L’anno scorso, nel post “Combattenti, coraggiose, appassionate e libere. Donne fuori dai ghetti rosa “, stilai una gallery con una serie di donne che, nel corso dell’anno, si erano contraddistinte in vari campi: dalla letteratura, alla scienza fino ad arrivare all’attivismo.
Donne fuori dai ghetti rosa è una delle rivendicazioni della nostra campagna #giornalismodifferente
Anche quest’anno le donne che hanno fatto cose rilevanti per la società e per l’emancipazione sono state numerose.
Come l’anno scorso è stato l’anno di Samantha Cristoforetti –che l’11 giugno ha battuto il record europeo e il record femminile di permanenza nello spazio in un singolo volo– e delle guerrigliere curde sempre in prima linea a combattere contro l’Isis. Ma è stato ancora l’anno di tante altre, come Malala, le donne afghane e Fabiola Gianotti –direttrice generale del Cern di Ginevra, il più importante centro di fisica delle particelle del mondo.
Come l’anno scorso, però, anche quest’anno queste donne hanno avuto poco rilievo sui media a meno che non si trattasse di piccoli stralci o gallery dove veniva messo in primo piano (esclusivamente) il loro aspetto fisico.
Come scrivevo un anno fa:
il giornalismo tende a narrare unicamente storie di donne perfettamente incasellate nei ruoli tradizionali affibbiati, da sempre, alle donne: soubrette, mogli, madri, badanti.
Quando non si parla di mamme e mogli perfette o delle chiappe di tale attrice o soubrette si parla (male) delle donne vittime di violenza, sempre rappresentate come bisognose e alla ricerca della protezione o della compassione di qualcuno.
I giornali, tutti, da quelli più autorevoli a quelli meno ci hanno deliziato con gallery di tutti i tipi: culi, culi e ancora culi, le sportive più sexy, la vivisezione sulle figlie o la moglie di Obama e tanto altro.
Insomma, non è cambiato proprio nulla. Sicché, anche quest’anno, invitiamo i giornalisti a dare un’occhiata su come vorremmo che fosse una gallery dove si parla di donne, con la speranza che, di tanto in tanto, inizino a preferire i contenuti ai click e che quando parlano di “forza delle donne” non stiano facendo allusioni al loro fondoschiena o alla bellezza dei loro lineamenti o stiano osannando il multitasking –ennesima gabbia in cui le donne sono costrette spacciata per emancipazione– o (esclusivamente) a chi adempie al ruolo di moglie e madre, ma narrino le storie di chi vince premi letterari o sportivi, di chi fa scoperte scientifiche, di chi combatte per ottenre dei diritti e di tutte quelle donne che, rischiando la vita, portano avanti battaglie umanitarie nei posti più ostili del mondo.
Svetlana Aleksievič: giornalista e scrittrice bielorussa a cui è andato il premio nobel per la letteratura in questo 2015, nota soprattutto per essere stata cronista dei principali eventi dell’Unione Sovietica della seconda metà del XX secolo: dalla guerra in Afghanistan, al disastro di Černobyl’, ai suicidi seguiti allo scioglimento dell’URSS.
Tra i suoi libri: ‘La guerra non ha un volto di donna’ (sulle donne sovietiche al fronte nella seconda guerra mondiale), ‘Ragazzi di zinco’ (sui reduci della guerra in Afghanistan), ‘Incantati dalla morte’ (sui suicidi in seguito al crollo dell’URSS), ” (sulle vittime della tragedia nucleare).
Black mambas: ranger sudafricane che difendono i rinoceronti e gli altri animali selvatici dai bracconieri
Questo gruppo di coraggiose donne sta ottenendo risultati importanti nel contrastare il bracconaggio e il commercio illegale delle specie selvatiche, attività che le è valsa il premio Champions of the Earth dell’UNEP – United Nations Environment Programme.
Il loro lavoro, intenso, faticoso e pericoloso, punta a minare alla radice i meccanismi del bracconaggio internazionale, che sta mettendo seriamente a rischio la sopravvivenza di alcune specie animali, a partire da elefanti e rinoceronti.
