Depenalizzare la prostituzione. Amnesty, pro, contro, dive e sex worker.

Il tema “prostituzione” scalda sempre il clima della discussione – femminista e non –  e negli ultimi giorni una novità nel panorama internazionale ha sollevato un acceso dibattito anche in Italia.

Amnesty International ha proposto infatti la depenalizzazione della prostituzione.
Una proposta contenuta in una bozza di documento che trovate tradotta in italiano su Abbatto i Muri.

Il problema è che, nelle bagarre virtuali o meno sul tema, si è fatta spesso una grande confusione su cosa sia realmente accaduto e quali conseguenze potrebbe avere la decisione di Amnesty. E i toni, soprattutto delle abolizioniste, sono stati spesso talmente accorati da sembrare combattere una battaglia personale, non politica, lasciando poco spazio a una comunicazione chiara sugli eventi. Cerchiamo quindi di fare un po’ di ordine.

Cosa ha fatto Amnesty?

Amnesty International ha preso una decisione controversa e ha votato per la decriminalizzazione del “sex work” e della prostituzione, nonché dell’acquisto di prestazioni sessuali. Più di 500 delegati da tutto il mondo hanno espresso la loro opinione al 32° International Council Meeting (ICM), a Dublino e la risoluzione ha stabilito che Amnesty

adotterà una politica che cerchi la massima protezione dei diritti umani delle/dei sex workers, attraverso misure che includono la depenalizzazione del sex work stesso.

L’assemblea comprendeva individui e gruppi molto diversi comprese lavoratrici del sesso, ex prostitute, organizzazioni abolizioniste, femministe e altre rappresentanti della lotta per i diritti delle donne.
Questa è la prima delle informazioni rintracciabili solo sulla stampa straniera, mentre in Italia si è preferito riportare la notizia in termini di uno scontro culturale in atto, tra abolizioniste che vogliono proteggere le donne e cattive femministe che vogliono la decriminalizzazione.

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Secondo l’assemblea che ha preso questa decisione,

la depenalizzazione è la migliore via per difendere i diritti umani delle e dei sex worker.

Sahil Shetty, segretario generale di Amnesty International ha infatti dichiarato:

I/le sex worker sono uno dei gruppi più marginalizzati al mondo che in molti casi si scontra con il rischio costante di discriminazione, violenze e abusi.

E proprio per questo da molte lavoratrici del sesso viene la richiesta di depenalizzare il loro lavoro, così da poter togliersi di dosso – almeno in teoria – lo stigma sociale che accompagna la loro professione, ma soprattutto così da rendere – sempre in teoria – più semplice denunciare sfruttamento e violenze, abusi e soprusi a cui una persona additata lei per prima per il proprio mestiere “criminale” mai avrebbe potuto ribellarsi.

Perchè no?

Secondo alcune donne, femministe, giornaliste e politiche, la proposta di Amnesty peggiora le condizioni delle prostitute invece di migliorarle. Perché depenalizzando la prostituzione e tutte le attività legate all’ acquisto o alla vendita di sesso consensuale tra adulti, favorirebbe invece papponi e sfruttatori.

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Jessica Neuwirth, avvocata internazionale dei diritti umani, scrive sul The Guardian

non tutte le donne che si prostituiscono sono vittime del traffico di esseri umani, ma tutte le donne vittime di traffico sessuale sono vendute nella prostituzione.
Amnesty legalizza l’industria in toto, senza fare distinzioni tra le donne che si prostituiscono e coloro che invece guadagnano dal loro sfruttamento.

La Svezia ha imposto una distinzione legale tra coloro che sono portate nell’industria del sesso dalla povertà e dalla discriminaizone e coloro che comprano sesso come un esercizio di potere e privilegio. Quel modello criminalizza solo coloro che comprano sesso e offre invece supporto a coloro che sono comprate. Questo metodo mira a decriminalizzare le donne prostituite senza legittimizzare gli uomini che le pagano.

Nel libri Paid For, Rachel Moran racconta la sua esperienza nel mercato del sesso, descrivendo i tre tipi di uomini che gestiscono la prostituzione: quelli che credono che le donne che comprano non abbiano sentimenti umani, quelli che sann che le donne hanno un’umanità ma scelgono di ignorarla e quelli che fanno derivare il proprio piacere sessuale dall’annientare l’umanità delle donne che pagano. Amnesty vuole davvero difendere il diritto di questi uomini?

A leggere per bene la bozza di Amnesty in realtà verrebbe da rispondere subito che no, nessuno vuole proteggere il diritto di questi uomini di sfruttare donne schiave di una tratta di esseri umani. Sul documento infatti si sostiene solo il diritto al sesso e alle prestazioni sessuali come non criminalizzabile di per sé:

Amnesty International crede che cercare, comprare, vendere e sollecitare sesso a pagamento siano atti protetti dall’interferenza dello Stato finché non vi sia coercizione, minaccia o violenza associata a tali atti. Delle restrizioni legittime possono essere imposte sulla pratica del sex work se si attengono alla legislazione internazionale per i diritti umani (cioè, sono per un obiettivo legittimo, idonee a soddisfare tale scopo, proporzionate e non discriminatorie).

Eppure la lettura della proposta è molto più pessimista e alle posizioni abolizioniste si sono aggiunte anche molte note attrici di Hollywood, schierate contro la decisione di Amnesty. Da Meryl Streep a Kate Winslet, da Carey Mulligan a Lena Dunham in molte infatti hanno sottoscritto il testo della Coalition Against Trafficking in Women (Coalizione contro la tratta delle donne, Catw) sostenendo che la prostituzione è di per sé una causa e una conseguenza della diseguaglianza di genere.

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Perchè sì?

La proposta di Amnesty ha avuto molti detrattori certo, ma anche molte sostenitrici. Soprattutto lavoratrici del sesso, cioè la prima categoria interessata a questa novità.
In risposta alla potente voce delle VIP hollywoodiane schierate contro la depenalizzazione ad esempio si è levata Molly Smithpseudonimo di una prostituta e attivista con Sex Worker Open University che scrive sempre sul The Guardian

Gli oppositori di Amnesty si rifanno al modello svedese, adottato in diversi paesi e descritto come progressivo e addirittura femminista. In realtà criminalizzare coloro che pagano per i nostri servizi fa sì che noi lavoratrici del sesso abbiamo meno clienti, e ci sentiamo obbligate ad accettare anche quegli uomini che in altre situazioni ci saremmo sentite capaci di mandare via, quelli che sembrano ubriachi, aggressivi o che hanno una reputazione violenta.

Dando priorità allo sradicamento dell’industria del sesso, queste leggi inoltre danno potere ai poliziotti di aggredire, arrestare e deportare le sex worker migranti. Questo è quello che Amnesty ha trovato indagando sul modello svedese. In Norvegia la polizia ha un’attitudine molto violenta contro le donne che vendono sesso e le lavoratrici che denunciano violenza sono loro stesse in pericolo perché hanno attirato l’attenzione della polizia. Come una delle sex worker ha detto a Amnesty: “se chiami la polizia, perdi tutto”.

L’idea che Amnesty possa dare priorità alle voci delle sex worker in una conversazione circa il sex work è apparentemente incomprensibile. Anche il The Guardian ha trovato normale far discutere di questa storia senza citare nessuno che al momento venda sesso. Se la criminalizzazione è così benfica per noi, diventa difficile immaginare perché le organizzazioni che si battono per questa non riescono a trovare e citare nemmeno una sex worker al mondo che la supporti.

E’ fondamentale ascoltare le sex worker di tutto il mondo per disegnare leggi che le tutelino. Questo è allo stesso tempo un atto semplice e radicale. Dallo Zimbabwe a Paris, da Bangkok al Guatemala, noi sex worker speriamo che le nostre voci meno note siano rimangano però ben udibili vicino a quelle delle dive di Hollywood.

 

Le voci delle star infatti sono rimbalzate su tutti i media, mentre ben meno spazio hanno avuto le opinioni a favore di Amnesty, specialmente quelle delle lavoratrici del sesso. Molly Crabapple, artista che avrebbe dovuto collaborare al progetto Lenny – rivista per millennials – di Lena Dunham, si è tirata via dal progetto proprio per la divergenza di vedute, intervenendo poi nel dibattito.

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di Molly Crabapple

Ha scritto:

Molte delle mie più care amiche sono lavoratrici del sesso. La mia militanza politica è legata all’attivismo sui temi della prostituzione, e da giovane ho lavorato in un settore legale dell’industria del sesso. La campagna di Amnesty International per la depenalizzazione della prostituzione è un’azione importante e positiva. Che si tratti del Bronx o della Cambogia, la polizia impiega la violenza contro le lavoratrici del sesso e contro le vittime del racket della prostituzione. Stupra, deruba, picchia, ricatta, arresta le lavoratrici del sesso e le vittime del racket della prostituzione. La depenalizzazione è un passo importante per porre fine a tutto questo.

