Le donne “vere” hanno le curve? Rappresentazioni plurali, nuovi target e vecchi stereotipi

Che la modella Candice Huffine poserà per il calendario Pirelli 2015 è una notizia ormai nota a tutt*. La presenza di quella che viene definita “la più famosa modella curvy” sul prestigioso e patinatissimo calendario è rimbalzata su social network, tg, carta stampata.

Titoloni: “Prima top model curvy sul Calendario Pirelli” (Corriere.it); ” Candice Hoffine 90 chili di bellezza” (repubblica.it).

143227074-52328dd3-28b1-4987-9941-7ec5c3bc7ccfNon c’è fonte che non abbia riportato, con estrema perizia, i dati numerici: pesa tot, è alta tot, le sue misure sono tot.
La notizia della modella, che esce parzialmente dai canoni estetici dominanti, è strombazzata, accompagnata da annunciazioni e proclami, presentata come la rivoluzione del secolo, producendo in questo modo un effetto eccezionalità che allontana dal tentativo di arricchiere l’immaginario estetico con modelli plurali e differenti.

E’ la stessa Candice ad affermarlo:

““Non mi piace guardare all’entrata nel mondo della moda delle modelle plus size come ad uno stratagemma o una trovata commerciale. Credo sia infatti più giusto che, quando viene mostrata una modella curvy, il servizio non debba avere riferimenti o titoloni particolari. Penso che quando le persone vedono un titolo in cui compaiono le parole ‘plus-size’ percepiscono immediatamente le cose in maniera diversa, e non sempre migliore.” Fonte qui)

E invece i titoloni e i riferimenti espliciti al peso della modella hanno costituito la modalità giornalistica con cui si è parlato della partecipazione di Candice al calendario.
L’uso ossessivo dei termini quali “curvy”, “plus-size”, “donna con le curve” hanno un effetto classificatorio e ghettizzante.

Candice Huffine è diventata il “caso”, l’eccezione che esce dalla norma, ma esce fino ad un certo punto, infatti molte fonti, nel riportare la notizia, sentono la necessità di aggiungere particolari del tipo “è una bellezza sana e tonica”; “ha gambe chilometriche e labbra carnose”, quasi a rassicurare, perchè nell’immaginario comune una persona con qualche chilo in più è spesso considerata “brutta”, secondo l’equazione bellezza uguale magrezza, o trascurata, debole, priva di forza di volontà o appunto malata.

Abbiamo auspicato più volte la moltiplicazione dei modelli estetici. Su questo blog abbiamo analizzato pubblicità e campagne che si sono servite di corpi “differenti”, quei corpi che solitamente sono invisibili: anziani, persone con disabilità, soggetti queer che vanno al di là del binarismo maschile/femminile, abbiamo cercato di mettere in evidenza gli aspetti positivi, ma anche i rischi insiti nell’inserire questi “corpi invisibili” all’interno della comunicazione commerciale.

Inclusione potrebbe significare contemporaneamente esclusione, dentro chi pesa tot chili fuori chi supera tale soglia, dentro la taglia 44 fuori la taglia 46, ecc…

Utilizzare i termini “curvy”, “plus-size”, “taglie morbide” significa creare un target, quindi trasformare la visibilità in operazione commerciale.

Certo, lo scopo della pubblicità è vendere e per vendere cerca continuamente nuovi bacini d’utenza, siano questi le persone omosessuali o le donne con una taglia diversa dalla 38/40, il problema è che questa pura operazione di marketing viene fatta passare per apertura gayfriendly o operazione che dovrebbe migliorare l’autostima delle donne.

Qual è l’effetto che l’immagine di Candice Huffine produce sull’immaginario collettivo?

Nel momento in cui la presenza di una modella “diversa” viene esaltata come deviazione dalla norma significa che la norma è ancora in piedi o al massimo che a quella norma se ne aggiunge un’altra.

La “donna con le curve” diventa la “vera donna”, diventa stereotipo.
I commenti alla notizia lo confermano: “finalmente una donna vera”, “questa sì che è una donna”, “la donna vera deve avere le forme al posto giusto”.

La donna vera deve essere magra, la donna vera deve avere le curve, la donna vera deve essere naturale, la donna vera non deve essere ritoccata, la donna vera deve essere mamma, la donna vera deve essere accogliente, la donna vera deve…

deaadf8423b4e1d8003b261fd508750dQualsiasi definizione di donna vera è necessariamente uno stereotipo, è la creazione di una norma, di un modello che può cambiare nel tempo e negli spazi, ma che nel momento in cui si impone come “verità” ingabbia e limita.

Rifiutiamo qualsiasi diktat che impone alle donne di adeguarsi alla norma di turno, sia essa la magrezza, le curve, le tette grandi o piccole, le gambe depilate o l’ascella pelosa, auspichiamo una rappresentazione plurale che non abbia il carattere dell’eccezionalità, desideriamo che i nostri corpi non siano più pesati e misuati in nome di progressive aperture che in realtà nascondono le solite forme di controllo.