Il primo team russo composto esclusivamente da scienziate. Alla (sciocca) domanda di un giornalista su come avessero fatto nello spazio senza uomini hanno risposto: “Siamo qui per fare il nostro lavoro. Non abbiamo tempo per pensare agli uomini. Consideriamo il futuro dello spazio appartenere ugualmente a uomini e donne e, purtroppo, abbiamo bisogno di recuperare un po’ dopo un periodo in cui non ci sono state troppe donne nello spazio.”
Niloofar Rahmani è la prima donna pilota in Afghanistan dopo la caduta del regime talebano
Un sogno che la giovane aveva fin dalla tenera età (proprio come suo padre), sogno però che sembrava rimanere chiuso in un cassetto dato che alle donne, sotto il regime, fosse preclusa persino l’istruzione. Ma la ragazza non si è arresa e dopo aver trovato per caso un annuncio dell’aviazione militare rivolto a reclute donne, non ha esitato un attimo. Oggi, dopo un addestramento di 2 anni e mezzo Niloofar è la prima pilota donna dell’Afghanistan, dopo la fine del regime.
Le 57 studentesse che, rapite dai guerriglieri di Boko Haram in Nigeria, sono riuscite a fuggire dall’incubo e sono tornate a scuola
Kubra Khademi, artista afghana che ha passeggiato per le strade di Kabul indossando un’armatura di ferro per protestare, con una provocatoria passeggiata, le molestie sessuali e le violenze a cui sono soggette le donne. Molestie da cui devono quotidianamente difendersi. E ci vuole davvero una corazza perché il sostegno delle autorità è inesistente: “Le donne che denunciano molestie vengono addirittura minacciate dalla polizia”.
Cecilia Laschi e Barbara Mazzolai sono sono le due italiane nella lista delle 25 donne geniali di tutto il mondo che nel 2015 hanno dato un contributo decisivo alla robotica
Laschi e Mazzolai, sono impegnate in settori di frontiera, destinati a gettare le basi per i robot del futuro.
Robot come questi potranno essere utili all’ambiente, alla medicina o per esplorare altri pianeti.
Le donne saudite che votano per la prima volta sabato 12 dicembre 2015 ed eleggono 20 donne per i Consigli regionali
Youyou Tu è la prima cinese a vincere un Nobel e la dodicesima donna a vincere un Nobel per la medicina. Tu ha cominciato a lavorare a un farmaco per la cura della malaria nel 1967, nell’ambito di un programma segreto dell’istituto farmacologico cinese istituito da Mao Zedong, per questo ha passato lunghi periodi nella provincia cinese di Hainan e ha dovuto rinunciare alla sua vita privata, lasciando sua figlia per sei mesi in un orfanotrofio.
Le sue ricerche sulla malaria hanno portato all’invenzione dell’artemisinina, che attualmente è il farmaco più usato per contrastare la malaria.
Le giovanissime calciatrici siriane che continuano a giocare nei campi profughi nonostante la guerra, la miseria e gli stenti. Qui un loro video https://www.youtube.com/watch?v=V8ZY60wIDz4&index=5&list=PLtPw-Y91GlmVawygNeaQ_3ZxTFyZfkcKf
Ha dovuto attendere quasi 80 anni, ma alla fine è riuscita a coronare il sogno di ottenere un dottorato in medicina, divenendo la persona più anziana ad aver raggiunto il traguardo. Ingeborg Syllm-Rapoport, oggi 102enne, aveva finito di compilare la sua tesi sulla difterite nel 1938, quando aveva 25 anni. Ma, essendo di origini ebraiche, il titolo le fu negato a causa delle leggi razziali decise dal regime nazista. “L’ho fatto per le vittime” ha dichiarato.
Le migliaia di donne e ragazze che hanno manifestato contro il femminicidio in Argentina, dove è stato stimato che ogni 33 ore c’è un femminicidio. Nove su dieci casi, l’assassino si rivela essere il partner o ex partner della vittima. Ora il loro slogan, #niunamenos, è diventato un hashtag utilizzato in tutto il mondo.
Dina Asher-Smith, a diciannove anni batte il record di velocità per i 100 metri (che ha corso in meno di 11 secondi) a Praga.
Jasmin Golubovska, l’attivista macedone che ha baciato lo scudo di un poliziotto durante una manifestazione contro la brutalità della polizia nel paese. Qui mentre si applica il rossetto, ha scelto di colore rosso perché simbolo della libertà. Quando le è stato chiesto qualcosa circa la foto, ha risposto: “Non uso molto trucco, indosso il rossetto rosso solo quando ho bisogno di riparare lo sguardo stanco dalla soppressione sistematica della libertà”.