Senza dubbio Lena Dunham crede che la petizione che ha firmato chieda la criminalizzazione solo dei clienti e degli sfruttatori, non delle lavoratrici. Questo modello, chiamato svedese, è però tutt’altro che una buona cosa. Ostacola ogni tentativo da parte delle lavoratrici del sesso di controllare le loro condizioni di lavoro. Favorisce la loro discriminazione, l’impoverimento, lo sfratto dalle loro case, e le rende passibili dell’accusa di «sfruttamento» quando scelgono di lavorare insieme per sentirsi più protette. Soprattutto, comporta spesso l’intervento di poliziotti corrotti e violenti nella vita di donne che sono già state vittime di violenza.

 

La scelta di Amnesty è coraggiosa e non piacerà a tutte. Ma a quanto pare piace alle donne che lavorano nel mercato del sesso. E questo dovrebbe essere un passo in avanti.

Credendo che la mercificazione del sesso, così come la mercificazione del lavoro e del sapere, sia un aspetto deteriore del sistema di sussistenza cui siamo tutte destinate mi piacerebbe aver letto più contributi sulla prostituzione nell’ottica di migliorare la vita delle sex worker e rendere più forte la lotta alla tratta di esseri umani e allo sfruttamento delle donne.
Tuttavia non capisco come sia possibile ancora sostenere delle tesi abolizioniste, negando l’esistenza di donne e gruppi di donne che rivendicano altro nel mercato del sesso.

Proliferano opinioni di generica condanna della prostituzione come madre di tutti i mali, tanto simili a quelli che spopolano contro la droga quanto – a mio avviso – inutili. Un generico no allo sfruttamento sessuale, mentre lo sfruttamento capitalista di qualsiasi altro corpo, lavoro e essere umano va bene.
I toni di queste levate di scudi tradiscono quasi un’ansia di chiudere la questione, di salvare tutte le prostitute, di non ipotizzare nemmeno la scelta di prostituirsi, ma silenziare il tutto con una buona dose di paternalismo.
Le donne “libere” sanno cosa è giusto per le ignoranti, illetterate, sventurate, sfruttate prostitute. Questo, di fatti, trapela dalle attrici di Hollywood come da tante opinioniste nostrane.
Le donne “libere” sono minacciate da quelle schiave, perché segno della discriminazione patriarcale, perché insinuano gli uomini “liberi”, perché evidenziano le contraddizioni del mercato. Questo trapela poi da tante voci più vicine.

La verità è che un numero molto alto di donne che si prostituiscono lo fanno contro la loro volontà.
E per queste va continuata a combattere la tratta, lo sfruttamento e gli sfruttatori.

Contemporaneamente è giunto però il momento di riflettere sul lavoro sessuale come tale e non come minaccia alla morale comune.

Lungi da me pensare alla reale possibilità di una “libertà di scelta”,ne avevo già scritto qui a proposito del distretto a luci rosse romano, ma è sempre più assurdo negare le esistenze e le esigenze delle sex worker.

Il dibattito sulla prostituzione si esaurisce tra le pro e le contro, quelle che passano per sostenitrici naif della libertà sessuale e le reazionarie abolizioniste fuori dal tempo. In mezzo, ci sono milioni di donne che avrebbero qualcosa da dire sulle proprie condizioni di vita e lavoro. Peccato che non abbiamo il faccino pulito di Carey Mulligan.

 

 

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18 Risposte a “Depenalizzare la prostituzione. Amnesty, pro, contro, dive e sex worker.”

  1. Concordo, riflessione in linea con il lavori interessanti di Giulia Geymonat. E infatti la stessa Amnesty nella bozza chiaramente considera questo come solo il primo passo per costruire altri tipi di misure.

  2. “Il problema è che, nelle bagarre virtuali o meno sul tema, si è fatta spesso una grande confusione su cosa sia realmente accaduto e quali conseguenze potrebbe avere la decisione di Amnesty. E i toni, soprattutto delle abolizioniste, sono stati spesso talmente accorati da sembrare combattere una battaglia personale, non politica, lasciando poco spazio a una comunicazione chiara sugli eventi.”
    Trovo molto spiacevole questa affermazione introduttiva. Quando in rete si svolgono delle conversazioni sull’argomento, è vero che spesso i toni trascendono, e il tono è aggressivo sia da parte di coloro che difendono la proposta di Amnesty International sia da parte di coloro che l’hanno criticata.
    Vi posso citare esempi di disinformazione che riguardano i sostenitori di Amnesty, ad esempio il blog “Al di là del buco” che ha titolato “Sono una prostituta e le abolizioniste ci vogliono in galera, Amnesty invece no!”, accusando le associazioni che hanno risposto ad Amnesty di promuovere la criminalizzazione della prostituta, il che è assolutamente falso, basta leggere la lettera scritta dalla Coalition Against Trafficking in Women, che recita: “Crediamo fermamente, in accordo con Amnesty, che le persone comprate e vendute nel mercato del sesso — per la grande maggioranza donne — non debbano essere criminalizzate in nessuna giurisdizione e che i loro diritti umani debbano essere pienamente rispettati e salvaguardati. Siamo anche d’accordo che, con l’eccezione di pochi paesi, i governi e i provvedimenti di legge violano pesantemente i diritti umani delle persone prostituite. Tuttavia, la vostra “Proposta di linee guida sul sex work” promuove incomprensibilmente la completa depenalizzazione dell’industria del sesso, che di fatto legalizzerebbe lo sfruttamento, la gestione dei bordelli e l’acquisto di sesso.”
    http://www.resistenzafemminista.it/lettera-aperta-della-catw-ad-amnesty-international/
    Quindi francamente non vedo perché accusare soltanto le abolizioniste (tra l’altro senza fornire alcun esempio del loro essere troppo “accorate”) di aver “lasciato poco spazio ad una comunicazione chiara”, quando l’esempio che vi porto qui dimostra che c’è stato chi ha cercato in tutti i modi di travisare le obiezioni che sono state poste alla posizione di Amnesty.
    Mi duole constatare che quando di parla di posizioni abolizioniste si citano sempre Meryl Streep e Kate Winslet, e non si fa menzione di tutte le associazioni di donne prostituite da tutte le parti del mondo che si sono espresse a sfavore della politica di Amnesty.
    Giova sottolineare che non tutte le sex worker sono entusiaste della proposta di Amnesty, neanche quelle che vengono definite “libere e autodeterminate”: http://infosullaprostituzione.blogspot.it/2015/08/lettera-aperta-ad-amnesty-international.html, perché, come spiegano le donne del CAFES (Collettivo d’Aiuto alle Donne Sessualmente Sfruttate), “La nostra esperienza ci ha permesso di constatare che è impossibile regolamentare la prostituzione in modo tale che i prodotti umani siano in essa rispettati.”
    Quindi non fingiamo che sia in corso una battaglia fra le sex worker e quattro attricette di Hollywood che hanno paura che legalizzare lo sfruttamento della prostituzione perché le prostitute “insinuano gli uomini liberi” (qualunque cosa voglia dire, ma immagino si riferisca ad uno scenario tipo Bocca di Rosa, con la povera prostituta scacciata dalle mogli cornute).
    La posizione di molte che hanno criticato Amnesty è tutt’altro che dettata dal paternalismo o dall’astio nei confronti di chiunque voglia prostituirsi, ma proviene dall’esperienza diretta e implica una riflessone approfondita su cosa significhi difendere il diritto al sesso del cliente, che è stato uno fra i punti più dibattuti in questi mesi.
    Argomento sul quale non avete scritto una riga.
    Ci sono milioni di donne che avrebbero qualcosa da dire sulle proprie condizioni di vita e lavoro: nel gennaio del 2014, 61 vittime e sopravvissute alla prostituzione dell’Asia meridionale, nonché i gruppi di donne che rappresentano le comunità emarginate a causa della loro casta, classe o etnia e le organizzazioni contro il traffico di esseri umani che aiutano le ragazze e le donne “intrappolate nel lavoro forzato ed altre forme di schiavitù” hanno scritto a Mlambo-Ngcuka per protestare contro la decisione di UN Women di evitare la parola prostituzione. “Non vogliamo essere chiamate ‘sex workers’, ma donne e bambine prostituite, perché mai accetteremo che il nostro sfruttamento venga considerato ‘lavoro’”, hanno scritto le firmatarie della lettera. “Pensiamo che il tentativo delle Nazioni Unite di definirci nei documenti ‘sex workers’ legittimi la violenza contro le donne, in particolare le donne appartenenti a caste discriminate, gli uomini e le donne poveri e quelli appartenenti alle minoranze, che costituiscono la maggioranza delle persone prostituite”. (qui la fonte: http://passblue.com/2015/03/31/prostitution-a-word-that-un-women-does-not-want-to-hear/)
    Sono tante le persone costrette dalla discriminazione, dalla povertà, dalla mancanza di alternative a finire nel mondo della prostituzione che non pensano che parlare di sex work le possa aiutare ad uscire da quello che considerano un incubo, non un lavoro.
    E’ legittimo avere un’opinione, ma questo non dovrebbe condurre ad esprimersi in modo ingiusto nei confronti di chi ha scelto di criticare Amnesty International fingendo che da una parte ci siano solo buoni e dall’altra, nella migliore delle ipotesi, delle “faccine pulite” che non sanno di cosa parlano.
    Potete non essere d’accordo con la posizione abolizionista – e questo è legittimo – ma travisarla così non è corretto.

