La Lega getta la maschera anche in Trentino: Stato di polizia e (dis)valori fascisti

Nel mese di dicembre 2018, dalla nostra pagina FB avevamo portato all’attenzione dei nostri lettori e delle nostre lettrici la notizia che la nuova Giunta Provinciale della PAT (Provincia Autonoma di Trento) a maggioranza leghista aveva deciso di sospendere i corsi di “Educazione alla relazione di genere” già attivi da diversi anni nelle scuole del territorio e che erano pronti per partire anche nell’anno scolastico in corso; confermando così anche in Trentino la matrice omofoba e misogina della destra.

Ma cos’erano questi corsi sospesi e poi definitivamente soppressi? Come mai sono stati sospesi? Quali sono state le motivazioni, le procedure seguite?

Motivo della sospensione, la necessità di verificare la piena coerenza dei contenuti educativi dei percorsi con le aspettative delle famiglie rispetto ai valori che la Giunta Provinciale intende perseguire. Una giustificazione che lascerebbe presupporre diffuso malcontento e frequenti lamentele rispetto a un progetto quasi decennale; lamentele e malcontento mai, però, documentati, tanto è vero che, subito dopo la sospensione dei corsi, è partita una petizione lanciata dai genitori nella quale si legge:

Come genitori e cittadini/e che desiderano una società più giusta per sé e per i propri figli CREDIAMO che la scuola abbia un ruolo cruciale nella promozione della cultura dell’uguaglianza e della parità di diritti e dignità per uomini e donne, e che sia obbligo della politica, nel rispetto della Costituzione, sostenere tutte le azioni tese al raggiungimento di tale scopo.

Come genitori e cittadini/e che desiderano una società più giusta per sé e per i propri figli CHIEDIAMO quindi che la politica si adoperi per non alimentare inutili e ambigue strumentalizzazioni ideologiche, rispettando l’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative, e ancora prima la stessa Costituzione. E CHIEDIAMO, con forza, che i percorsi di educazione alla relazione di genere fin qui intrapresi vengano immediatamente riattivati.

Qui il link alla petizione nel quale trovate anche un accurato approfondimento in PDF sul tema.

L’Adige raccoglie le parole dell’Assessora alle pari opportunità Stefania Segnana:

«Si tratta di una sospensione del progetto, in attesa di ulteriori approfondimenti»
Piazza Dante intende accertarsi che il progetto – finanziato con 91mila euro dall’Agenzia del lavoro – non riguardi la teoria gender, secondo cui la differenza tra uomini e donne non sarebbe un dato oggettivo e reale ma un prodotto della cultura e della costruzione sociale dei ruoli

Ho parlato con una insegnante della scuola dell’infanzia del territorio (non coinvolta direttamente, perché le scuole dell’infanzia e primarie non erano destinatarie del progetto) che però mi spiega:

Le verifiche non vengono mai fatte non si ascoltano gli organizzatori di questi corsi che ancora aspettano una risposta. Vengono raccolte più di novemila firme intanto. Ma i corsi vengono soppressi. E nel loro (della nuova Giunta) intento c’era di preparare corsi di stampo diverso tenuti da poliziotti.

Come riporta il numero di febbraio 2019 del mensile “Questo Trentino”, una legge provinciale del 2012, in Trentino promuove “l’introduzione delle pari opportunità nella programmazione educativa delle scuole di ogni ordine e grado” ed è proprio sulla base di questa (e di altre norme nazionali) che nasce “Educare alla relazione di genere” dalla collaborazione tra IPRASE, Uffici provinciali e il Centro Studi Genere dell’Università di Trento. Il progetto, dapprima sperimentale, dal 2014 definisce e consolida le attività di laboratorio che si propongono in aula. E’ dunque da diversi anni che i ragazzi e le ragazze trentine possono partecipare a questo utile progetto.

Ovviamente non si tratta di fantomatico “Gender” o di concetti che “possono turbare l’equilibrio dei ragazzi e delle ragazze”, ma di interventi che coinvolgono studenti, genitori e insegnanti e che hanno come focus:

  • la prevenzione della violenza di genere e del bullismo attraverso la diffusione di dati sul fenomeno, l’attenzione al lessico e alle modalità di narrazione dei fatti di cronaca sulla stampa, il confronto e la discussione su quanto analizzato;
  • educare a scuola per evitare poi differenze sociali e lavorative  tra donne e uomini;
  • Creare consapevolezza sulle scelte successive per evitare “segregazioni e autosegregazioni”
  • Riconoscere gli stereotipi di genere soprattutto analizzando i media

Per chi volesse approfondire meglio i contenuti del progetto e l’apprezzamento di studenti e insegnanti e per chi volesse saperne di più anche sulle formatrici, invito a leggere il già citato numero de mensile “Questo Trentino”.

