Il “maccartismo sessuale” e la caccia alle streghe

Aggiungiamo un altro tassello nel panorama dell’imbarazzante giornalismo italiano.

Questa volta ci pensano Severgnini e Serra che dalle pagine di Repubblica e il Corriere,  con nuovi neologismi (“maccartismo sessuale” e “maccartismo da cerniera lampo”),  si chiedono se non si stia esagerando un po’ con questa storia di denunciare le molestie sessuali.

Come scriveva qualche giorno fa Flavia Perina su Linkiesta, mentre gran parte dei media americani si interrogano circa il sessismo che ha travolto Asia Argento (e negli ultimi giorni anche Miriana Trevisan —quest’ultima in maniera ancora più grave) in Italia, i giornalisti italiani si lanciano in un cieco garantismo —dove guarda caso chi mente è sempre la vittima— verso il maschio, vittima di una vera e propria caccia alle streghe.

Serra ci tiene a precisare che c’è una bella differenza tra il predatore ricco e potente che esercita il suo potere ricattando sessualmente le sue vittime e la proposta sporcacciona.

Non ci è dato sapere cosa Serra intenda con tale definizione.

Sappiamo solo che derubricare le molestie diverse da quelle del caso Weinstein in proposte sporcaccione —quasi stessimo discutendo su un b-movie erotico ann ’70— è fuorviante per una serie di motivi: innanzitutto perché vorremmo che fosse la vittima e non una manica di giornalisti a definire se ciò che le è accaduto sia una molestia, un’avances, uno stupro o un approccio.

Gran parte delle volte il molestatore non è un ubriacone che rimetti facilmente al suo posto.

Ci sono arrivate innumerevoli storie durante la campagna #quellavoltache e possiamo certamente dichiarare che il più delle volte dietro le molestie —che qualche temerario/a definisce corteggiamento— non ci sia affatto un interesse dell’uomo a conquistare quella donna, ma di mezzo ci sia un vero e proprio modo di esercitare il proprio potere

Non a caso gran parte delle molestie sessuali avvengono proprio in situazioni in cui c’è particolare squilibrio tra le parti, ovvero quando l’uomo —ancora più che in altre situazioni— può esercitare potere su una donna e quindi: il datore di lavoro che ricatta la sua dipendente, il professore universitario che in cambio di prestazioni sessuali  offre un buon voto, l’uomo molto più grande che approfitta della vulnerabilità di una ragazzina o le molestie per strada.

Sull’Huffington Post si rimarca, poi,  la solita tiritèra secondo cui questa ondata di denunce non fa altro che sminuire le vere vittime. Ma chi lo decide chi è davvero vittima o meno? Giornalisti e commentatori che il giorno prima si definiscono grandi esperti di economia e politica estera e quello dopo di questioni di genere?

Vorremmo tranquillizzare tutti i Severgnini e i Serra italiani, ma anche tutte quelle donne che hanno scritto editoriali e articoli molto simili —se non peggiori— a quelli dei due:  non esiste alcuna persecuzione verso il maschio, nessun uomo è sotto attacco perché uomo

Non ci saranno orde di uomini trascinati in tribunale per un occhiolino o un ciao

Come dichiaravo poc’anzi, il caso di Miriana Trevisan si sta dimostrando ben più grave di quello di Asia Argento. Il tribunale dei social ha già deciso che quella che mente spudoratamente sia lei. Ancora di più perché la carriera di Trevisan è stata meno rosea di quella di Argento; sicché la prima, più della seconda, sta cavalcando questa ondata per qualche ospitata o semplicemente per far parlare di sé.

Doppiamente si verifica ciò perché dall’altra parte c’è un uomo molto amato e rispettato nel suo ambiente.