  3. Credo di aver scritto un post equilibrato senza prendere una posizione “da tifoseria” sul tema. Io non sono d’accordo con la posizione abolizionista perché in questo momento la trovo semplicistica. Così come le eventuali proposte di legalizzazione della prostituzione. Credo che il discorso sia molto più complesso e soffra dell’appiattimento tra queste due posizioni.
    Il mio post cerca di fare chiarezza su cosa è successo, riportando tra l’altro alcuni interventi contro la proposta di Amnesty che in parte trovo anche condivisibili.
    Di nuovo, trovo scorretto mistificare ciò che ho scritto mescolando i piani di tratta e sex work,quasi a voler far sembrare che chi non è abolizionista è per lo sfruttamento.
    Per quel che riguarda l’introduzione del post: alcune abolizioniste – si vedano anche solo i commenti al post sulla nostra pagina Facebook – non sono molto disposte al dibattito sul tema prostituzione, perchè vissuto forse “di pancia” e quindi come una battaglia personale e non ragionata in senso politico. Alcune, non tutte. E se non faccio nomi è perchè trovo molto volgare e ingiusto puntare il dito verso qualcuna.
    Invito comunque a farsi un giro sui social e leggere soprattutto tra i commenti dei post “pro Amnesty” che sono girati in questi giorni per farsi un’idea di cosa intenda dire.

    1. Io infatti ho specificato che non mi riferivo ai dibattiti sui social.
      Resta il fatto che io non ho scritto affatto che chi non è abolizionista è per lo sfruttamento, bensì che la posizione abolizionista è tutt’altro che semplicistica, e cerca di sollecitare una riflessione sul concetto di “libera scelta”.
      La stessa Amnesty International ha dovuto ammettere che “gender inequality and other forms of inequality and discrimination are forcing, or pushing people into the sex industry”, che significa che sebbene di fatto ci sono persone che tecnicamente scelgono la prostituzione, lo fanno perché il contesto nel quale vivono, caratterizzato da povertà e discriminazione, la rendono una scelta quasi obbligata. Che senso ha allora distinguere fra tratta e sex work, se comunque in entrambi i casi sono sempre i più poveri e vulnerabili che vi finiscono invischiati, e proprio perché poveri e vulnerabili finiscono con l’essere sfruttati – dal trafficante o dal gestore di bordello, c’è poca differenza.
      Si riconosce che la prostituzione è una prospettiva che si offre principalmente alle donne. Quello che allora propone la posizione abolizionista è un’indagine del fenomeno da una prospettiva di genere, che si preoccupi di esaminare dove nasce una così sproporzionata domanda maschile di sesso a pagamento, e se – piuttosto che liquidare la questione con un semplicistico (questo si) “non si può sindacare cosa due individui adulti vogliono commerciare” – legittimare il sex work come un “lavoro qualsiasi” non vada a contribuire al perpetuarsi di un sistema patriarcale che relega le donne ad oggetti sessuali, danneggiando non solo quelle più povere e svantaggiate, ma le donne tutte, che rinunciano alla lotta per essere protagoniste del loro desiderio.
      Non c’è niente di semplice dei discorsi che sono stati fatti.
      Ci si è interrogati su concetti importanti sulla stampa internazionale, su cosa significhi ad esempio enunciare il diritto alla salute sessuale, e se la prostituzione non vada per la sua stessa natura a ledere quel diritto nelle donne che – per scelta o costrette dalle circostanze o dalla violenza – si prostituiscono. Si è discusso del fatto che Amnesty nel suo documento si concentra sulla violenza perpetrata dalle istituzioni sulle prostitute, omettendo di parlare dell’enorme mole di violenza esercitata dai clienti, nei paesi in cui è regolamentata come in quelli in cui non lo è, per strada come nei prosseneti.
      Io vi suggerisco di non fermarvi ai social, ma di esplorare altre fonti.

      1. Cara Ricciocorno
        ma davvero pensi che ci fermiamo ai social su NarrAzioni Differenti? Perchè se così fosse forse dovresti delegittimarci come fonte o blog da seguire. Saremmo delle bambocce superficiali che non sanno di cosa parlano. Ma spero non sia questo che vuoi lasciar trapelare.
        Sulla libertà di scelta: http://narrazionidifferenti.altervista.org/prostituzione-e-possibile-costruire-per-tutte-la-liberta-di-scelta/
        E che si tratti di prostituzione, di precariato o di capitalismo, difficilmente credo che nessuna di noi potrebbe dirsi davvero libera di scegliere.
        Scrivi: “Che senso ha allora distinguere fra tratta e sex work, se comunque in entrambi i casi sono sempre i più poveri e vulnerabili che vi finiscono invischiati, e proprio perché poveri e vulnerabili finiscono con l’essere sfruttati – dal trafficante o dal gestore di bordello, c’è poca differenza.”
        Per me ha molto senso distinguere tra schiave e persone che invece traggono una via di emancipazione – economica, sociale, femminile – dalla prostituzione.
        Per me il mondo si divide in sfruttati e sfruttatori, se un operaio dell’ ILVA mi spiega perchè deve continuare a lavorare nonostante sia a rischio inquinamento costante, è inutile che io faccia l’ambientalista sulla sua necessità di lavorare. Allo stesso modo, una sex worker potrò anche non capirla mai, ma se la prostituzione è la sua più valida scelta non posso metterla sullo stesso piano delle vittime di tratta.
        E viceversa, ovviamente.

        1. Tu hai scritto nel post: “Il problema è che, nelle bagarre virtuali o meno sul tema, si è fatta spesso una grande confusione su cosa sia realmente accaduto e quali conseguenze potrebbe avere la decisione di Amnesty. E i toni, soprattutto delle abolizioniste, sono stati spesso talmente accorati da sembrare combattere una battaglia personale, non politica, lasciando poco spazio a una comunicazione chiara sugli eventi.”
          Io ti ho risposto che è scorretto imputare SOLO alle abolizionista toni accorati e poco chiari, perché i toni accorati si possono riscontrare ANCHE fra chi sostiene la posizione di Amnesty.
          Scegliere di titolare “Sono una prostituta e le abolizioniste ci vogliono in galera” significa puntare a sconvolgere, di fatto accusando delle associazioni che mai si sono espresse a favore della criminalizzazione di chi prostituisce di qualcosa di NON VERO.
          Questo è quello che voi definite “comunicazione chiara”? Non è quello che io definirei una comunicazione chiara.
          Ed è per questo che vi ho fatto notare che il vostro riassunto delle posizioni espressa pecca di parzialità.
          E’ legittimo avere un’opinione, ma questa può essere supportata senza sostenere cose non vere, come ad esempio che SOLO le abolizioniste hanno gestito il dibattito in modo da non favorire una corretta diffusione delle informazioni.
          Muovervi una critica non equivale a darvi delle “bambocce superficiali”. Farvi notare che una posizione che avete definito “semplicistica”, in realtà è più complessa di quello che avete suggerito – suggerendo che magari vi sono sfuggiti degli interventi interessanti – non è un’offesa. Almeno, io non intendevo offendere, né delegittimare nessuno. Soltanto volevo restituire un po’ di dignità a delle argomentazioni che io ho trovato un svilite e svuotate di contenuto, in questo pezzo.

          1. E’ legittimo avere un’opinione, ma non esprimerla evidentemente. Se per un post simile si passa per sostenitrici dello sfruttamento sessuale.
            Comunque, nel post ho anche scritto “Il dibattito sulla prostituzione si esaurisce tra le pro e le contro, quelle che passano per sostenitrici naif della libertà sessuale e le reazionarie abolizioniste fuori dal tempo. In mezzo, ci sono milioni di donne che avrebbero qualcosa da dire sulle proprie condizioni di vita e lavoro.” E questo credo che non sia diretto solo alle abolizioniste, se si riesce a cogliere l’ironia.

    2. Ciao,
      lascio questo commento solo per chiarire che il post in cui si accenna al fatto che le abolizioniste preferiscono che le prostitute finiscano in galera è assolutamente motivato dal fatto che ancora le abolizioniste confondono la decriminalizzazione della prostituzione con la legalizzazione. amnesty scrive con chiarezza (https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/08/12/faqs-sulla-politica-di-amnesty-international-per-la-protezione-dei-diritti-umani-deille-sex-workers/) che la loro decisione non può in alcun modo influire con le leggi che i vari Stati redigeranno secondo quel che ritengono giusto. la decriminalizzazione si riferisce a condizioni di atroce repressione subita dalle prostitute che letteralmente finiscono in galera perché si prostituiscono. la decriminalizzazione riguarda le prostitute e i clienti e non gli sfruttatori e i papponi come erroneamente continuano a dirci le abolizioniste. il punto è che le abolizioniste ritengono che tratta e sex working per scelta siano la stessa cosa e che la prostituzione debba essere stigmatizzata di per se’, senza contare il fatto che si ispirano al modello nordico, repressivo nonché fallimentare su tutta la linea, per dichiarazioni delle sex workers e non perché lo invento io, e dunque fanno anche una grande confusione tra clienti, che vorrebbero sanzionare o penalizzare, e papponi. decriminalizzare la vendita e l’acquisto dei servizi sessuali significa che queste due parti non dovranno subire repressione perché si tratta di adulti che non subiscono né agiscono coercizione. Amnesty specifica invece che nei confronti della tratta, dello sfruttamento, si dovrà lottare con tutte le forze e l’autorità di cui dispone lo Stato.

