Il BOOBSPRINT delle Femen: merchandising per la rivoluzione

Un post del 23 gennaio 2013, pubblicato originariamente su Un Altro Genere di Comunicazione.

Una giovane attivista in posa davanti a una “donna vitruviana” si colora il seno con i colori dell’Ucraina, cortissimi pantaloncini di jeans in cui stanno infilati pennelli che non userà, tette in dettaglio, il viso pulito della ragazza, un crocifisso dorato che le pende su una coscia nuda, lo slogan “sextremism Femen”, gocce di vernice che colano sul corpo, poi la giovane afferra un cartoncino e se lo preme sul seno, ed eccolo qui, il Boobs Print, l’impronta delle tette della militante.

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Il comunicato che accompagna lo spot, ci dice che le attiviste“offrono un pezzo unico a ciascuno dei propri sostenitori”,“un boob print (letteralmente stampa del seno) è l’impronta dipinta dei seni dell’attivista nella forma del logo di FEMEN”.
Per una donazione di 70 dollari, vi riforniremo con il vostro unico boob-print, autografato dall’autrice, e delle foto che ne garantiscano l’autenticità.

sextremism

Dopo aver diffuso le immagini dell’azione Femen a Piazza San Pietro ( e molte altre ) e aver espresso la nostra solidarietà all’attivista colpita ad ombrellate da una delle cattoliche di buon cuore presenti all’Angelus, pensiamo di aver già chiarito di apprezzare se non altro alcune delle azioni delle militanti ( e ci chiediamo: quando in Italia? ) senza contare che il dibattito instauratosi anche tra noi stesse autrici riguardo alle pratiche e retoriche Femen ha sviscerato una sostanziale importanza, anche solo mediatica, riconosciuta al gruppo di manifestanti.

È importante però anche discutere delle forme di comunicazione dei gruppi “più vicini”, così come si applica la decostruzione e la critica alla più becera pubblicità.
Guardando il nuovo spot diffuso da Femen per la nuova campagna di fundraising si sollevano quindi vari interrogativi.

Cattura

Per prima cosa ci si chiede perché in uno spot di raccolta fondi per “la lotta” non ci sia nessuna delle immagini della lotta stessa, magari anche a giustificare la richiesta di 70 euro ( non proprio una sottoscrizione libera ) per un souvenir più glamour che efficacemente comunicativo.

Le Femen non hanno mai negato di fare azioni di fundraising in maniera “aziendale”, basandosi su un merchandising commerciale, come gadget e calendari, ma anche senza entrare nel merito della modalità di raccolta fondi, non condivisa nemmeno da tutte, concentriamoci per ora sulle modalità di comunicazione scelte.

Zero ironia, una cifra precisa ( e alta ) da versare, spot da business e un souvenir più che discutibile.
Per non parlare poi dei riferimenti sessuali espliciti, dell’inquadratura pubica sui mini shorts ( un frame non solo oggettivante, ma glamourizzato, da pubblicità di H&M ) o dei vaghi sentori fallici strizzati e eiaculanti vernice.

Sdoganare le tette nude è un conto, veicolare una sensualità normata e declinata alla fruizione maschile è un altro. Addirittura quasi con lo stesso linguaggio audiovisivo di una qualsiasi pubblicità di tendenza.
Ciò che abbrutisce la rappresentazione non è poi solo l’immagine in sé, dal momento che le antropometrie hanno un senso anche storico come forme di arte e performance. Se di attivismo politico si parla, allora quello che rimane davvero fastidioso è la compravendita di “reliquie” da fan club. Non si capisce dunque come voglia evolversi questo gruppo, che invece di promuovere incontri formativi o autoformazione in cambio di una donazione ( non sarebbe stato meglio un libro chiave della preparazione delle Femen? ), decida di diffondere cimeli autografati.

E poi volendo usare immagini incisive, volendo creare una mitologia, volendo finire sulle magliette come Che Guevara, non sarebbe stato meglio allora un gadget fotografico delle varie azioni delle Femen?

Ad alcune di noi, guardando questo spot è tornata alla mente una pubblicità che avevamo criticato mesi fa. L’azienda in questione aveva lanciato sul mercato una linea in edizione limitata di liquori che prima di essere imbottigliati venivano versati e poi “distillati” sui décolletè di alcune modelle. All’interno della confezione si poteva trovare anche l’immagine della modella sulla quale era stata versata la vodka o il whisky. “Una specie di certificato di autenticità”, “una chicca che sicuramente non mancherà nelle case dei feticisti”, commentavamo. E un’azione di marketing che ci ricorda davvero da vicino quest’iniziativa in quanto, come già citato dal comunicato, ogni boob-print sarà un pezzo unico autografato dall’autrice a cui verranno allegate foto che ne garantiscano l’autenticità.

E noi che pensavamo che l’autenticità passasse dalla lotta sviluppata usando il seno come luogo di ribellione, come segno della liberazione dei corpi. Non come regalino per gli ammiratori.