Lettura critica delle linee guida del Miur sull’educazione al rispetto

Il 27 Ottobre scorso il Miur ha pubblicato le linee guida relative all’art. 1 comma 16 della legge 107/2015 meglio conosciuta come “buona scuola”.

Il comma 16 è questo:

“il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”

Poche e vaghe righe che hanno generato panico e campagne d’odio, che partendo dai fanatici no gender, circolavano moltiplicandosi nelle chat dei gruppi di genitori, fino ad arrivare al Ministero dove il documento applicativo di quel comma è stato prodotto.
Non c’è traccia di gender nelle linee guida. Purtroppo.
Su Avvenire festeggiano, dicono che le loro proteste sono servite. E hanno ragione. Nel documento del Miur è stata ripristinata la naturale differenza tra uomo e donna, rimarcata nel testo quasi in maniera ossessiva, non compaiono mai nè il termine omofobia, nè transofia, sostanzialmente è un documento che risente di una forte impronta cattolica e di elementi riconducibili al femminismo della differenza e al concetto di complementarietà tra uomo e donna.
Tra i nomi di coloro che hanno partecipato al tavolo tecnico per la stesura delle linee guida ne possiamo leggere diversi riconducibili al mondo cattolico, tra cui Alberto Maria Gambino, presidente dal 2016 di Scienza e Vita, Stefano Pasta, giornalista di Famiglia Cristiana, Andrea Simoncini, leader di CL.
Durante la presentazione ufficiale la Ministra Valeria Fedeli è stata affiancata dal sottosegretario all’istruzione Toccafondi, conosciuto per le sue campagne profinanziamento alle scuole paritarie, quasi tutte religiose, le sue tuonate contro il gender e le attività nelle scuole contro il bullismo omofobico.

Se le linee guida piacciono a Toccafondi c’è evidentemente qualcosa che non va.

Intanto il titolo. Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione.
Il termine rispetto è centrale, compare nel titolo e viene riproposto spesso nell’intero documento. E’ un termine scelto con cura, perchè sostanzialmente debole, troppo generico, indica una passiva accettazione, al massimo tolleranza, ma niente di più. Il termine genere viene usato con molta più parsimonia. Probabilmente perchè considerato “ambiguo”.
Nel titolo si dice anche che si intendono prevenire tutte le forme di discriminazione, con riferimento all’articolo 3 della Costituzione, ma stupisce che mai nel testo compaiano le parole omofobia, trasfobia, nemmeno nella formula di “bullismo omofobico” già ampiamente conosciuta nelle scuole. Le linee guida sono quindi anacronistiche rispetto al lavoro che già si fa a scuola e non tengono conto della realtà scolastica, ignorano, volutamente e colpevolmente, che “frocio” è l’offesa che più riecheggia nei corridoi e nelle aule scolastiche, che la discriminazione omotranfobica colpisce allievi e allieve ma anche i/le docenti.

Questo è l’unico passaggio nel testo, probabilmente il meglio riuscito, in cui compare il concetto di orientamento sessuale. Per il resto zero riferimenti alle discriminazioni relative alle persone lgbtiq.

Un ruolo importante viene assegnato al termine “differenze”, quantitativamente e qualitativamente centrale nel testo. Le differenze da rispettare non sembrano però essere declinate nel senso di differenze individuali e tra tutte le differenze quella fondativa, quella sostanzialmente “naturale”, pare essere proprio la differenza tra uomo e donna.

I sessi sono rigorosamente due, i generi non lo sappiamo, non se ne parla. Si nasce o uomini o donne e questo pare determinare, per sempre ?, la nostra identità.
Il testo continua dicendo che non sono le differenze in sè ad essere negative, ma lo possono diventare nel momento in cui si trasformano in diseguaglianza. A questa giusta considerazione segue però una affermazione di complementarietà tra uomo e donna, piuttosto che un’idea di libertà dei singoli e delle singole. Ben riscontrabile in questo passaggio:

 

L’incontro delle differenze che dà origine alla vita è un’affermazione che mi aspetterei di trovare in una enciclica del Papa, ma non in un documento di prevenzione contro le discriminazioni di genere.
Per fortuna però adesso a coltivare “l’esperienza irriipetibile e unica di contribuire ai primi momenti di vita dei propri figli e figlie” sono pure i padri e non solo le madri. Almeno così dicono.

Come se non bastasse nelle linee guida viene fatto esplicito riferimento alle “ideologie gender”, vengono impiegate due pagine per speigare che nulla hanno a che fare con questo testo, e assolutamente non si vuole promuovere alcuna neutralità, nella quale “maschile e femminile perdono consistenza e ricchezza”.
Binarismo di genere che torna e torna in maniera martellante.

Come già detto la presenza del mondo cattolico si sente tantissimo, anche quella di una sorta di misticismo delle differenze del maschile e del femminile ( vedi origine della vita), assenti totali non solo i riferimenti al mondo lgbt, ma anche a tutte quelle buone prassi già presenti nelle scuole. Ad esempio nel testo viene citata la campagna dell’ONU HeforShe, ma non viene fatta menzione al lavoro delle sempre maggiori associaizoni e singol* che operano con successo da anni nelle scuole su queste tematiche.
L’estate scorsa la ministra Fedeli ha invece incontrato i nogender delle varie associazioni familiari, a onor del vero l’abbiamo vista anche a incontri di tutt’altro orientamento, qualche anno fa anche a una edizione di Educare alle Differenze, ma alla fine le pressioni del movimento cattolico hanno avuto la meglio e la ministra ha messo la firma su un documento reazionario e potenzialmente dannoso, ad esempio nel dirottare i fondi previsti dal piano nazionale per l’educazione al rispetto potrebbero essere favorite associazioni di orientamento cattolico, da scienza e vita ai giuristi per la vita e simili, piuttosto che associazioni lgbt o centri antiviolenza.

Davanti a questa istituzionalizzazione dell’educazione di genere, già depotenziata a una generica educazione al rispetto l’alternativa rimane quella dell’organizzazione dal basso, della libera circolazione delle pratiche informali, la resistenza, oggettivamente sempre più difficili in una scuola post riforma renziana, dove i/le docenti e gli organi collegiali sono stati privati di libertà e autonomia.
E forse potrebbe essere anche utile rispondere alla accuse di “ideologia gender” non trincerandosi dientro al difensivo “non esiste alcuna ideologia gender” oppure dientro al “vogliamo solo la parità e il rispetto”. No, vogliamo di più, vogliamo proprio scardinarlo questo binarismo, anche nell’accezione di complementarietà, perchè, magari in un modo diverso, ma costituisce ancora una gabbia del patriarcato.