      Quello che ho scritto può essere facilmente verificato dalle faqs, tradotte in italiano, che rispondono a tutte le accuse rivolte ad Amnesty. In quanto alle varie tesi complottiste, che delegittimano i vari soggetti, sex workers comprese e chi parla in loro sostegno, piuttosto che argomentare l’opposizione ad una tesi, direi che serve ragionare senza demonizzare niente e nessuno. Soros finanzia moltissime organizzazioni umanitarie, soprattutto quelle che riguardano i diritti umani in chiave anticomunista perché da ungherese non se la passava così bene da quelle parti. finanzia anche organizzazioni femministe, se è per questo, come si può vedere da questo lunghissimo elenco di associazioni finanziate http://www.discoverthenetworks.org/viewSubCategory.asp?id=1237.

      L’altro tentativo di delegittimazione nei confronti di Amnesty parla di una persona che farebbe parte di Amnesty pur avendo interessi nell’industria del sesso. Amnesty scrive e precisa che quella persona non è membro dell’organizzazione. http://www.amnesty.org.uk/douglas-fox#.VdYl2OmQ8Vr

      presto pubblicheremo traduzioni che confuteranno le varie tesi complottiste. perché il vero punto è che la discussione va liberata da tutta questa melma per riuscire, forse, un giorno, a discutere di questo, anche tra persone che non la pensano allo stesso modo, argomentando il perché si o il perché no, come ha fatto Narrazioni Differenti, senza sentire l’esigenza di tirare fuori l’asso pigliatutto dell’uomo nero che da qualche parte risiede a screditare chi non è d’accordo con te (il tu è impersonale). ecco tutto.

      grazie a Narrazioni Differenti per l’equilibrio e per lo spazio concesso.
      un abbraccio a voi e buon lavoro
      🙂

      1. be’, a dire il vero la bozza di Amnesty parla di decriminalizzare la vendita di sesso, non l’acquisto. Quando parla di acquisto si riferisce allo scambio consensuale. Dunque esclude l’acquisto di sesso di persone trafficate. Il che implica che il cliente in questo caso è colpevole quanto il trafficante. Amnesty inoltre riconosce che il termine sex worker, sebbene usato generalmente per intendere chi fornisce servizi sessuali, andrebbe applicato solo a chi lo sceglie volontariamente, escludendo ovviamente le persone trafficate, ma ponendo anche il punto di chi ha come unica scelta quella scelta, per motivi economici. Per questo nel promuovere la regolamentazione non esclude la legalizzazione, che comunque non deve in ogni caso andare contro i diritti umani di chi si prostituisce. E nel tenere conto della posizione dei movimenti di sex worker, sa bene che non può valere solo il loro punto di vista. Ciò che è bene per un@ sex worker, ovvero che i suoi clienti non siano perseguiti, non è detto che vada bene per chi si prostituisce, e non si ritene un@ sex worker, e ovviamente per chi è trafficat@

      2. Le associazioni che hanno criticato la proposta di Amnesty International hanno chiarito più e più volte che sono a favore delle depenalizzazione del reato di prostituzione, e che concordano con Amnesty quando denuncia il fatto che “i governi e i provvedimenti di legge violano pesantemente i diritti umani delle persone prostituite.” Quindi non è sul diritto delle prostitute a godere del diritto di non essere perseguite per ciò che fanno che verte il dibattito, ma sul reato di sfruttamento della prostituzione e sulla posizione giuridica del cliente.
        “la decriminalizzazione riguarda le prostitute e i clienti e non gli sfruttatori e i papponi come erroneamente continuano a dirci le abolizioniste.”
        Intanto questo non è vero: https://www.amnesty.org/en/latest/news/2015/08/sex-workers-rights-are-human-rights/
        “To be clear, our policy is not about protecting “pimps”. Amnesty International firmly believes that those who exploit or abuse sex workers must be criminalized. But the reality is laws which criminalize ‘brothel-keeping’ and ‘promotion’ often lead to sex workers being arrested and prosecuted themselves. In Norway we found evidence that sex workers were routinely evicted from their homes under so-called ‘pimping laws’. In many countries of the world, two sex workers working together for safety is considered a ‘brothel’.”
        Quello che sostiene Amnesty è che l’esistenza del reato di sfruttamento della prostituzione comporta l’arresto di libere sex-worker a causa di una scorretta interpretazione del concetto di “struttamento”.
        Di fatto, però, si è riscontrato che nei paesi nei quali lo Stato è intervenuto a regolamentare la prostituzione, rendendo legale ad esempio l’attività di gestore di bordello, questo ha favorito soggetti invischiati con la criminalità organizzata e coinvolti nel traffico di esseri umani – cito il caso spagnolo di José Moreno, condannato per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” (e non di sfruttamento della prostituzione!) nonostante le ragazze che si era procurato dal Brasile abbiano denunciato che erano state ingannate e poi minacciate per esercitare nel suo mega bordello legale in Catalogna. http://elpais.com/diario/2010/10/28/sociedad/1288216803_850215.html
        Tanti altri bordelli autorizzati dalla legge – nei paesi in cui la prostituzione è regolamentata – nonostante gli enormi guadagni dei proprietari ricavati dalla prostituzione delle ragazze, tutte migranti e provenienti prevalentemente da Romania e America latina, solo perché formalmente risultano come affittacamere, non vengono indagati come sfruttatori. E’ evidente che anche questo sistema ha delle falle, perché come è possibile che finiscano in Germania frotte di donne indigenti che non parlano la lingua?
        Quindi io ritengo che non è tanto assurda la preoccupazione di tutte quelle associazioni che si occupano di sopravvissute, né tanto priva di dati a supporto la critica che muovono ad Amnesty di prendere in considerazione solo ed esclusivamente la violenza istituzionale contro le prostitute (che c’è e che è un problema), ignorando quella esercitata dall’industria del sesso e dalla clientela.
        E’ un dato di fatto che la violenza contro le prostitute è esercitata anche dai clienti, e che lavorare in un bordello legale non le protegge in alcun modo.
        Si può affermare che gli atti di violenza contro le prostitute sono collegati al regime giuridico e non sono soltanto la conseguenza della violenza sessuale maschile?

        1. Io sinceramente non capisco come si faccia a mettere nello stesso commento uno stralcio in cui Amnesty sostiene la criminalizzazione di chi sfrutta e abusa e poi sostenere chi critica Amnesty perché prenderebbe in considerazione solo la violenza istituzionale. C’è una contraddizione grossa quanto una casa. Inoltre:

          Sex workers experience high rates of human rights violations and abuses globally. These abuses occur at the hands of a range of state and non-state actors including: law enforcement officials, clients, third-parties involved in sex work, other private individuals, landlords and healthcare providers. State responses to sex work and sex workers, via criminalisation and resulting stigmatisation, actively disempower sex workers and support a culture of impunity for human rights abuses against them.

          Non mi pare che i clienti e l’industria del sesso siano tagliati fuori dal testo di Amnesty.

          Poi come ci si possa appellare alle falle giuridiche di un sistema penale nazionale per fare obiezioni a un testo che pone delle linee guida e continuare a stravolgere quello che Amnesty scrive, che è chiarissimo. Se scrive che ci sono leggi che per contrastare una cosa perseguono chi si prostituisce, non sta ovviamente dicendo che vanno eliminate quelle leggi, e che non vada perseguito lo sfruttamento; ma che quelle leggi vanno scritte in modo che in ogni caso non tirino in mezzo chi si prostituisce. Fa due esempi molto chiari di effetti subiti, sfratto e un’associazione trattata come bordello, che evidentemente non hanno niente a che vedere con lo sfruttamento eppure sono effetti subiti da chi si prostituisce.

          1. Laura, ma dove avrei scritto che tu sei una sostenitrice dello sfruttamento sessuale?
            Io ho scritto una cosa completamente diversa: che l’opinione di chi critica la proposta di Amnesty è che la decriminalizzazione di tutte le attività connesse alla prostituzione – ad esempio la gestione di bordelli – comporta un aumento di traffico in entrata delle vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale – ed è sostenuto sulla base dell’analisi di dati concreti.
            Perché inserire un commento qui equivarrebbe a impedirti di esprimere la tua opinione?
            Non so se sono stata poco chiara io, o se a questo punto c’è la volontà di travisare completamente quello che ho scritto… Io mi sono limitata a giustapporre le mie considerazioni alle tue, facendoti notare, tra le altre cose, che “toni gravi” ed “esasperati” vengono espressi anche da chi vorrebbe passare come l’unico interlocutore obiettivo e rispettoso.
            Per questo sono irrispettosa io? Non comprendo davvero perché tu ti sia tanto offesa.

