Le polemiche su Peppa Pig e la Sirenetta e il terrore per il cambiamento

Sono giorni di fermento per gli/le italian* e in particolar modo per giornalist* e opinionist* tuttolog* vari che occupano spazi e blog su questo o quel giornale.

Sarà per la guerra proprio qui a due passi da noi, gli effetti e le vittime che sta generando, arrivata poi, dopo più di due anni di una pandemia che ha messo in ginocchio buona parte del mondo?

Certo che no.

Sarà per le elezioni alle porte che vede uno scenario ben poco rassicurante e una delle campagne elettorali più imbarazzanti e mediocri? Ma no!

Sarà per l’economia, il tasso di disoccupazione, per le discriminazioni e le disuguaglianze?

Ma siamo seri, suvvia!

Due cose, la notte, stanno tenendo gli occhi degli/delle italian* incollati sul soffitto,  due eventi accaduti proprio in questi giorni, uno dei quali non solo qui in Italia (non prendiamoci tutti i meriti): il remake della Disney sul famosissimo cartone animato della Sirenetta che vede un’attrice e cantante afroamericana interpretare l’amatissimo personaggio e la famiglia di Penny Polar Bear, un’orsetta del cartone animato Peppa Pig.

Cosa ha che non va la famiglia di Penny Polar Bear? Semplice, è composta dalla simpatica orsetta e da (udite, udite!) due mamme.

L’episodio è andato in onda qualche giorno fa nel Regno Unito e alcuni politici italiani di destra non hanno perso tempo e hanno subito chiesto preventivamente alla RAI – sulle cui reti va in onda la versione italiana della serie – di non trasmetterlo. C’è da precisare che l’episodio non è mai andato in onda in Italia e al momento non è in programma perché la RAI, che non ha commentato ufficialmente la questione, non può trasmetterlo poiché non è ancora scaduta l’esclusiva della piattaforma Disney+ sugli episodi usciti più di recente.

Pericolo scampato! Siamo tutt* in salvo! Cosa vogliamo insegnare ai nostri bambini, che le famiglie non sono solo quelle con una mamma e un papà, ma possono essere composte anche da due madri o due padri o solo da una madre o solo da un padre?

Gli omofobi  con l’ossessione  “anti–gender” della coalizione più a destra presente attualmente in Italia,  hanno trasformato l’orsetta Penny in un caso politico, accusando il cartone animato di minacciare gli equilibri della famiglia tradizionale e snocciolando la solita, vecchia e conservatrice tattica di indignazione utilizzata ogniqualvolta si parli di un qualsiasi cosa riguardi l’emancipazione e i diritti civili: « Chi ci pensa ai bambini?».

L’ideatore di questa crociata è  il responsabile della Cultura di Fratelli d’Italia, il deputato Federico Mollicone che ha chiesto alla RAI di non pubblicare l’episodio «su nessun canale o piattaforma web», dopo aver definito «inaccettabile la scelta degli autori del cartone animato Peppa Pig di inserire un personaggio con due mamme».

Mollicone, che è anche membro della Commissione parlamentare di vigilanza della RAI, non aveva però avviato alcuna vera azione per bloccare l’episodio di Peppa Pig.

Lo hanno fatto invece due ex parlamentari, Carlo Giovanardi e Luisa Santolini, che hanno inviato un esposto al Comitato per l’applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori.

Insieme a loro non potevano mancare i membri di Pro–Vita  che hanno definito Peppa Pig un “cartone gay” invitando a bandirlo, annunciando  una raccolta firme contro il “gender nei cartoni” e dichiarando guerra alla Rai e alla sua concezione distorta di cosa debba rappresentare una famiglia. Pensate un po’ che allegra comitiva.

Ma torniamo alla seconda polemica che ha tolto il sonno a molt*:  il trailer del live action sulla Sirenetta che vede come protagonista, Halle Bailey, attrice e cantante afroamericana che ha prestato volto e voce alla Sirenetta.

Le polemiche non si sono fatte attendere,  tra razzisti del “non sono razzista ma[…]pensate, ho anche la cameriera filippina” e nostalgici cresciuti con i cartoni degli anni ’90 indignati per il cambio di immagine, quasi come se cambiare la Sirenetta fosse un oltraggio alla loro infanzia perduta.

