Ha stuprato e può uscire di casa per lavoro. Sulla gerarchia dei reati

Post del 7 Agosto 2013

Dal 6 Aprile 2009 l’Aquila è un cumulo di macerie. Questa città fu distrutta dal terromoto e poi martoriata da chi, invece di ricostruirla e riportarla all’iniziale bellezza, ha continuato a inferirle colpi per poi abbandonarla. Qualcuno ha detto che questa città in macerie aveva tra le sue prime necessità il problema della sicurezza. Non saranno i morti, non saranno le case costruite da mano criminale, che crollano come castelli di sabbia, a fermare la retorica sulla sicurezza.

Ecco che parte l’operazione “Aquila sicura”, arrivano gli agenti, arrivano i rinforzi, per la sicurezza dicono.
Nessuno parlava di sicurezza quando gli a5efguvccaargiustudenti e le studentesse venivano mandat* in una casa dello studente costruita violando volontariamente le norme basilari proprio della sicurezza.
Ma non è questa la sicurezza di cui parlano, loro parlano di quella sicurezza sbandierando la quale si legittimano militarizzazioni delle nostre città.

Uno di questi militari in servizio a l’Aquila per l’operazione post-sisma “Aquila sicura” era Francesco Tuccia. Fuori da una discoteca di Pizzoli, nella notte tra l’11 e il 12 Febbraio, il militare aggredisce, stupra con una violenza spaventosa e abbandona in una pozza di sangue, che sporca la neve di quella gelida nottata, Rosa una giovane studentessa universitaria.
Tuccia venne condannato a 8 anni di carcere, cadde l’accusa di tentato omicidio, nonostante il corpo della ragazza fu ritrovato quasi esanime abbandonato sulla neve con ferite gravissime, dagli 8 anni di carcere si arrivò ai domiciliari,come misura cautelare,  è di oggi la notizia che il militare avrà un permesso di uscita dalle 9 alle 13 per motivi di lavoro. Lavoro non più nelle forze dell’ordine. E ci mancherebbe.

Dai sit-in fuori dal tribunale per lo stupro di Pizzoli

Durante i processi le compagne non hanno mai lasciato sola Rosa. Mentre, come accade troppo spesso nei casi di stupro, si cercava di far passare una violenza atroce per rapporto consensuale, mentre si tentava di spostare la colpa sulla vittima, erano lì a ribadire che ci riguarda tutte, che quello che è successo a Rosa non deve succedere mai più.

Quando leggo che il responsabile di questo crimine è ai domiciliare e ha il permesso di uscire per lavoro, provo rabbia. Non voglio sentenze esemplari, non invoco le forche, ma ritengo che questo caso, insieme a quello di Montalto di Castro , in cui i giovani responsabili dello stupro di gruppo di una 14enne sono oggi alla messa in prova svolgendo lavori socialmente utili e possono sperare nell’estinzione del reato, siano sintomatici del modo in cui vengono considerate nel nostro paese le violenze contro le donne.

Esiste in Italia una gerarchia di reati, dove se rubi, se manifesti sei un criminale, se stupri te la puoi cavare con gli arresti domiciliari.

Non sono qui a chiedere pene più severe, ma a constatare che c’è un problema se gli attivisti e le attiviste NoTav vengono consderat* terrorist*, se il parecchio discutibile, per usare un eufemismo, reato di “devastazione e saccheggio” è costato 15 anni di reclusione alle persone che hanno manifestato al G8 di Genova, se esiste una cosa chiamata reato di clandestinità che ti rinchiude in un lager, mentre la violenza sessuale viene trattata come un reato minore.
Esiste una scala gerarchica dei crimini e lo stupro occupa l’ultimo gradino. Nè le forche, nè l’impunità ma la presa di coscienza che queste sentenze e il modo in cui vengono trattati gli stupratori alimentano una cultura maschilista e patriarcale, che a sua volta alimenta le violenze, ed è un gatto che si morde la coda, un circolo vizioso, il circolo della violenza.

Se hai la divisa l’impunità è quasi garantita.valle
Francesco Tuccia indossava una divisa, la indossavano anche gli agenti che hanno massacrato Stefano Cucchi. Nessuna condanna per questi ultimi. Permesso lavoro per Tuccia. Lui era solo un drogato, lei una ragazza ubriaca. Ucciso; stupro che solo per una serie di casi fortutiti non è finito in femminicidio.

Queste sono le forze dell’ordine che dovrebbero proteggerci? Questo è lo Stato che uccide, che stupra, che zittisce il dissenso.

Chi vuole lottare contro la violenza contro le donne non può nello stesso tempo non mettere in discussione questo sistema, non può non sovvertire un ordine sociale in cui rubare al supermercato è considerato più grave di uno stupro, non può non combattere quella cultura che veicola l’idea che sui nostri corpi e con i notri corpi si possa fare di tutto.