Come scrive Claudia Torrisi su Vice:

L’accusa di Trevisan è per adesso isolata, presentata da una donna che è stata valletta e velina (e si sa che la quantità di carne che mostri ti qualifica, eh?), e rivolta verso un personaggio del cinema italiano che gode di grande rispetto sia nell’ambiente che tra la gente comune. Il meccanismo che si è scatenato è stato quello di un ipergarantismo a senso unico, nei confronti dell’accusato. A differenza che con Asia Argento, a essere messo in discussione non è stato il comportamento della showgirl, ma la veridicità stessa del fatto: Trevisan se l’è sicuramente inventato per cavalcare il caso Weinstein e rilanciare la carriera di soubrette accusando un pezzo grosso e rispettabile che, suo malgrado, è stato tirato in mezzo.

Tralasciando la replica poco elegante di Tornatore, è chiaro che la verità su quanto è successo possono conoscerla solo coloro che erano presenti vent’anni fa. Su questo, però, vorrei fare due precisazioni. La prima è che il punto non è credere o meno a Miriana Trevisan, quanto di non screditarne a prescindere la versione solo perché lui “sembra tanto una brava persona”: per quanto sia saldo nel nostro immaginario, nella realtà non esiste né un prototipo di vittima, né uno di molestatore.

Miriana Trevisan, quindi, si è inventata tutto e ancora più male fanno le parole di alcune donne, sue colleghe. Prendiamo ad esempio quelle di Laura Chiatti:

Tornatore è un vero signore e un serio professionista. Con me è stato ineccepibile, chiedendomi di partecipare ad uno dei suoi film migliori, mi ha fatto un grande onore […[…] Non vorrei che esplodesse la moda di denunciare dei professionisti seri solo per giustificare il fallimento della propria carriera”.

o di Claudia Gerini

“Ho solo ricordi piacevolissimi dell’esperienza con Tornatore che si è comportato come un galantuomo d’altri tempi. […] È giusto, ci mancherebbe, che le violenze sessuali vengano denunciate e punitie. Ma non lo è cavalcare l’aria del tempo solo per far parlare di sé”

e Margherita Buy:

“Giuseppe un molestatore? Ma se è uno dei più grandi gentiluomini con cui abbia mai lavorato. È impensabile che abbia assalito qualcuna”.

Tornatore è un signore, Miriana Trevisan una bugiarda.

Lungi dal creare tribunali in sedi sbagliate –ad esempio i social– ben vengano garantismo e il beneficio del dubbio, ma che ci siano per entrambe le parti. Invece, puntualmente l’uomo –ovviamente che non sia l’extracomunitario o il rom— è quello accusato ingiustamente e la donna quella a cui tali diritti vengono a mancare e quindi: una bugiarda o una che prima la dà e poi frigna.

Ci preme sottolineare per l’ennesima volta che bisognerebbe darci un taglio con queste tesi lombrosiane: chi violenta o molesta una donna, chi usa violenza su una donna, chi abusa del proprio potere per ottenere favori sessuali non lo ha scritto sulla fronte.

Migliaia di volte abbiamo incontrato —nei femminicidi, ad esempio— episodi in cui uomini che avevano ammazzato la propria moglie o compagna erano definiti da tutti: bravissime persone, ottimi padri  e integerrimi lavoratori .

Non esistono i mostri, chi abusa di una donna non ha tratti particolari né comportamenti (all’esterno) riconoscibili.

Detto ciò, ci piacerebbe che tutta questa gente —dai giornalisti, fino alle attrici e ai vari commentatori che hanno giudicato senza ombra di dubbio e senza uno straccio di prova, muovendo parole tanto dure e giudicanti verso chi ha denunciato delle molestie—, per il 25 novembre, evitasse di fare sfilate in spot istituzionali, selfie con le scarpette rosse e foto profilo modificate con la scrittina “no alla violenza sulle donne”: servono ben poco alla causa se poi il resto dell’anno lo passano a colpevolizzare le vittime.

Per il 25 novembre ci sarebbe un buon esercizio da fare tutti insieme: giudicare di meno e riscoprire il significato della parola empatia.

 

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