          2. “Poi come ci si possa appellare alle falle giuridiche di un sistema penale nazionale per fare obiezioni a un testo che pone delle linee guida…”
            E’ quello che fa anche Amnesty International, quando parla di prostitute perseguite come sfruttatrici. Se una legge studiata per punire lo sfruttamento viene usata dalle istituzioni per perseguitare chi non è sfruttatore, o la causa è una falla nel sistema, oppure dipende dal contesto culturale che influenza l’agire delle istituzioni.
            In entrambi i casi, citare questi casi non ci dice quale sistema è migliore di un altro.
            Io facevo solo notare che in entrambi i sistemi si evidenziano delle falle, ma che Amnesty ne cita solo alcune.

  4. Cara Laura, Siamo un gruppo di femministe attiviste e sopravvissute alla prostituzione http://www.resistenzafemminista.it. Ci occupiamo di prostituzione perchè ci riguarda, perchè alcune di noi hanno vissuto sui loro corpi la realtà violenta della prostituzione, la violenza sessuale e quella economica. Molte di noi sono precarie/disoccupate sappiamo cosa vuol dire essere ricattate sessualmente, quando non hai scelta, quando chi decide di comprarti è ricco, in una posizione di potere e le tue “scelte” sono limitate dalla vita che hai vissuto, la violenza maschile che ti ha distrutto ogni capacità di resistenza, la violenza del neoliberismo capitalista che completa il quadro. Siamo a stretto contatto e facciamo attivismo con gruppi internazionali di sopravvissute alla prostituzione come SPACE international (donne che sono state nel mercato del sesso provenienti da 7 paesi: Germania, Danimarca, Irlanda, Gran Bretagna, Canada, USA, Francia), Indigenuous Women against the sex industry, Asian Women Coalition Against Prostitution, Sex trade 101. Il nostro attivismo è radicato nelle nostre vite e noi crediamo che il punto da cui ripartire per dialogare tra femministe non sia il “rigore razionalista” ( non era una cosa patriarcale la dicotomia mente-corpo, razionale-irrazionale?) ma il partire da sè, una pratica femminista che ci ha insegnato a riconquistarci le nostre vite, che ci ha guidate nella presa di coscienza sull’oppressione che eravamo costrette a subire come donne nel patriarcato. Nella premessa del tuo post parli di “toni”, “soprattutto delle abolizioniste” che, “sono stati spesso talmente accorati da sembrare combattere una battaglia personale, non politica, lasciando poco spazio a una comunicazione chiara sugli eventi”. Il personale è politico, quindi continuare a dire che c’è un dibattito di “pancia” non ha senso, oltretutto la tua presa di posizione non è neutra come nessuna posizione può esserlo, siamo umani, non macchine, per fortuna abbiamo emozioni, idee, visioni del mondo, vissuti diversi. Questa battaglia è necessariamente personale Laura. Come potrebbe non esserlo? Stiamo parlando di vite umane e non di argomentazioni astratte! Da molto tempo un blog femminista continua ad insultare pesantemente le femministe abolizioniste definendole e definendoci “moraliste”, “bigotte” “violente” “necrofile” (addirittura colpevoli della cultura dello stupro) “borghesi” “figlie di papà” e ti garantisco che l’ultimo insulto per noi disoccupate e precarie è il più doloroso soprattutto quando arriva da persone che dovrebbero esserci solidali, che dovrebbero essere compagne ma preferiscono farsi accecare dalla loro battaglia per sparare a zero senza pensare che dietro ad una posizione politica ci sono persone e c’è dolore. Se guardi il nostro sito non troverai una riga di questi insulti, facciamo battaglia politica non pestaggio e siamo contro ogni tipo di censura.
    Ma c’è un momento in cui non puoi più stare a guardare ed è quando attaccano una tua compagna, quando usano parole violente contro una ragazza che ha vissuto la prostituzione sulla sua pelle e ha scritto ad Amnesty: questo è successo oggi sulla vostra pagina facebook ad opera di una signora che dice di stare dalla parte delle sex workers, (andatevi a leggere i suoi commenti che non postiamo qui per rispetto) ma poi definisce violenta la nostra compagna perchè ha osato dire che rifiutava l’uso del termine “sex work”, “sex worker” usato da Amnesty, perchè ha osato, lei che ha vissuto la violenza di essere sfruttata e stuprata in un bordello dire che non ha mai incontrato una sex worker e per lei questo termine è offensivo perchè lei non ha “lavorato” in un bordello, ma ha subito la violenza del pappone e dei tanti sadici, ipocriti con la doppia morale compratori di sesso. Perchè la prostituzione è violenza e non siamo solo noi a dirlo, ma migliaia di sopravvissute nel mondo, tutte quelle che Amnesty NON ha ascoltato! Le nostre compagne Heaven ed Adelina hanno scritto ad Amnesty International, questa è la loro lettera e vi spiegano perché sono assolutamente contrarie alla proposta di amnesty http://www.resistenzafemminista.it/lettera-ad-amnesty-international-di-resistenza-femminista/. Attaccare una ragazza che è stata prostituita in un bordello e che si oppone con forza alla proposta di Amnesty è violenza, se per voi questo è un confronto democratico e rispettoso, se per voi questa non è violenza, ditemi voi che cos’è violenza. Se volete parlare con le nostre compagne che sono uscite dalla prostituzione scriveteci a [email protected]. Il nostro gruppo non è una realtà virtuale, ci auto-finanziamo per quel poco che possiamo e ci incontriamo regolarmente. Siamo aperte ad un confronto con tutte quelle che per vari motivi fanno attivismo su questo tema.
    Su Amnesty ci sono molte cose da chiarire che il tuo post non affronta:
    1. LE VOCI DELLE SOPRAVVISSUTE: tu Laura accusi le abolizioniste di negare “l’esistenza di donne e gruppi di donne che rivendicano altro nel mercato del sesso.” Nessuna di noi e di altri gruppi femministi abolizionisti nel mondo ha mai attaccato la libertà delle donne altrimenti non avremo sostenuto il modello nordico che prevede l’assoluta depenalizzazione delle donne nella prostituzione. Un punto che dovrebbe accumunare le femministe e invece c’è chi continua a confondere abolizionismo con proibizionismo, che non c’entra nulla, il proibizionismo non è una posizione femminista. Nessuna femminista vuole la criminalizzazione delle donne che si trovano nella prostituzione eppure sembra ancora necessario ripeterlo. Quelle che invece non sono MAI ascoltate e che non sono nominate nel tuo articolo, neanche nel titolo, sono le sopravvissute alla prostituzione, sono donne che fanno parte di associazioni mondiali come SPACE international, Sex trade 101, Survivors for Solutions, Breaking Free, Sex trafficking survivors united e moltissime altre ancora. Postiamo qui sotto l’elenco delle 600 NGOs MAI ascoltate da Amnesty che dice di aver ascoltato associazioni abolizioniste e di sopravvissute, ma questo non è assolutamente vero visto che sono state raccolte 10.000 firme contro il documento sul sex work! e nessuna associazione femminista abolizionista ha dichiarato di essere stata ascoltata da Amnesty. Qui sotto l’elenco di alcune sopravvissute e attiviste che Amnesty ha completamente ignorato. Sono state raccolte 10.000 firme da due petizioni lanciate dalla Coalition Against Trafficking e dalle donne di SPACE sopravvissute alla prostituzione:
    Survivors of prostitution abuse
    Cherrie Jimenez, SPACE international, USA – Rachel Moran, SPACE international, Ireland – Vednita Carter, SPACE international, USA – Bridget Perrier, SPACE international, Canada – Fiona Broadfoot, SPACE international, UK – Tanja Rahm, SPACE international, Denmark – Rosen Hicher, SPACE international, France – Autumn Burris, SPACE international, USA – Jeannette Westbrook, SPACE international, USA – Laurence Noëlle, SPACE international, France – Marie Merklinger, SPACE international, Germany – Marian Hatcher, SPACE international, USA, AWAN (Aboriginal Women’s Action Network) (Canada), Buklod (Philippines), Bagong Kamalayan (Philippines) Apne Aap (India), Breaking Free (USA), CATW-Asia Pacific (Philippines), Eaves (UK), Embrace Dignity (South Africa), Miramed (Russia), Organization for Prostitution Survivors (USA), Vancouver Rape Relief (Canada), Ruhama (Ireland), Solwodi (Germany), Stigamot (Iceland), Women’s Support Project (Scotland).
    Women’s rights and gender equality movements
    Coalition Against Trafficking in Women (CATW) – Equality Now – European Women’s Lobby (2000 NGO members in Europe) – Osez le Féminisme! – UK Feminista – FEMEN – Resistenza Femminista, Italy – Conseil national des Droits des Femmes (France)

    Migrant women and indigenous groups
    Immigrant Council of Ireland (ICI) – Indigenous Women Against Sex Industry – Association des Femmes Autochtones du Canada – Groupe pour l’Abolition des Mutilations Sexuelles, des Mariages Forcés et autres pratiques traditionnelles néfastes à la santé des femmes et des enfants (GAMS)

