Magre o emarginate: omologarsi è un dovere di donna. Discriminazione ponderale#1

La discriminazione ponderale ( sizeism in inglese ) è una forma di discriminazione basata sulla forma fisica di una persona, spesso intesa in termini di peso sia per eccesso che per difetto. Molto spesso per eccesso.
In alcuni Paesi esiste una legislazione volta a contrastare questa discriminazione come quella in base al sesso, l’etnia, la religione, ma il fuoco che alimenta la concezione discriminante risiede soprattutto tra gli stereotipi ancora diffusi: dal luogo comune “le persone grasse sono pigre” o le rappresentazioni cinematografiche del “grassone simpatico e sudaticcio”, fino alla convinzione che un “ciccione” possa stare solo con una persona della sua categoria. Qui un bel post di che spiega bene il genere di stereotipi cui sono condannate le persone sovrappeso.
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Questa considerazione può essere applicata a qualsiasi realtà discriminata, dalla questione di genere a quella razziale: l’imposizione di canoni stereotipati è spesso la linfa della discriminazione stessa. Così come altrettanto spesso sessismo, rappresentazione delle donne e questione ponderale sono legate l’una all’altra: se i programmi televisivi sul peso si moltiplicano ( su reti digitali nate prevalentemente per un pubblico femminile ), se l’Italia è al terzo posto nel mondo per interventi di chirurgia plastica ( nel 2011, 820.000 ) e l’accettazione di sé passa spesso proprio dal peso, è il caso di considerarlo una questione fondamentale.

Lo stigma del peso, il marchio di disapprovazione sociale, è il segno della diversità che porta all’alienazione di alcune categorie di individui e, dunque, all’emarginazione. Non è certo la diversità in sé ad allontanare un individuo dalla società, ma la percezione che di questa hanno gli appartenenti al canone.
Lo stigma del peso ha delle realizzazioni pratiche ( la barella di un’ambulanza o il sedile di un aereo sono a volte troppo piccoli per accogliere una persona fuori norma ), verbali ( insulti, nomignoli ) e fisiche ( bullismo, aggressioni ).

big girlSpesso però è il sistema economico stesso ad aver bisogno della discriminazione ponderale ( alla stregua di quella sessuale ) per perpetrare un bisogno indotto.
Se non ci convincessero ogni giorno che bisogna combattere il peso in eccesso, i peli superflui, l’età che avanza, una parte consistente del mercato rivolto alle donne perderebbe il suo potere di influenza.

Tra i tanti fenomeni economico/di costume che si susseguono, prendiamone come esempio uno che ha vauto il suo exploit nell’anno appena trascorso:
la dieta ( Pierre ) Dukan.

Il metodo del medico francese per perdere peso oggi è tradotto in 10 lingue e diffuso in 20 paesi, tra cui l’Italia. Vanta una “dimensione universale del dimagrire” ( cit. dal sito ufficiale ) e un “approccio ad un’alimentazione naturale per contrastare una deriva culturale legata all’abbondanza che provoca i problemi di sovrappeso che conosciamo nel mondo attuale”.
Fin qui, molto simile alla maggior parte delle diete.

C’è però un aspetto meno pubblicizzato del meccanismo del dimagrimento su cui fa leva il metodo Dukan, un aspetto chiaramente legato allo stigma del peso e alla discriminazione ponderale.
Per accedere al metodo Dukan si deve rispondere a 80 domande sul proprio aspetto fisico e condizioni medie di salute, pagare circa 50 euro, dichiarare il proprio obiettivo di peso, non è necessaria alcuna visita fisica. Il dietologo è solo virtuale.
Ogni sera il “paziente” deve aggiornare il suo profilo, dichiarando ogni volta il peso, attività fisica svolta, motivazioni, frustrazioni e “trasgressioni”.
Rifacendosi al profilo individuale, ogni mattina il sito Dukan, invia via mail una serie di consegne alimentari, fisiche e motivazionali.
Ed è proprio su queste ultime che ci soffermeremo.

Lo sprone motivazionale cui il regime Dukan spinge gli utenti è al limite della manipolazione psicologica.
Durante la fase “di crociera” della dieta (che chiunque abbia dovuto perdere peso sa essere quella più difficile da gestire) una consegna motivazionale colpisce più delle altre: il suggerimento è quello di indossare un abito troppo aderente per il nostro fisico, così da essere motivate a entrarci più agevolmente, senza rigonfiamenti, finalmente piatte.

Insomma: svilisci te stessa e se ti va bene dimagrirai, se ti va male contrarrai della patologie psicologiche vittimizzanti che ti porteranno a gravi malattie dell’alimentazione o a una scarsa autostima.
Che ti farà fare altre diete.

Il giorno dopo un’altra consegna motivazionale va ad ampliare il “Dukan pensiero”: la mail ricorda come il sovrappeso sia spesso motivo di emarginazione e che per non rimanere isolata sia importante non uscire dalla norma. L’introduzione sociologica al tema, parlando di stigma ed alienazione, ecco che trova forma in questa suggestione.

L’ultima consegna si apre bene “ogni donna ha una sua parte di bellezza” ma continua con “anche quella che porta su di sé uno sguardo poco valorizzante. In questa situazione dimagrire per ritrovare i frammenti di una bellezza svanita non è un’impresa futile, ma un vero e proprio dovere”.
Cerca poi di dare un conforto aggiungendo che “tutte le diete, anche il digiuno completo, comportano degli stadi. Il suo corpo resiste, perché è programmato per diventare economo in caso di mancanza di nutrienti. Resiste, ma se insisterà, finirà per cedere”.
riots not diets

 

Facciamolo cedere il nostro corpo, martorizziamolo per perdere qualche chilo.
Invece di combattere lo sguardo che non ci valorizza per come siamo, omologhiamoci per non essere emarginate e stigmatizzate.

Perché è un dovere, non è una scelta.

La donna che ha segnalato queste “consegne” non ha infilato un vestito aderente per spronarsi a non mangiare.
Vuole stare meglio con se stessa dimagrendo, ma si rende conto che questa è una comunicazione pericolosa e deviante.
Soprattutto perchè doveva perdere solo due chili. Due.
Quindi il tipo di messaggi che le sono stati rivolti, che non sarebbero adatti a nessuna donna, diventano ancora più fuori luogo rivolgendosi a una persona sostanzialmente sana, ma cercando di convincerla che persino i suoi due chili in più la renderanno un’emarginata e che sia un suo dovere di donna perderli.

Comunque, i pazienti dimagriscono, chissà se bene o male, il metodo del dottore virtuale funziona.

Il sistema, meno.