Qui il comunicato della Commissione Provinciale per le Pari Opportunità.

Tante volte dalle pagine di questo blog abbiamo segnalato episodi simili (anche se questo mi pare ancora più grave perché si trattava di un progetto consolidato, noto, apprezzato e non “nuovo” e mai sperimentato), ma ho deciso di riassumere brevemente i fatti, perché nei giorni scorsi c’è stato un ulteriore, gravissimo, sviluppo.

Venerdì 22 marzo, infatti, gli Assessori Bisesti e Segnana, avevano organizzato nel palazzo della Provincia un Convegno pubblico dal titolo “Donne e uomini – solo stereotipi di genere o bellezza della differenza?”, per illustrare le loro intenzioni riguardo le tematiche di cui si tratta.

I relatori della serata sono stati descritti da Arcigay Trentino:

Con grande anticipo, fuori dal luogo del convegno, iniziano ad arrivare genitori, cittadini, studenti, insegnanti, professori, rappresentanti dei sindacati e dell’associazionismo per protestare contro la decisione di sospendere il progetto.

E qui inizia a mostrarsi il carattere antidemocratico della nuova Giunta:

Noi volevamo entrare, era un convegno pubblico, ma entrare ed uscire dopo venti minuti lasciando dei biglietti non offensivi. Solo che ne hanno fatto entrare solo venti a fronte di settanta posti.

Mi racconta Libera Gabriele, l’insegnante cui accennavo prima.

Lo conferma anche il Centro Studi Interdisciplinari di Genere in un comunicato

Come componenti del CSG eravamo tra coloro che avrebbero voluto partecipare all’evento ‘Donne e uomini. Solo stereotipi di genere o bellezza della differenza?’, per comprendere le ragioni della sospensione dei corsi per le scuole sulle relazioni di genere e, più in generale, per apprendere le linee di indirizzo politico della Giunta in materia di pari opportunità e di istruzione. La presenza dei due assessori competenti ci sembrava la solida premessa per un dibattito istituzionale in cui la politica dialoga e rende conto della proprie decisioni dinanzi alla cittadinanza. Invece, come le cronache giornalistiche hanno ampiamente riportato, quello che era stato promosso dalla Giunta come “un incontro pubblico finalizzato a sviluppare una riflessione sui temi dell’educazione di genere, degli stereotipi di genere, delle pari opportunità e della differenza sessuale” si è rivelato una farsa, poiché a una parte consistente di pubblico come noi interessato ai temi oggetto del dibattito (docenti e studenti universitari, insegnanti e studenti delle scuole superiori, rappresentanti dei sindacati e dell’associazionismo) è stata negata la possibilità di accedere alla sala del convegno.

Alla faccia di chi continua a sostenere di essere vittima del “pensiero unico” omosessualista, femminista! Al convegno erano invitati solo personaggi di un’area ideologica ben definita e per di più non è stato neanche concesso ai cittadini di partecipare in modo attivo.

Coloro che hanno potuto accedere all’incontro parlano di 

contenuti fortemente antiscientifici​, largamente superati (con grafici e statistiche risalenti al 1931) ​e offensivi​, arrivando a definire “errori di natura” le persone intersessuali. Di fronte a posizioni scientificamente imbarazzanti come disquisire del QI medio delle donne che – citiamo testualmente – “mentre cuociamo la pasta ci facciamo le unghiette”, un gruppo di cittadini e cittadine disgustati/e ha manifestato il proprio dissenso, uscendo silenziosamente dalla sala, lasciando sulle sedie dei messaggi, pacifica espressione di contrarietà rispetto ai contenuti del convegno.

Gli interventi dei relatori hanno rispettato le aspettative e hanno confermato la maggior parte delle perplessità sollevate nei giorni precedenti da diverse associazioni. Ad esempio parlando del cambio di sesso la dottoressa Maria Cristina del Poggetto ha sostenuto: “Dopo un intervento chirurgico di riassegnazione sessuale vi è un lieve miglioramento ma dopo questa breve pausa il tasso di suicidi arriva a essere diciassette volte maggiore, capite perché in molti ormai si oppongono a questo genere di trattamento”.

Successivamente è stata la volta dello psicologo Emiliano Lambiase che ha accusato “Certi scienziati femministi” di voler abbandonare il metodo scientifico. Inoltre sempre Lambiase, citando gli studi dello psicologo Simon Baron-Cohen, ha evidenziato come dalle ricerche emerga che il cervello femminile sia più orientato ad empatizzare mentre quello maschile sia più improntato alla sistematizzazione. Infine è stato il turno dell’avvocata Mariastella Paiar che ha esordito dicendo: “In Italia abbiamo il vizio di parlare sempre di diritti e mai di doveri”, specificando poi che “uomini e donne hanno pari dignità perché fanno parte del genere umano ma pari dignità non significa essere necessariamente identici, negare le differenze può produrre maggiore tensione, può generare un rischio di discriminazione”.