    Anti-Trafficking organisations
    Coalition for the Abolition of Prostitution (CAP international) – Demand Abolition (USA) – Abolition 2012 (60 NGOs in France), Apne Aap (India), KAFA (Lebanon), Prostitution Research & Education (USA), Embrace Dignity (South Africa), Minnesota Indian Women’s Sexual Assault Coalition (USA), Chicago Alliance Against Sexual Exploitation (USA), Eaves (UK), Women’s Support Project (UK), Mouvement du Nid (France), Amicale du Nid (France), Solwodi (Germany), Fondation Scelles (France), Sexual Violence Centre Cork (Ireland) Associazione IROKO Onlus, Italy

    Human rights and social justice groups
    Martin Luther King Jr. Center, The Carter Center , Covenant House

    10 000 people and world leaders like President Jimmy Carter, Swedish MFA Margot Wallstrom, The Martin Luther King Jr Center have also called on Amnesty to reject this policy

    Women’s rights movements and anti-trafficking NGOs – 6000 signatures
    Vote NO to Decriminalizing Pimps, Brothel Owners, and Buyers of Sex.
    https://www.change.org/p/amnesty-international-vote-no-to-decriminalizing-pimps-brothel-owners-and-buyers-of-sex

    Petition by Survivors of prostitution – 4000 signatures
    Listen to Survivors: Reject the Proposal to Decriminalize All Aspects of Prostitution
    https://www.change.org/p/amnesty-international-listen-to-survivors-reject-the-proposal-to-decriminalize-all-aspects-of-prostitution?recruiter=7671364&utm_source=share_petition&utm_medium=twitter&utm_campaign=share_twitter_responsive

    Petition by 201 scholars and researchers from 19 countries
    http://prostitutionresearch.com

    The Martin Luther King, Jr. Center
    The King Center and The National Hispanic Christian Leadership Conference Stand Against the Decriminalization of Prostitution
    http://thekingcenter.org/news/2015-08-king-center-and-national-hispanic-christian-leadership-conference-stand-against

    Call by Nobel Peace Prize and former President of the USA, Jimmy Carter
    President Carter speaks out on commercial sexual exploitation
    https://www.change.org/p/amnesty-international-stand-up-for-the-human-rights-of-victims-and-survivors-of-sexual-exploitation-support-the-nordic-model-not-legalization

    Le sopravvissute non hanno il “faccino pulito” di Carey Mulligan, ma quello delle nostre compagne, di Rachel Moran, di Bridget Perrier, di Marie Merlinker, di Fiona Broadfoot che puoi vedere in questo video https://www.youtube.com/watch?v=d14Kqd8Xm0k che stiamo traducendo e sottotitolando, queste donne coraggiose le conosciamo personalmente e sono loro che hanno organizzato, sostenuto e combattuto fino all’ultimo per fermare la proposta di Amnesty.
    2.DIVISIONE TRATTA E LIBERE

    Una nostra compagna Adelina è stata vittima di tratta, albanese, ancora oggi disoccupata, senza nessun aiuto da parte dello Stato che dice di proteggere le vittime di tratta! La nostra compagna si oppone con forza a qualsiasi progetto di legalizzazione e depenalizzazione degli sfruttatori, proprietari di bordelli come propone Amnesty. Continuare a parlare IN nome delle vittime di tratta considerandole oggetti e non SOGGETTI politici di questo dibattito significa non riconoscere alcuna autonomia a queste persone, significa sovradeterminarle, censurarle e negargli qualsiasi diritto di parola! Le vittime di tratta hanno la loro voce e hanno detto con forza NO a questa proposta di Amnesty, perché Amnesty non le ha ascoltate, ma dice di parlare a loro nome? Questa è violenza. Questo è quello che dicono le sopravvissute di SPACE contro la divisione tratta/libere: “La prostituzione e la tratta sono intrinsecamente collegate. Lo sono da sempre e fin tanto che il mondo accetterà l’oppressione della prostituzione sempre lo saranno, dal momento che la tratta è soltanto una conseguenza di questo sistema. È soltanto una forma di palese coercizione che risponde alla domanda maschile di sesso a pagamento. La domanda di prostituzione è la causa della tratta e della prostituzione e i bordelli della prostituzione sono i luoghi in cui la tratta trova la sua massima espressione. Noi donne e ragazze prostituite e vittime di tratta esistiamo l’una a fianco all’altra e allo stesso modo veniamo sfruttate l’una a fianco all’altra, e non siamo persone che potete semplicemente etichettare come libere e forzate. La nostra libertà ci è stata sottratta in modi diversi, questo è certo, ma vi preghiamo di smettere di credere che la nostra oppressione sia in se stessa diversa. Noi non rivendichiamo, come fate voi, che le nostre esperienze sono diverse, noi affermiamo invece che, nel modo più assoluto, sono la stessa cosa – e che abbiamo diritto ad affermarlo con forza dal momento che abbiamo vissuto quello di cui voi state parlando. Quando voi formulate raccomandazioni legislative in cui ci dividete in categorie diverse, voi ci ignorate, e noi non accettiamo più di essere ignorate.
    Alcune delle vostre dichiarazioni pubbliche hanno preso per buono e hanno favorito la diffusione del falso presupposto secondo cui quelle di noi che sono state prostituite attraverso la tradizionale via della povertà e dell’indigenza non possono essere paragonate a quelle di noi che sono state prostituite attraverso la via della tratta. State sbagliando. Vi preghiamo di ammettere che avete commesso un errore, errare è umano. E vi preghiamo di ricordarvi, prima di tutto, che non tutte le catene sono visibili o tangibili e che talvolta i lacci più stretti che ci legano non sono per niente visibili all’occhio umano.
    Possiamo assicurarvi che le persone che si arricchiscono con il mercato del sesso non sono raggruppabili in rigidi compartimenti stagni più delle persone che sfruttano e che molti di loro sono sia “sfruttatori” che “trafficanti” allo stesso tempo. Possiamo assicurarvi inoltre che gli uomini che pagano per il sesso della prostituzione usano le donne e le ragazze vittime di tratta e quelle prostituite in modo intercambiabile e, dal momento che in primo luogo non riconoscono le donne come completamente umane, non si interessano per niente alle circostanze che hanno portato allo sfruttamento dei loro corpi.”http://www.resistenzafemminista.it/lettera-aperta-delle-sopravvissute/

    2. DEPENALIZZAZIONE TOTALE DELL’INDUSTRIA DEL SESSOPROTEGGE I PAPPONI E TRAFFICANTI NON LE DONNE IN PROSTITUZIONE
    Come dice Rachel Moran nel video che vi ho postato la depenalizzazione totale dell’industria del sesso non protegge le donne ma le persone che traggono profitto dallle donne: i proprietari di bordelli, gli sfruttatori che diventano “imprenditori” e la tratta diventa così invisibile com’è accaduto in Germania. Ce lo raccontano persone che nei bordelli tedeschi ci sono state davvero come Marie Merklinger di SPACE international che parla nel video che ho postato, ci ha raccontato come nel Paradise di Stuttgart dove si trovava, le ragazze dell’Est Europa sono in larga misura trafficate o in mano ai lover boy, i ragazzi papponi, ma la polizia non riesce più ad individuare la tratta perché le ragazze non denunciano e in un regime di depenalizzazione i trafficanti posso agire indisturbati. Rachel Moran parla poi del caso della Nuova Zelanda dove dopo la depenalizzazione dell’industia del sesso, il mercato ha subito un’espansione enorme come in Germania, la prostituzione di strada è aumentata in maniera esponenziale perché le donne non vogliono essere rinchiuse nei bordelli, le più povere, le immigrate non hanno nessuna protezione né diritti, la prostituzione minorile è in espansione, lo stigma contro le persone nella prostituzione è cresciuto e cosa estremamente grave: NON ci sono programmi di uscita, un punto centrale invece del modello nordico. Perché Amnesty non parla di programmi di uscita? Perché la sua filosofia è quella della riduzione del danno, quella che le nostre compagne rifiutano, come dice Heaven, il danno non va ridotto ma eliminato! Come dice Adelina bisogna offrire alternative concrete alle donne che vogliono uscire invece l’industria del sesso ha tutto l’interesse a lasciare le donne a marcire nei bordelli! Anche Isoke Aikpitanyi si oppone da sempre alla depenalizzazione dei proprietari di bordelli, se si elimina il reato di favoreggiamento come propone la SPilabotte una qualsiasi Maman nigeriana, dice Isoke, potrebbe fingere di essere una “sex worker” in una cooperativa di donne che si prostituiscono e coprire così la tratta. La nostra compagna Adelina dice la stessa cosa nella lettera che vi abbiamo postato.
    Ci auguriamo che possa ripartire un dialogo su premesse nuove ovvero nel rispetto delle persone che non sono state ascoltate, per tutte quelle donne povere, di colore, immigrate, indigene, le più vulnerabili, quelle che non hanno scelta o che non ce l’hanno avuta come le nostre compagne e che la proposta di Amnesty se diventasse legge consegnerebbe nelle mani di ricchi colonialisti violenti autorizzati a sfruttare, stuprare, usare i corpi delle altre, le donne di serie b, la classe delle prostituite che non hanno neanche il diritto ad essere ascoltate.

