro il culo in metro senza che nessuno dica nulla, perché questa violenza è naturalizzata, normalizzata“.

Non si tratta di costruire un discorso sulla logica dello scontro tra uomini e donne, perché dal momento che gli uomini non perdono questi privilegi, l’idea di risentire del patriarcato non viene assimilata dagli uomini stessi.

Diventare padre

Diventare padre rappresenta un cambiamento fondamentale nella vita degli uomini e ha un ampio impatto nella costruzione delle soggettività. David Amorín, psicologo e professore della Universidad de la República de Uruguay rileva che gli uomini di mezza età sentono di essere padri molto migliori dei loro stessi genitori. Secondo il ricercatore, i genitori di oggi cercano di mantenere una comunicazione salutare con la prole, appoggiare e promuovere iniziative dei figli, essere ricettivi.

Così, i risultati dell’Inchiesta Internazionale sulla Mascolinità e l’Uguaglianza di Genere IMAGES Cile, realizzata nel 2011, conferma che viviamo in un sistema di genere con profonde disuguaglianze e con ancora ruoli stereotipati persistenti e segreganti per gli uomini e per le donne.

L’inchiesta ha documentato che, mentre più della metà degli uomini dicono di giocare con i/le propri/e figli/e in casa, solo un terzo di questi padri cambia i pannolini, prepara da mangiare o fa il bagno alla prole o li aiuta nei compiti. Il 63,7% degli uomini dichiarano che sono le donne ( mogli, compagne o madri ) a occuparsi quotidianamente dei figli o delle figlie. In realtà, l’80% delle donne dichiara di svolgere questi ruoli di cura della prole.

Nell’inchiesta pubblicata poi nel libro Adultez y Masculinidad: la crisis después de los 40, David Amorín segnala inoltre che “una delle modifiche nell’identità di genere maschile è l’esistenza di una maggiore capacità di esprimere i sentimenti senza che questo minacci gli stereotipi di virilità tramandati agli uomini tramite mandati culturali antichi. Questa condizione sembra relazionarsi direttamente con la migliore capacità di relazione con la prole, laddove migliora l’attitudine alla comunicazione, al supporto, alla fiducia e alla recettività”.

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La sfera domestica come punto critico della mascolinità

Se ormai è ampiamente accettato che gli uomini, durante gli ultimi decenni, abbiano sviluppato un rilevante processo di integrazione alle attività riconosciute patriarcalmente come femminili, ancora conservano intatti i privilegi che hanno mantenuto per secoli.

Nell’inchiesta ( in corso d’opera )  Relaciones de género y arreglos domésticos: la configuración de nuevas masculinidades, la professoressa di filosofia dell’ Universidad de Concepción, Lucía Saldaña, rileva che esiste un intento di complementarietà segnata da accordi tendenti alla risoluzione democratica dei conflitti tra generi.

Questa complementarità si realizza stabilendo che gli uomini detengono la potestà di decidere che tipo di attività realizzeranno, mentre le donne svolgono le faccende domestiche più noiose e faticose, però più rilevanti. “Ancora non incontriamo molti uomini che puliscano il bagno, ad esempio”, ha dichiarato Saldaña.

Rispetto a questo tema, la inchiesta  IMAGES Chile de 2011 stabilì già che tra il 62,2& e il 73,7% degli uomini sostiene che la partner svolga più faccende come preparare da mangiare, lavare i panni, mettere ordine o lavare il bagno.

Patriarcato e pluridominio

Il patriarcato non opera solo. Si tratta di un processo che si costituisce in maniera congiunta e simultanea con altri dispositivi di potere. Si realizza sempre producendo nuove forme in cui manifestarsi. per questo risulta di grande rilevanza per gli uomini e le donne femministe potere identificare i nuovi modi in cui il patriarcato si fa spazio in ogni ambito.

Sotto questo punto di vista, le conclusioni del V Convegno Internazionale di Studi sugli Uomini e la Mascolinità conviene sul constatare che il patriarcato oggi si radichi in un sistema di potere che ha come base l’economia capitalista, il razzismo e l’adultocentrismo.

Inoltre, la costruzione sociale del binarismo uomo/donna  darebbe luogo a una serie di precetti repressivi conosciuti come eteronormatività, ovvero un insieme di norme sociali che sostengono le relazioni di potere e che regolamentano il genere in termini binari, normalizzando le relazioni eterosessuali idealizzate come unica forma connaturata all’essere umano.

Sulle prospettive che aprono gli studi sulle mascolinità e sul loro ruolo nel contesto attuale, Klaudio Duarte ha concluso: “Questa discussione ci conduce a un punto: si può essere un uomo collaborativo, solidale, tenero e non dobbiamo per questo scomodare categorie come “il lato femminile della mascolinità”. Dobbiamo piuttosto sviluppare questi aspetti della mascolinità stessa, che per via del potere patriarcale sono invece sentit come una negazione dell’essere uomo“.

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2 Risposte a “Oppressi ma con privilegi. Ecco gli uomini cileni ( ma anche italiani )”

    1. Questo incontro in Cile trae conclusioni molto simili a quelle che potremmo dedurre in Italia. Sarebbe utile aumentare la portata degli studi di genere sulla mascolinità nel nostro Paese e parlare di patriarcato e uomini più spesso.

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