 Tanto per cambiare si è aperta la solita crociata contro il politicamente corretto e la solita tiritera “non si può più dire niente”, “siamo nella dittatura del politically correct”, “stanno distruggendo le nostre tradizioni”, come se la Sirenetta non fosse un personaggio totalmente inventato, frutto della grande mente e fantasia di Hans Christian Andersen.

C’è chi addirittura ha scomodato le origini scandinave della storia, magari basandosi unicamente sulla famosa statua presente a Copenaghen e poi chi si è lanciato in un approccio scientifico sostenendo che non è possibile che sirene che abitano nel fondo del mare ricevano abbastanza luce del sole da scurire la loro melanina –una nota biologa ha poi spiegato che in realtà esistono nelle profondità vari tipi di pesci molto scuri.

Ma tornando alla storia, va da sé che buona parte di questi razzisti che non ammetterebbero mai di esserlo e bambinon* degli anni ’90 mai cresciuti, poco conoscano la stessa e quella dello scrittore.

La Sirenetta della Disney ha poco in comune con quella di Andersen, entrambe attratte dagli esseri umani –narrati come immortali poiché provvisti di anima– e dal loro mondo che agli occhi della ragazza appare meraviglioso, la storia della prima è ben nota a tutt*, quella a cui prende ispirazione invece è piuttosto dolorosa e sicuramente meno adatta ad un pubblico di bambin*.

Andersen nel 1837 o giù di lì disperato per il matrimonio del suo amico di cui era innamorato inizia a scrivergli delle lettere dichiarandosi e implorandolo di non sposarsi, quando le sue richieste furono rifiutate senza poi contare ciò che significasse in quell’epoca dichiarare il proprio amore per un altro uomo, iniziò a scrivere la storia di questa giovane sirena disposta a sacrificare tutto, dalla sua voce alla sua vita, per il suo amore. Con un finale decisamente diverso e più triste rispetto a quello disneyano.

Questa storia ci insegna che nulla conta davvero davanti all’amore, al di là del proprio colore, della propria identità, della propria natura, perché tutti facciamo parte dello stesso mondo e proprio l’amore dovrebbe essere un collante, un motivo in più per unirlo questo mondo, per smetterla di ghettizzare e mostrificare chi non è esattamente come noi.

Sono diventati poi virali su Tik Tok i video reaction di bambine nere che con stupore, meraviglia e commozione reagiscono alla visione della nuova Sirenetta, finalmente una protagonista che certamente a livello fisionomico somiglia più a loro.

Sicuramente anche questo è un modo di semplificazione estrema della questione, ma di fatto il fulcro è proprio questo: potersi identificare finalmente in una protagonista, far parte della scena, immaginarsi in ruoli diversi da quelli marginali e stereotipati in cui da sempre vengono relegate le persone “non bianche”.

In un mondo dove vige la dittatura del bianco, giovane, sano, bello, snello, conformato, poter vedere protagonist* diversi dalla solita narrazione è un atto rivoluzionario, forse è proprio questo che spaventa: il cambiamento. Perché nei ruoli rigidamente prestabiliti abbiamo arredato la nostra zona confort, abbiamo coltivato tutte le nostre certezze.

Peppa Pig e due mamme vi danno fastidio, architetta ministra e perita vi danno fastidio e quindi la Treccani che ha deciso di inserire le declinazione al femminile merita da giorni di essere dileggiata e riempita di commenti e polemiche, la Sirenetta nera vi dà fastidio, ma se il cambiamento vi spaventa così tanto talmente tanto da spingervi ad ideare qualsiasi tipo di giustificazione o teoria che avvalori le vostre idee arcaiche, avete mai pensato di organizzare un viaggio di sola andata in una comunità Amish?

Ironia a parte, salutiamo questa polemica con le parole della scrittrice e attivista italo – ghanese Djarah Kan: “Decolonizzare la fantasia farà sempre incazzare un sacco di gente. Ma è il corso naturale della storia di questa società che per fortuna cambia”.