    1. Innanzitutto grazie per questo commento interessante, articolato e mai aggressivo.
      Vorrei che fosse chiara la mia profonda solidarietà da donna e da femminista con tutte le donne che sono state vittime di tratta, hanno subito violenze o sono sopravvissute alla prostituzione.
      Il mio post non va contro queste donne, spero sia chiaro, ma nasce da una necessità di chiarezza, prima di tutto la mia riguardo una proposta di depenalizzazione.
      Un eccesso di chiarezza sarà anche dirvi che ovviamente non mi riferivo a voi quando sostenevo, e ancora sostengo, che in tema di prostituzione spesso da una parte e dall’altra si alzino degli scudi difficilmente penetrabili con un confronto e che raramente creano la possibilità di dibattere su posizioni diverse. Non so niente degli insulti che vi sono stati rivolti, raramente questo blog si immischia nelle risse virtuali che popolano la rete femminista – e vorremmo rimanerne fuori anche in questo caso.
      Aggiungo poi che il “faccino pulito” non si riferisce a donne ex prostitute o che lottano contro lo sfruttamento, tutt’altro, a quelle che avendo il culo parato sempre possono pontificare senza tenere in considerazione tutte le sfumature di grigio della vita.
      Ho letto le lettere indirizzate ad Amnesty e non posso che accettarle e imparare una realtà e una necessità oggettiva di liberazione da quelle donne. Però mi chiedo, e vi chiedo: le donne, quelle la cui voce si sostiene sia anche più forte e ascoltata delle vittime, le donne che si definiscono sex worker, che vogliono prostituirsi, le “privilegiate” del lavoro sessuale che chiedono di andare in una certa direzione in fatto di diritti, depenalizzazione, tutele, ascoltare quelle richieste è davvero solo e sempre in conflitto con la lotta alla tratta e allo sfruttamento? Questo interrogativo è quello che muove il mio post e la riflessione che speravo di sviluppare sul blog.
      Leggerò con calma i link che mi segnalate e mi piacerebbe potervi ricontattare per ampliare questo dialogo.

  5. Cara Laura,
    grazie per averci ascoltate, sopratutto per il sostegno alle nostre compagne sopravvissute, è molto importante. Adelina ha aiutato molte ragazze vittime di tratta a denunciare, la sua esperienza è preziosa, ma continuiamo a leggere di femministe che parlano a nome delle vittime di tratta senza mai ascoltare cosa hanno da dire, qual è la loro proposta politica. Continuare a ripetere che la regolamentazione della prostituzione non fa aumentare la tratta o addirittura non si sa come dovrebbe causarne la diminuzione, senza ascoltare chi quell’esperienza di violenza l’ha vissuta davvero, significa negare l’esistenza di queste persone, perché le vittime di tratta come Adelina sanno che questo non è vero, che invece gli effetti sarebbero devastanti, com’è accaduto e continua ad accadere in Germania, Olanda, Australia e in Nuova Zelanda. Sulla Nuova Zelanda ci sono molti aspetti da approfondire di cui non si parla nel dibattito main stream, ce lo spiega molto bene Rachel Moran di SPACE che è in contatto da tempo con sopravvissute e donne che si trovano ancora nell’industria del sesso in Nuova Zelanda e denunciano come il sistema di totale depenalizzazione dell’industria del sesso ha favorito solo proprietari di bordello, sfruttatori, trafficanti e compratori di sesso che adesso possono disporre di più donne a prezzi stracciati (in Germania ci racconta Marie Merklinger la cosa più richiesta è il flat-rate, i bordelli a tariffa forfettaria dove pagando una cifra fissa puoi avere rapporti sessuali con tutte le donne che vuoi, esiste anche l’ebay del sesso dove si fanno delle aste e si può “vincere” un rapporto sessuale ad un prezzo bassissimo, come in tutte le aste si cerca di abbassare il più possibile il prezzo). Questo è un articolo in cui alcune donne che si trovano nell’industria del sesso in Nuova Zelanda denunciano la loro condizione : http://www.stuff.co.nz/national/politics/9428778/Ex-prostitutes-call-for-law-change. Come si può leggere anche dal report redatto dal governo neozelandese http://www.parliament.nz/en-nz/parl-support/research-papers/00PLSocRP12051/prostitution-law-reform-in-new-zealand la prostituzione non solo non è diminuita, ma è aumentata quella di strada, la prostituzione minorile (che nel documento del governo viene chiamata addirittura ‘underage sex work’!!) e lo stigma contro le persone che si trovano nell’industria del sesso non è affatto scomparso. Una ragazza di 28 anni che si trova nell’industria del sesso della Nuova Zelanda da quando ne aveva 14 ha contattato di recente Rachel Moran per denunciare la totale assenza di programmi di uscita nel suo paese, vorrebbe lasciare la prostituzione ma non può farlo. Questo è l’articolo in cui Rachel racconta dello scambio con questa ragazza che stiamo traducendo: http://www.newstatesman.com/voices/2015/08/amnesty-can-no-longer-claim-defend-human-rights-if-it-backs-decriminalising. Siamo in contatto anche con donne che si trovano nell’industria del sesso e per il momento per vari motivi non vogliono uscirne, ma che sostengono il modello nordico perché conoscono la realtà di sfruttamento e violenza che esiste nel mondo della prostituzione. Sono svedesi, la loro associazione si chiama PRIS, le abbiamo contattate più di un anno fa, una di loro è anche un’artista eccezionale. Puoi leggerti quello che hanno da dire: “Perfino per quelle di noi che ancora sono nell’industria del sesso, e vogliono restarci, è più importante considerare le donne meno privilegiate” http://www.resistenzafemminista.it/pris-riscatto-delle-prostitute-nella-societa/ Siamo contente di confrontarci con te, puoi scriverci quando vuoi e darci un tuo contatto email. Ci piacerebbe ripartire da quello che hai detto nel tuo post precedente a proposito della libertà di scelta e l’autodeterminazione: “Fermo restando che si opera una scelta quando si ha un’alternativa, altrimenti dove sarebbe la libertà? Le fondamentaliste dell’autodeterminazione sono le prime a sembrare di doversi imporre di accettare la prostituzione, perché se davvero la percepissero come un’occupazione come un’altra, la criticherebbero e la analizzerebbero per tutti i difetti che ha questa occupazione dal punto di vista socio-economico e di genere, senza pensare che basti fare tana libera tutte urlando “autodeterminazione!” Questa è anche la nostra prospettiva, se non si creano vere alternative per le donne, programmi di uscita seri, lavoro, formazione, assistenza sanitaria come dice la nostra compagna Adelina è inutile parlare di difesa dei diritti umani delle persone prostituite! La frase di Kenneth Roth dell’Human Right Watch, una NGO che collabora con Amnesty e risulta tra quelle che sono state consultate è emblematica: https://twitter.com/kenroth/status/630677061858930688. Secondo quello che dice Roth in suo twitter che ha provocato la reazione di moltissime attiviste e sopravvissute, mentre aspettiamo che la povertà finisca (e questa “rassegnazione” viene da un uomo ricco privilegiato) dobbiamo permettere alle donne povere di prostituirsi. Il cinismo neoliberista ha trovato in questa affermazione la sua espressione migliore. Come disoccupate/precarie questa frase ci conferma come molte delle organizzazioni che dicono di proteggere i diritti delle sex workers vogliono in realtà soltanto difendere gli interessi miliardari dell’industria del sesso. E la filosofia della riduzione del danno che si contrappone alle costituzione dei programmi di uscita ne è la vera dimostrazione. Quando parliamo di prostituzione per noi è fondamentale l’intreccio tra capitalismo e colonialismo, il terreno dove si sviluppa il sistema prostituente (perchè si tratta di un sistema, come minimo di una triangolazione, dove chi lucra è lo sfruttatore/sfruttatrice e non di un semplice scambio tra due adulti consenzienti come viene ripetuto da chi sostiene l’industria del sesso) come ci dicono le attiviste indigene con cui lavoriamo Indigenous Women Against the sex industry, le donne asiatiche, le black feminists della Asian Coalition against prostitution, le donne indiane di Appne Aap e molte altre ancora. Non è un caso che Douglas Fox l’autore della bozza del documento sul sex work approvato da Amnesty si definisca “sex worker”! in un’intervista rilasciata al Guardian. https://www.byline.com/project/3/article/4. Douglas Fox, proprietario della più grande agenzia di escort della Gran Bretagna ha scritto nel 2008 la bozza iniziale del documento, Fox faceva parte del gruppo di New Castle, la bozza finale approvata presenta differenze minime rispetto al documento presentato dal pappone Fox! Douglas Fox fa parte dell’International Union of Sex Workers: ci sono proprietari di bordelli, madame e sfruttatori che si definiscono “sex worker” solo perchè fanno soldi con l’industria del sesso! Quindi quando di parla di sex worker noi, come le numerose associazioni di sopravvissute, ascoltiamo solo la voce di chi effettivamente si trova nell’industria del sesso e non chi fai i soldi sulla pelle delle donne ovvero gli sfruttatori. Per chiarire su Fox ti trascrivo un dialogo tra una rappresentate di Amnesty, Ms Teggar e un rappresentate della commissione giustizia dell’Irlanda del Nord, Teggar era stata consultata in fase di dibattito legislativo perchè Amnesty si oppone al modello nordico che è stato invece di recente approvato in Irlanda e Irlanda del nord:
    Mr Wells: Who else is Douglas Fox?
    Ms Teggart: I will look to you for that.
    Mr Wells: I think that you know who Douglas Fox is, do you not?
    Ms Teggart: I think that, after your e-mail inquiry, based on what my colleague googled, he came up as an International Union of Sex Workers (IUSW) activist.
    Mr Wells: Douglas Fox runs the largest prostitution ring in the north-east of England. He has been on the front page of ‘The Northern Echo’ and is quite proud of that fact. Douglas Fox was running the largest prostitution ring in the north-east of England, he was a member of Amnesty International, in one of your north-east branches, and he proposed the motion at your AGM in Nottingham in 2008. Is that correct?
    Ms Teggart: He did not propose the motion. The motion was proposed by the Newcastle upon Tyne group.
    Mr Wells: But he was instrumental in that motion, which went before your group.
    Ms Teggart: He was a member of the group that brought forward that motion.
    Mr Wells: You allowed a person who ran the largest prostitution ring in the north-east of England to have major input in your policy development.
    Tanti auguri per il tuo lavoro nel vostro blog e ti aspettiamo!

