#JeSuisJolie… e le altre donne chi sono?

albertadi Alberta Ferrari
Chirurga senologa,
lavora in Senologia presso la
Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.
Su L’Espresso online gestisce il blog Ferite Vincenti.


A distanza di due anni dalla mastectomia preventiva di Angelina Jolie, l’attrice ha completato il suo percorso con l’intervento di asportazione delle tube e ovaie.
“Quando la conoscenza è potere” afferma. Suggerisco a tutte di leggere l’originale o la traduzione dell’articolo su NYT (pubblicato anche su Repubblica). L’attrice spiega il suo percorso con tale lucidità e ponderazione da non richiedere ulteriori chiarimenti.

Le donne italiane con mutazione BRCA, riunite recentemente in un gruppo facebook e che hanno iniziato un gruppo di lavoro in ambito Europa Donna Italia, oltre a un progetto per diventare una onlus che rappresenti tutte le donne con mutazione BRCA italiane, sono entusiaste del fatto che l’attrice abba reso pubblico il suo non facile percorso. Questo semplicemente perché alle prime “Jolie italiane” come Silvia Mari o Anna Gazziero nessuno ha dato retta e siamo tra i pochi Paesi europei ad affrontare (o meglio non affrontare) questo delicatissimo ambito sanitario in assenza di linee-guida nazionali. Nel caos.

Angelina JolieMolte attiviste BRCA si sono date da fare nei blog per spiegare: “JeSuisJolie” è il titolo del post di Luigia Tauro, ma molte altre come Francesca Del rosso o Ornella Campanella, con una dichiarazione ufficiale a nome delle BRCA italiane, sostenuta da olte 200 firme, hanno invaso l’etere. Praticamente inascoltate.

Due righe per spiegare la situazione di Angelina Jolie: portatrice della mutazione genetica BRCA1 (ricordo che meno del 10% dei tumori al seno sono di natura genetica, quindi si tratta di un ambito complesso, ultraspecialistico e multidisciplinare): madre e zia morte per carcinomi dovuti a questa mutazione, sceglie tra le opzioni di riduzione di un rischio estremamente elevato di sviluppare un cancro giovanile (oltre l’80% per il seno, 50% per l’ovaio) l’asportazione preventiva della ghiandola mammaria (con conservazione di cute/ capezzolo e ricostruzione) e, due anni dopo, delle tube/ovaie.

Due anni fa la pubblica dichiarazione della mastectomia bilaterale suscitò reazioni smodate nel mondo scientifico: in Italia era argomento tabù perché confliggeva con il brand del conservatorismo ad oltranza di scuola veronesiana, poi il dibattito sembrò placarsi anche pechè lo stesso Veronesi disse che approvava la scelta di Jolie, lasciando tutti di stucco.

Dopo due anni e l’attivazione forte del mondo scientifico, delle donne “mutate” nonché della Ministra della sanità Lorenzin (che però dopo qualche settimana non sembrò più molto sensibile al tema) non mi aspettavo francamente tutto il polverone mediatico a cui ho assistito dopo l’intervento ginecologico di Jolie. Ma siamo ancora a questo punto? Così irrimediabilmente provinciali?

Da una parte la reazione popolare. A parte alcuni intellettuali o semplicemente persone di buon senso che intervengono con ottimi commenti pertinenti, la violenza di alcune reazioni sul web è stata assurda, un vero sonno della ragione. La banalità del male.
Breve carrellata:
Vabbe questa mo si leva tutti gli organi! Un trapianto di cervello le farei!!!
– Tenere certe notizie solo x se stesse, no?
– No scusate ma a noi “nun ce ne po’ frega’ de meno” …. pensasse a chi deve toglierle senza poter scegliere. …
– Prima o poi dovrò morire, tanto vale che mi suicidi subito..
– Malata lo è già …… mentale!
– Cosa si toglierà poi? Un polmone? Un rene…? Ma va va..
– Ma sta qui è fuori. E non è nulla di più che una scusa per farsi la plastica all’addome.
– Non’e che puoi metterti al posto di dio e prevedere quello che succedera’

Basta così, vero? Del resto questa gente non ha morti a catena in famiglia della stessa malattia e non ha mai fatto un counselling genetico. Un po’ li giustifico, perché l’informazione divulgativa sanitaria in Italia, salvo lodevoli eccezioni, è stata confondente e mistificante.

Ho verificato che a due anni di distanza, nonostante la persistenza di informazioni scientifiche grossolanamente errate, la qualità dell’informazione sanitaria è molto migliorata. L’articolo su Repubblica che si limita a tradurre quello del New York Times è forse il più potente e lucido messaggio per le donne. Nonostante ciò, molti articoli riportano ancora errori (non solo opinioni, già inappropriate in quanto tali) da matita blu e di questo mi occuperò al più presto nel mio blog. Perché ogni errore nell’informazione su questo tema non deve più passare: l’ignoranza genera mostri.
abracadabra
Un’illustrazione di Anarkikka


Tuttavia, quello che mi sgomenta e su cui vorrei riflettere qui oggi, è la posizione di molte sedicenti femministe.
A cui vorrei chiedere: scusate, ma il corpo della donna e la sua autodeterminazione sullo stesso dove sono finiti? Valgono solo quando si tratta di aborto o pubblicità sessista? Non dovrebbe vederci tutte compatte in una battaglia contro la puerilizzazione di donne adulte e consapevoli di un alto rischio di cancro potenzialmente mortale in organi specifici, a cui opinionisti più o meno competenti o improvvisati si sentono in dovere di raccomandare questo o quello, irridere persino o censurare l’opzione (molto sofferta) chirurgica?


