EXPO 2015, Gay Street a Milano e i “paladini ipocriti” dei diritti omosessuali

Articolo del 22 maggio 2014

A Milano, il 4 aprile 1993, nacque ufficialmente la principale “Gay street” italiana, via Sammartini, con l’affissione di una targa col nome della via che riporta proprio la dicitura “Gay street”.
Ma cos’è questa via?

via sammartini

In questa strada, in verità, hanno sede svariati locali definiti “per gay” o gay friendly, tra cui un’edicola e un ristorante, ma non è certamente (per ora) percepita come “Quartiere gay” dai cittadini.

Recentemente a Milano, questa via, situata in una zona piuttosto degradata della città, è salita agli onori della cronaca, perché inserita in un progetto, in vista del grande evento mondiale di Expo2015.
Si vuole riqualificare la zona per farla diventare un polo di attrazione turistica per tutte le persone omosessuali che visiteranno Milano in occasione dell’esposizione.
La consigliera Rosaria Iardino del PD ha dichiarato che “l’indotto italiano annuo del turismo gay ammonta a 2,7 milioni di euro. Un bel business”.
Le perplessità intorno a questo progetto sono molteplici.

La prima, immediata riflessione si concentra sul rischio abbastanza scontato di ghettizzazione. Creare una zona per gay, senza agire con misure sociali e legislative di più ampio respiro, infatti non include, ma esclude, separa. Non dovrebbero esistere ristoranti o edicole “gay friendly” o “per gay”. Edicole e ristoranti sono per tutt*, indipendentemente dalle inclinazioni sessuali di ciascuno.

via sammartini gay street

Non si farebbe altro che ribadire che esistono differenze tra omosessuali ed eterosessuali, anche in ambiti che con la sessualità non c’entrano niente.

In secondo luogo l’idea si riveste di una facciata di ipocrisia. Non si parla, nella Milano di Expo, di diritti delle persone LGBT, non si portano avanti istanze di civiltà e progresso come il riconoscimento di diritti civili alle coppie omosessuali e di contrasto all’omofobia attraverso azioni capillari “a monte”, come progetti educativi nelle scuole, ad esempio, ma ci si riempie la bocca di parole e di slogan, limitandosi a lucrare in un settore turistico visto un po’ come miniera d’oro.

vetrina gay

La terza riflessione è più profonda. Si vuol riqualificare la zona di via Sammartini per fare “bella figura” con i turisti, ma le cause del degrado della città non vengono prese in considerazione. Si ripulisce il centro e si lascia tranquillamente che il degrado si sposti al di fuori della zona di maggior attrazione per i turisti, in periferia, facendo la parte dei “paladini” delle persone omosessuali. Inoltre si è quasi deciso a tavolino che quella zona diventerà un “Quartiere gay”, per guadagnare denaro, non certamente per una vera volontà di inclusione e di estensione dei diritti civili e senza aver fatto partecipare alla discussione in materia le varie associazioni LGBT del territorio.

Insomma, dare spazio alle persone LGBT appare solo come un alibi. In realtà non si risolve alcun problema né di omofobia e/o di discriminazione, né di degrado cittadino. Un chiaro esempio di pinkwashing sul quale occorre riflettere.