  6. Vedo che ci sono ulteriori interventi e dato che si tira in ballo la posizione di chi supporta le rivendicazioni dei/delle sex workers allora mi preme aggiungere questo.

    Si lamenta di qualificazioni politiche espresse da chi supporta i/le sex workers dimenticando la mole enorme di insulti che viene fuori dalle tastiere di alcune abolizioniste a delegittimazione e discredito di chiunque non la pensi come loro.

    Giusto per darvi un’idea: di Amnesty hanno detto che sostiene sfruttatori e papponi, che sarebbe stata pagata da entità varie che, secondo complottismo corrente, li avrebbe spinti a decidere per la decriminalizzazione. Di chi costituisce i sindacati dei/delle sex workers si dice siano soltanto “privilegiat*”, papponi, sfruttatori e criminali travestiti da sex workers, dunque non solo si nega loro il diritto di autorinominarsi, come sex workers, ma si nega la loro esistenza, la loro soggettività, per prendersi il diritto di sovradeterminarli. Di chi sostiene le rivendicazioni dei/delle sex workers, e questo mi consta personalmente, senza contare il “depravata” dedicato a Pia Covre, presidentessa del Comitato per la difesa dei diritti civili delle prostitute la quale non viene neppure reputata una valida interlocutrice dalle abolizioniste (chiedetevi perché), è stato scritto che siamo pagat* da puttanieri, in combutta con i papponi, o perfino con intenti futuri che ci vedrebbero impegnat* in qualità di “imprenditori” nel mercato delle prostitute.

    A delegittimazione di chi chiede la decriminalizzazione dicono che si tratti soltanto di un espediente per dare mano libera ai papponi. Ma decriminalizzare il sex working vuol dire che sono le prostitute, soprattutto, che saranno difese affinché si impedisca che finiscano in galera. Si dice anche che la regolarizzazione abbia portato grandi scompensi e lo si dice sulla base di dati viziati forniti da abolizionist* (https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/08/12/la-legge-tedesca-sulla-prostituzione-bugie-e-verita/) o sulla base di chi in rete sostiene di aver vissuto in prima persona quella terribile esperienza e dunque ritiene così di poter parlare a nome di tutte le altre. Si dice che la regolarizzazione non serve perché da noi, per esempio, le prostitute sarebbero libere di fare quello che vogliono. Peccato che lo Stato le obblighi a pagare le tasse (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/29/sex-worker-tasse-si-diritti-no/1726908/) senza riconoscere loro alcuna possibilità di aprire una partita Iva e di ottenere in cambio garanzia di diritti, senza contare il fatto che se due colleghe lavorano nello stesso appartamento rischiano la denuncia per favoreggiamento (https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/02/13/italia-quello-che-le-sex-workers-chiedono-alle-istituzioni/) della prostituzione perché la Legge Merlin le vuole a lavorare da sole, senza difesa e sicurezza, possibilmente in luoghi marginali così come le ordinanze pro/decoro (https://abbattoimuri.wordpress.com/2013/02/18/cronache-antiautoritarie-la-guerra-contro-le-sex-workers-in-italia/) di tanti sindaci italiani le obbligano a fare.

    La discussione in realtà è molto complessa e tante persone, ricercatrici, studiosi, incluso quell* licenziati (https://abbattoimuri.wordpress.com/2014/02/25/commissione-eu-rigetto-ricerca-sulla-prostituzione-daniela-danna-fanatiche/) per far passare la linea Honeyball in favore della risoluzione abolizionista europea votata (https://abbattoimuri.wordpress.com/2014/02/27/chi-ha-votato-a-favore-della-risoluzione-abolizionista-della-prostituzione/) senza aver ascoltato i/le sex workers, tutte queste autorevoli figure e tanta gente impegnata nella rete della salvaguardia dei diritti umani, sono stati impegnatissimi alla ricerca di una soluzione, una possibile via d’uscita per difendere le vittime di tratta e lasciare libere i/le sex workers che fanno quel mestiere per scelta. Ma puntualmente ci si scontra con il neofondamentalismo di alcune abolizioniste che dopo aver insultato le associazioni di sex workers, le figure politiche che le hanno difese, le femministe sex-positive che le supportano, e chi più ne ha più ne metta, ora sono passate all’attacco di Amnesty che non soltanto vota per decriminalizzare la prostituzione ma boccia il modello nordico, quello svedese( https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/08/12/il-problema-del-modello-svedese-di-regolamentazione-del-lavoro-sessuale/), che piace tanto alle puritane del secolo corrente.

    Di volta in volta le offese diventano sempre più gravi, i toni ancora più esasperati e non c’è verso di poter sganciarsi dalla dicotomie vittime/carnefici perché a fianco delle “vittime” dicono di essere schierate le abolizioniste e dunque, per partito preso, a chi supporta le sex workers che postazione rimane? Fate un po’ voi. Non può essere questo, si è più volte detto, il modo in cui si può affrontare questa discussione, che in bilancio dell’esperienza femminista di chiunque tra noi in effetti espone un fanatismo condito di pezzi di corpi di donne usate da chi dice di volerle difendere in nome di una irragionevole ideologia: secondo loro la prostituzione per scelta non esiste, loro confondono appositamente prostituzione per scelta e tratta, negano la possibilità che esistano prostitute che vogliono prostituirsi e negano dunque le loro rivendicazioni. Come la scuola del femminismo radicale statunitense e nord europeo insegna per loro tutta la prostituzione è stupro e ne consegue il fatto che se la prostituzione viene depenalizzata è come se lo fosse lo stupro.
    A voi questa sembra una posizione di buon senso? Non lo è. Perciò torniamo ad Amnesty che ha dovuto difendersi in ogni modo possibile dagli attacchi forsennati delle abolizioniste, estremamente aggressive sul web salvo quelle che assumono toni pietosi per nascondersi dietro il dolore delle vittime di tratta così imponendo decisioni autoritarie anche per le prostitute che vittime non sono affatto.

    Amnesty, sostenuta da una petizione sottoscritta da moltissime soggettività, ha pubblicato un lungo comunicato, poi le risposte a tutte le accuse (https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/08/12/faqs-sulla-politica-di-amnesty-international-per-la-protezione-dei-diritti-umani-deille-sex-workers/) che le sono state rivolte e ha pubblicato, pensate un po’, perfino una pagina in cui spiega che Douglas Fox, di cui si dice abbia una conoscenza che gestisce un’agenzia di escort, non fa parte di Amnesty e non ha mai influenzato la decisione che Amnesty (http://www.amnesty.org.uk/douglas-fox#.Vd7WOemQ8Vr) ha preso sulla base di studi, confronti, ricerche che sono durate molti anni e hanno tenuto conto di tutte le posizioni in campo.

    Che altro dire a contributo di una discussione che, come dicevo, va liberata da toni esasperati e da mistificazioni?

    Un’amica mi racconta di un dibattito serio che si svolge in Irlanda in favore della depenalizzazione dell’aborto. L’aborto esiste, esistono donne che abortiscono, considerare l’aborto un crimine aiuta i privati che fanno abortire le donne a pagamento e penalizza le donne che possono morire di aborto clandestino. L’unica strada è la depenalizzazione e se questo ci è chiaro quando parliamo di rispetto per l’autodeterminazione delle donne, anche quando le stesse donne abortiscono per questioni economiche (e non le lascereste, neanche in quel caso, certo in mano a macellai che le fanno abortire senza offrire la giusta assistenza), perché non è altrettanto chiaro per la prostituzione?

    Allora abbiamo ragione a dire che antiabortiste e abolizioniste in un certo senso adoperano lo stesso atteggiamento sovradeterminante e di rifiuto delle singole scelte delle donne. Com’è possibile che le femministe riescano a cogliere la pericolosità delle posizioni antiabortiste e non riescano a chiarire che le abolizioniste non aiutano affatto le prostitute?

    grazie ancora per lo spazio e gli interessanti spunti di discussione.
    Buona lavoro 🙂

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