Non sono complimenti! #streetharrassment: molestie per strada da New York a Il Cairo

Quante volte venite importunate, molestate, infastidite quando camminate da sole per la vostra città?

Mi confronto con delle amiche, di varie età e carattere, ovviamente di vario aspetto.
Tutte mi rispondono che camminare da sole al centro o in periferia vuol dire attirare sguardi, parole, fischi, battutacce, clacson, se non più esplicite esposizioni genitali. Vuol dire quindi essere molestate di continuo.
Lasciamo perdere poi la bicicletta, che evidentemente evoca chissà quale immaginario lolitesco, o quelle volte in cui si è magari più agghidate: meglio girare in gruppo o con un uomo vicino.
Che ricorda molto la voglia di mettersi un velo per sottrarsi agli sguardi e affidare a qualcun altro la nostra sicurezza.

Gira in rete in questi giorni un filmato realizzato da Hollaback!, no profit contro lo street harrassment, che con l’aiuto di una  volontaria e una videocamera ultraleggera nascosta a riprenderla, ci mostra un giorno di una donna comune, che in jeans e maglietta gira per New York. Quante volte pensate venga molestata? 108, in sole 10 ore.

“Sorridi!”
“Come va, bellezza?”
“Dio ti benedica, ragazza”
“Hey baby!”
“Non vuoi parlarmi?”
E poi sguardi, affiancamenti, gesti allusivi.

Qualche tempo fa, sempre in rete, si era diffuso un altro videoesperimento. La documentarista belga Tinne Van Loon aveva chiesto a una sua amica egiziana di attraversare il ponte che unisce piazza Tahrir a Zamalek con una telecamera nascosta a Il Cairo. ll risultato è estremamente simile al video newyorkese.

 

Le donne sono costantemente molestate per strada, che si parli di Roma, New York o Il Cairo, ma questo tipo di molestie non viene considerata grave, anzi non viene affatto percepita come molestia stessa nella stragrande maggioranza dei casi.

Un giovane uomo intelligente e colto, assistendo una sera a uno di questi atteggiamenti rivolti a delle sue amiche ( nello specifico: due ragazzi in macchina hanno pensato di apostrofarci sfrecciando via con l’espressione “belle troie” )  mi ha detto: Dai, che in fondo vi piace“. Le molestie per strada per noi donne sono lusinghe, quanto uno stupro in fondo è una conferma della propria avvenenza. Gli altri tormentoni che sicuramente vi sarete sentite dire sono “Ignorali” oppure “Come sei sensibile! Non prendere tutto così seriamente“, per terminare con il grande classico “Che problema c’è a dire a una ragazza che è attraente?“.
Il problema sta nel fatto che non solo si tratta di apprezzamenti non richiesti mentre si vive quotidianamente una giornata, ma che i modi e le espressioni usate non siano nemmeno davvero apprezzamenti, semmai espressioni stereotipate e testosteroniche della galvanizzazione del pene e del suo padrone.

stop telling

Essere continuamente oggetto di sguardi, commenti, inviti sessuali, rende le donne insicure e vulnerabili per le strade delo loro quartiere, del luogo che attraversano ogni giorno. Il continuo street harrassment influenza il modo in cui si comporteranno verso se stesse e gli altri per tutto il giorno, oltre a ricondurle costantemente al ruolo di oggetto sessuale, dal quale è impossibile scappare pur non volendo ricoprirlo semplicemente camminando per strada.

Secondo Hollaback! tra il 70 e il 99 percento delle donne sono state molestate per strada. Sostanzialmente la quasi totalità delle donne non ha il diritto di camminare tranquilla, nè di sentirsi dunque padrona dello spazio che occupa, costantemente spinta a sottrarsi a sguardi e luoghi.

Sarebbe utile forse sovvertire i ruoli, per vedere se gli uomini eterosessuali tanto loquaci per strada, esposti continuamente a street harrassment dovessero sentirsi lusingati e felici di essere molestati 108 volte in 10 ore.
Per non parlare poi di come sarebbero felici di essere valutati sempre in base al loro aspetto sul luogo di lavoro, in quanto genitore, in quanto essere umano con delle passioni che verranno sempre, indiscutibilmente dopo l’arvegli fatto notare che hanno proprio un gran bel culo.

Qualcosa di simile al cortometraggio della regista francese Éléonore Pourriat, che ha immaginato una giornata in cui un uomo medio eterosessuale vestisse i panni di una donna, forse di quella che di solito ha al suo fianco, rivelandone le costrizioni sociali e gli stereotipi indotti.

Il suo Majorité Opprimée si concentra anche sulle violenze fisiche e verbali di cui le donne sono ancora troppo spesso vittime, senza a volte nemmeno percepirsi parte lesa, bensì pedine di un gioco comune. Il tutto con il tono ironico dello swapping, che cambiando punto di vista, crea narrazioni differenti.