Care amiche, se avete il dubbio che si tratti del capriccio contagioso di una star hollywoodiana siete fuori strada.
Il perno di tutto il mio impegno professionale è stata una battaglia culturale prima che medica: la donna a rischio genetico ha diritto a un percorso di qualità assicurato da linee-guida nazionali, deve trovare riferimenti competenti in team multidisciplinari e soprattutto, impeccabilmente informata, SOLO LEI si può assumere la responsabilità di una scelta difficile di riduzione del rischio.
Le opzioni al momento: controlli serrati per il seno (scommettendo sul vantaggio di una diagnosi precoce) oppure mastectomia preventiva. Una diagnosi precoce per il tumore ovarico al momento non è possibile, non rimane che l’annessiectomia (asportazione di tube e ovaie): allora è importante individulizzare molto il counselling per aiutare la donna a decidere quando (di solito al temine della vita riproduttiva). Non mi addentro in altri dettagli medici, che potrete trovare qui , voglio invece tornare alle donne che dovrebbero combattere per il diritto di autodeterminazione della femminile. Perché poco o nulla da dire se una si “gonfia” con interventi additivi, ma se si sfila la ghiandola o si asporta tube e ovaio per evitare un cancro con 40% (seno) e 75-80% di mortalità (ovaio) tutte lì a prendere le distanze anziché capire come sostenerle?

Ci era bastata Lella Costa 2 anni fa: “una scelta che non sta tanto dalle parti della vita” decretò sibillina. O Lorella tumblr_mseca3IkTM1qcw8vyo1_500Zanardo, che invitava ad accettare il cancro con fatalismo perché le cause sono dentro la nostra psiche: non nel DNA come sostiene la scienza insomma. Concetti su cui si possono fare studi e approfondimenti per carità, ma non cambiano una virgola del problema del decision-making dell’OGGI né spiegano l’astio verso le donne che liberamente, consapevolmente, informate rigorosamente e avendo maturato la loro scelta nei tempi e nei modi garantiti da un counselling multidisciplinare impeccabile, decidono per la chirurgia profilattica. Eppure ci sarebbe un grande bisogno di intellettuali e donne attente alle politiche femminili a sostegno di queste donne cancellate da una sorta di censura sociale

Nessuna ha rettificato e no, non è bastato. Discutendo con un gruppo di intellettuali femministe sul tema Jolie, ovvero le donne che dovrebbero avere a cuore la dignità di scelta delle altre donne e la loro tutela di fronte a politiche sanitarie latitanti, ho letto affermazioni di questo tipo:

L’annessiectomia profilattica come tentativo di controllo estremo e desiderio di immortalità? Manipolazione? legittimo delirio di onnipotenza? autolesionismo preventivo?
– Io non mi sento un po’ parte del femminismo. Io SONO femminista. Rivendicazione inutile e autoreferenziale: i femminismi sono tanti (ndr)
– Ad ammalarsi non sono mai singole parti sebbene la malattia colpisca o si esprima spesso su parti del nostro organismo.
– L’ottusita’ e’ un altro grande brutto male. Lei (io!) potrebbe averne la specializzazione ad honorem!
– – La invito a non essere cafona…Un amico esperto oncologo esprime forti critiche della predisposizione genetica al cancro
– Quella di Angelina Jolie non è prevenzione. Nessun medico serio ti consiglia una mastectomia o isterectomia come forma di prevenzione. (NO? Ndr). Il cancro può venire ovunque, quindi che si fa: si procede con una asportazione progressiva di parti del nostro corpo? E se uno ha il terrore del tumore al cervello? Eh già, questo è il commento da bar più popolare trovato ovunque (ndr).
– Qui il dubbio è che la genetica possa tutto e che non ci siano altri fattori, anche emotivi, che favoriscano lo sviluppo della malattia. Ma dimostriamoli e ne terremo conto!, come già si fa per l’alimentazione (ndr).

Naturalmente questi commenti rappresentano meno del 50%, provengono però da un’élite che dovrebbe tutelare la salute femminile fisica e psichica nonché il diritto di autodeterminazione della donna. Perché la scelta della chirurgia preventiva approvata dalla medicina basata su evidenze scientifiche, che altro è?

Termino con la considerazione di una collega che di fronte alla visione di questo dibattito commenta: “Alle vetero femministe sta sfuggendo di mano il controllo sulle donne” e con quello di una psicologa: “ma voglio dire: non capisco le polemiche, sarà un diritto seguire un protocollo di prevenzione? chi può contestarlo? ringraziamo la scienza e caliamo un silenzio su una scelta personale, con rispetto”.

Io, senza etichette, penso di aver sempre avuto molto a cuore tutti gli aspetti delle questioni femminili. Sarebbe mio grande desiderio che su alcuni temi si facesse fronte compatto. Perché le donne a rischio genetico sono state lasciate a lungo troppo sole. E interventi concreti sono urgenti, perché vedo ancora troppe giovani vite stroncate laddove si poteva realmente intervenire prima.

L’invito accorato e di ascoltate loro, le donne BRCA-positive, prima di emettere sentenze. Abbiamo tutt* molto da imparare. Termino ringraziando Stefania Anakikka Spanò che ha creato il bellissimo logo delle BRCA italiane, commentando: “Grazie da parte di una donna che prima di conoscervi non ne sapeva nulla….”.
Eccola qui, una vera donna amica delle donne.