Ad essere messi sotto accusa sono stati poi i diritti civili che secondo l’avvocata “tendono a confondere un desiderio spesso legittimo con un diritto chiedendo poi allo Stato garanzia e tutela, trasformando la convivenza in lotta tra fazione tutelando alcuni più di altri”.

(FONTE)

E intanto le persone che erano state lasciate fuori?

Mi racconta Libera che la porta principale del Palazzo della Provincia è stata tenuta sempre chiusa, che anche i relatori e le relatrici sono stati fatti entrare da una porta laterale.

Ad un certo punto, le persone escluse dal Convegno decidono di entrare dalla stessa porta laterale usata dalle altre.

Arcigay riferisce:

Sono stati/e però bloccati/e nell’atrio, dove hanno chiesto a gran voce un confronto, espresso anche da molti/e insegnanti. Mentre tutte e tutti ascoltavano l’intervento di una docente, le forze dell’ordine, in maniera inaspettata, hanno deciso di sgomberare violentemente l’atrio, caricando le persone presenti.

(…)
​Tra le persone minacciate nella loro incolumità, c’erano donne incinte, minorenni e persone anziane​, tutte e tutti usciti sconvolti e contusi da una carica ingiustificata. Tra i colpiti, un docente universitario ferito al braccio, costretto ad andare al pronto soccorso, una ragazza colpita al costato, un altro al collo e una studentessa minorenne con evidenti contusioni al braccio. A molte delle persone che cercavano di filmare quanto accaduto sono stati illegittimamente sequestrati i cellulari, nel tentativo di non far trapelare la realtà dei fatti.
Le persone, ancora in stato di shock, si sono quindi spostate davanti al palazzo della provincia, cercando di metabolizzare l’accaduto e tranquillizzare soprattutto i più giovani. È stato in questo frangente che ​l’assessore Bisesti, contro ogni regola di buon senso e di ordine pubblico, ha deciso di uscire dal palazzo dall’ingresso principale, con la lucida volontà di provocare​, scortato da un ingente numero di rappresentati delle forze dell’ordine. Coloro che dovrebbero garantire la sicurezza di tutti/e hanno invece prestato il fianco a un provocatore che cercava lo scontro, con una nuova carica contro cittadine e cittadini. Riteniamo tutto questo un gesto gravissimo e pericoloso, fascista nei significati come nella pratica.
Aggiungo che un Consigliere – Caudio Cia – ha anche insultato i manifestanti urlando “democratici di merda!”
Ecco il video dei fatti, in cui si vede che la carica della polizia è partita davvero all’improvviso e senza che ve ne fosse alcuna necessità. Un insegnante stava parlando e c’erano voci e confusione, ma NIENTE che legittimasse il ricordo alla Forza Pubblica.

La Lega Trentino, per mezzo della Consigliera Dalzocchio, oltre che a sostenere che “la porta sia stata sfondata”, ovviamente parla di aggressione subita, facendo la vittima e arrivando persino a dire:

Un gruppetto di intolleranti ha illegalmente forzato una porta del palazzo della Provincia con l’intento di boicottare l’evento culturale organizzato dagli assessori Mirko Bisesti e Stefania Segnana: tale evento prevedeva la partecipazione di relatori di esperienza e competenza.Hanno compiuto questi gesti usando violenza sia verbale che fisica per reclamare la loro superiorità intellettuale, ritenendosi gli unici detentori della cultura. Intolleranti a qualsiasi confronto.Al contempo nella mia attività di Consigliere e Capogruppo in Consiglio provinciale per la Lega Salvini Trentino ho compreso quanto è necessario procedere a una revisione della legge sulle pari opportunità di cui personalmente mi occuperò in quanto donna.

In che senso vorrà riformare la legge sulle pari opportunità sinceramente – viste le premesse – mi fa molta paura.

Concludo con una testimonianza diretta di una persona che era presente e che conferma ancora una volta che le porte non sono state sfondate con violeza e che la Polizia ha caricato immotivatamente e in modo inaspettato.

Mala tempora currunt davvero. Dobbiamo far sentire il nostro fortissimo dissenso ogni volta che ci è possibile verso queste modalità fasciste, da Stato di Polizia, contro tutti coloro che voglio riportarci al Ventennio in materia di diritti civili, soprattutto per donne, persone LGBT e migranti.