Noor Tagouri, prima giornalista americana a comparire in tv con il velo, ha reso la sua storia esempio per tutte le ragazze che lavorano ogni giorno per realizzare il proprio sogno. Il suo motto, come ha dichiarato recentemente in una TED conference, è “Be your legend”. Per lei lo hijab non è un segno di debolezza, anzi: “mi dà forza, mi ha aiuta a fare quello che voglio”. Recentemente la Corte Suprema degli Stati Uniti che ha dato ragione a Samantha Elauf, la giovane donna che ha denunciato Abercrombie& Fitch per discriminazione per non averla assunta dopo essersi presentata ad un colloquio con il velo.
Una sentenza che, afferma la giornalista, costituisce “un enorme passo avanti verso” una società in cui la gente non deve essere penalizzata perché si veste in modo non conforme alla maggioranza. “Credo che stiamo cambiando, siamo stanchi di essere la copia carbone dell’immagine che la società si aspetta” ha dichiarato.
Jepchumba è un’artista digitale keniota che ha creato Aviro Health, un’applicazione che aiuta medici e infermieri a trattare i pazienti affetti dall’Hiv, grazie a Africandigitalart, network di creativi e makers, di cui è fondatrice
Jepchumba ha cercato di inserire strumenti tecnologici nella vita di tutti i giorni in alcune delle aree più arretrate dell’Africa. L’apertura di negozi di prodotti digitali e di laboratori ha permesso di far interagire le persone con questi strumenti. Il nuovo linguaggio digitale adottato da operatori sanitari, medici ed infermieri ha permesso di gestire in modo nuovo ed alternativo il rapporto con i pazienti. “La cosa importante”, dice Jepchumba, “è far comprendere agli utenti che anche loro possono essere utili e possono contribuire aiutando chi ha poca famigliarità con questi nuovi strumenti”. Secondo lei, ogni attività di interazione tecnologica cambia anche il modo ti interagire culturalmente e socialmente. Crede anche che questi nuovi mezzi di espressione, anche al di fuori del campo medico, possano dare voce alle persone migliorandone il livello di cultura globale.
Le ragazze di Bellezza senza confini, evento che ha visto sfilare in passerella, insieme, modelle abili e diversamente abili. Come scrivono dalle pagine del loro sito: “bellezza senza confini” nasce con degli obiettivi ben precisi. Lo scopo non è omologare le persone con disabilità all’ideale di bellezza proposto dai mass media, ma quello di aiutare tutte le persone a modificare i propri sguardi per imparare a vedere la parte migliore di sé mostrando come la bellezza sia qualcosa di semplice, naturale, che va oltre i pregiudizi e gli stereotipi con cui siamo abituati a ragionare. Uno degli obiettivi è la modifica degli sguardi rivolti al disabile. L’intento è permettere di guardare al mondo della disabilità non più con occhiate prolungate e insistenti che sottolineano determinati aspetti del corpo, sezionandolo, ma con sguardi intensi, attenti, profondi, interessati al corpo nella sua totalità o imperfezione che diventa bellezza. Il corpo si trasforma da corpo “che ho” a corpo “che sono”
Le ragazze di “Lesbica non è un insulto”, progetto nato con l’idea di dare visibilità all’omosessualità femminile partendo dai pregiudizi e dai luoghi comuni più diffusi per cercare di abbatterli. “Corpi nudi di donne lesbiche e scritte nere sono il mezzo di comunicazione usato per indagare l’omosessualità femminile, per aprire un dialogo verso chi non la conosce a fondo o la ignora totalmente. Lo scopo del progetto è unire una fotografia essenziale e pulita ad un messaggio diretto ed efficace, che riveli la figura della donna lesbica nell’Italia di oggi e la liberi da luoghi comuni”. Dal loro sito: http://www.lesbicanoneuninsulto.it
P.s. segnalate pure, nel caso in cui avessi dimenticato qualcuna, donne che nel corso di questo anno si sono distinte in qualche campo, le aggiungerò volentieri alla gallery.
Fonti e immagini: Buzzfeed , Internazionale , Adnkronos , Corriere , L’Espresso , Greenme , Repubblica , Internazionale
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