Contro la violenza di genere si può cambiare copione

Venerdì scorso ho avuto il piacere di assistere ad Amore Mio, uno spettacolo di teatro forum della compagni romana PartecipArte.

logoLo spettacolo, che si è svolto a Bologna e ha visto la partecipazione di alcune classi degli istituti superiori bolognesi, rientra nelle attività legate al 25 novembre di NoiNo.org, la campagna contro la violenza sulle donne rivolta agli uomini, promossa dal 2012 dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna in collaborazione con l’associazione Orlando, e ideata dalle agenzie Comunicattive e Studio Talpa.

L’esigenza di questo spettacolo nasce dalla necessità di coinvolgere gli e le adolescenti sul tema della violenza di genere, dalla quale, come dimostrano i dati raccolti dall’Osservatorio sulle tendenze e sui consumi degli adolescenti, questi non sono affatto esenti.

Uno spettacolo, quello messo in scena dalla compagnia PartecipArte, che ha dato ai ragazzi e alle ragazze la possibilità di confrontarsi con la violenza di genere nelle relazioni di coppia, di vederla rappresentata, ma soprattutto di intervenire per cercare di cambiare copione o “semplicemente” per comprendere le complesse dinamiche e la profonda costruzione culturale e sociale che sostengono la violenza contro le donne.

Quattro personaggi, una coppia e due amiche. E’ subito evidente che qualcosa nella coppia non va, dalle limitazioni e privazioni che lui impone a lei si arriva a minacce e paura. Una delle due amiche si accorge del problema ma non sa come intervenire, l’altra minimizza e giustifica. E poi lo spazio scenico si apre al pubblico, ci si sostituisce ai personaggi, ci si mette nei loro panni, si provano strategie di uscita dalla violenza, ci si scontra con la complessità di questa, con i pregiudizi, ma anche con la necessità di agire un cambiamento.

Una scena di "Amore mio". Dalla pagina fb https://www.facebook.com/parteciparte.roma/photos
Una scena di “Amore mio”. Dalla pagina fb https://www.facebook.com/parteciparte.roma/photos

Sono rimasta colpita dall’efficacia di questo approccio nel coinvolgere ragazzi e ragazze e dal modo, quasi liberatorio, con cui questi hanno espresso e portato in scena il loro contributo, ho quindi contattato Olivier, della compagnia PartcipArte, che quel giorno a Bologna aveva il ruolo di facilitatore nel coinvolgimento del pubblico nella scena, per saperne di più sul loro lavoro.

Olivier mi spiega che PartecipArte è un progetto nato gradualmente che si serve delle tecniche del teatro dell’oppresso, ovvero una forma di teatro in cui il pubblico non ha solo il ruolo di spettatore, ma può intervenire e cambiare la storia.
“Più si raccoglievano storie, più ci si rendeva conto che non era un teatro dell’oppresso, ma un teatro dell’oppressa dice Olivier, questa consapevolezza portò alla svolta del 2012 e al Festival del Teatro dell’Oppressa, da cui è nato il gruppo con cui lavora attualmente e da cui ha acquisito le problematiche di genere non solo come contenuto di spettacoli e laboratori in tema, ma come prospettiva metodologica per qualsiasi tipo di lavoro.

Chiedo a Olivier perchè l’approccio del teatro dell’oppresso funziona con i ragazzi e le ragazze: “perchè non andiamo a dire alla gente cosa deve fare, ma glielo chiediamo. Per voi questa storia sembra accettabile?”

PartecipArte organizza diversi laboratori e spettacoli nelle scuole superiori di primo e secondo grado. Scopo del lavoro con le scuole è secondo Olivier quello di indagare i rapporti tra i sessi, il dominio maschile. Quello che facciamo è raccogliere storie e problematizzarle. Prendiamo le storie dai ragazzi e le mettiamo in scena”.

Chiedo a Olivier se lo spauracchio del gender ha colpito anche loro, se è facile proporsi ed entrare nelle scuole, se e quali sono gli ostacoli che incontrano. “Dipende dagli spettacoli” risponde Olivier, quello più problematico dal punto di vista dell’accettazione dei genitori è il laboratorio sull’educazione sessuale e la riproduzione. Per portare questa tipologia di laboratorio nelle scuole, dove si parla anche di contraccezione d’emergenza, si è reso necessario un incontro preliminare con i genitori “spaventati dal gender”.
“Le pubblicità ipersessualizzate e il porno sono modalità indisturbate, se dico a una ragazza che esiste la pillola del giorno dopo rischio di perdere il lavoro” ammette Olivier.
Alla mia richiesta sull’approccio che utilizza con i genitori e se riesce a placare le loro irrazionali paure, risponde:Non porto contenuti ma domande. I ragazzi guardano porno online, facciamo finta che non sia vero? Volete bloccare questo laboratorio e dopo cosa succederà? Il porno educherà i vostri figli, avranno relazioni pessime e dipendenze forti.” E ancora: “Una gravidanza a 14 anni vi sembra ottimo?” Quì, sostiene Olivier, si parla di questione maschile: “Perchè ai ragazzi non succede niente, invece per le ragazze c’è la gogna?”

Dello spettacolo che ho visto a Bologna mi è piaciuta molto l’introduzione che è stata fatta alla rappresentazione scenica vera e propria sui dati della violenza di genere e sulle pressioni che donne e uomini subiscono dalla società, che li vuole in un certo modo, che pretende da loro determinati comportamenti, che sceglie per loro ambizioni e modella aspettative, condannando chi non si conforma a queste.
Inserita in questa cornice, che spiega le profonde radici culturali e sociali della violenza contro le donne, la scena successiva diventa più comprensibile da ragazzi e ragazze cercando di ridurre la possibilità che si cada in stereotipi e luoghi comuni, del tipo: se lui è violento probabilmente lei avrà fatto qualcosa, lei però potrebbe reagire quando lui la tratta così, e simili.
Nonostante ciò alcuni interventi in questo senso ci sono stati, ma mi spiega Olivier: bisogna accettare che vengano fuori, non vogliamo una versione caricaturale uomini cattivi e donne buone, ma mostriamo il sistema di dominio storico maschile, che non è solo al Parlamento, ma nel quotidiano”.

Ho confessato ad Olivier di aver apprezzato molto quando invitava ragazzi e ragazze ad andare sul palco e a sbagliare, a non preoccuparsi dell’errore, perchè quello era il momento in cui potevano compierlo, potevano sperimentarlo, per far sì che la situaizone reale non li/le trovi poi impreparati/e.

“Fare un teatro dove l’errore viene celebrato come fondante nei rapporti umani, questo è uscire dal patriarcato dove tutto è uguale a se stesso da sempre”

Il lavoro della compagnia PartecipArte è prezioso, perchè funziona, è uno degli strumenti che possiamo avere per combattere stereotipi, discriminazioni e violenza; in tutte le scuole dovrebbero avere le porte spalancate per loro.