Considerazioni di un’operatice di un Centro antiviolenza sul ddl Pillon

Dalla nostra pagina FB abbiamo dato grande risalto in questi giorni al cd ddl Pillon sulla riforma dell’affido condiviso.

Sento la necessità di parlarne ancora perché in nessun confronto a cui ho assistito in TV e in nessuna intervista letta sui quotidiani, al Senatore Pillon sono state poste tutte le domande che vorrei formulare io. Le risposte alle poche critiche che gli hanno rivolto sono sempre state poco articolate, semplicistiche, ed è evidente che il tema della violenza (che in Italia ultimamente giunge agli onori della cronaca troppo spesso) non interessa abbastanza, non appare critico (io temo anche in malafede, conoscendo il Senatore e le sue idee).

Di questo disegno di legge (ddl) che vorrebbe riformare l’affido condiviso dei figli minori in caso di separazione della coppia di genitori hanno già parlato e scritto parecchi giornali, siti web, professionisti della legge, avvocati e giuristi.

E’ un ddl che nelle intenzioni dichiarate dal Senatore andrebbe a favorire la bigenitorialità, ma parte da presupposti fasulli, irreali e fortemente discriminatori. Verrebbe eliminato l’assegno di mantenimento che il coniuge economicamente più forte versa normalmente per i figli, in quanto ogni genitore, dovendo condividere almeno 12 giorni e 12 notti con il proprio figlio, provvederebbe direttamente alle spese necessarie per lo stesso.

La casa di famiglia non verrebbe più assegnata a nessuno e, anzi, in caso fosse concesso ad uno dei genitori di abitarvi, lo stesso dovrebbe versare un affitto all’altro partner. Se uno dei due genitori non dovesse avere una abitazione dignitosa, perderebbe la possibilità di tenere il figlio presso di sé.

Dicevo che i presupposti di questo ddl sono fasulli perché sembra che in ogni coppia che scoppia le possibilità economiche siano esattamente le stesse tra padre e madre, ma questo non è vero. Il mercato del lavoro femminile è assai povero: le donne hanno un tasso di disoccupazione spaventoso, in Europa le Italiane sono nelle ultime posizioni per quanto riguarda l’occupazione. Le donne sono anche quelle che soffrono maggiormente il precariato, sono coloro che più spesso lavorano part time e che percepiscono in media stipendi più bassi. Le donne sacrificano più spesso lavoro e carriera, per il bene dei propri figli e per occuparsene personalmente, ma questo finirebbe per essere la loro rovina. Non avendo mezzi, invece che essere riconosciute come brave mamme, rischierebbero di perdere la custodia del figlio per il quale hanno rinunciato al lavoro, in quanto prive dei mezzi economici per provvedere al suo benessere.

I bambini, costretti a spostarsi due settimane da mamma e due da papà, oltre a patire i trasferimenti continui, rischierebbero una vita precaria ed estremamente sbilanciata  a seconda che a prendersi cura di loro ci fosse la mamma o il papà e tutti noi sappiamo che per il loro bene e la loro serenità sarebbe meglio che potessero mantenere il più possibile lo stile di vita antecedente la separazione dei genitori, già drammatica e pesante per i più piccoli. E come si farebbe in caso di lattanti? Chi li allatterebbe e li nutrirebbe se debbono passare tanto tempo lontani dalla mamma?

Inoltre non oso pensare agli abusi che potrebbero crearsi in caso di coppie particolarmente litigiose, nella gestione sia delle spese quotidiane, sia di quelle straordinarie.

In questo caso, dice il ddl Pillon non dovremmo preoccuparci, perché entra in scena, in modo obbligatorio, la figura del mediatore famigliare.

La mediazione, per sua natura, funziona laddove i due coniugi litigiosi abbiano intenzione di mettersi in discussione, in modo serio e maturo: obbligarli a mediare è una forzatura che porta aggravio di costi (e il coniuge che non lavora come fa?) e allungamento dei tempi, creando attriti, abusi, ripicche che non fanno certamente bene ai bambini che, ricordo, il Senatore dice essere al centro del suo interesse.

Come se non bastassero tutte queste considerazioni, (che altri hanno espresso assai meglio di me e che si possono agevolmente leggere sui quotidiani di tutta Italia) mi preoccupa anche il fatto che nel ddl non si dica nulla (o quasi) delle situazioni di violenza endofamigliare, che riguardi anche i figli (in modo diretto o assistito) o no.

Sono un’operatrice di un Centro Antiviolenza “storico” da  quasi 10 anni e sono molto, molto preoccupata.

Il Senatore Pillon in una recente intervista ha affermato che la normativa sull’affido condiviso non si applicherebbe nei casi di violenza accertata, ma, attenzione: il genitore abusante dovrebbe, secondo il testo del ddl, poter mantenere sia la genitorialità, sia la possibilità di frequentare il figlio.

I figli non avrebbero nemmeno il sacrosanto diritto di rifiutare di vedere un genitore violento perché, in caso si riufiutassero di vedere l’abusante, rischierebbero di essere bollati come “alienati” e quindi rinchiusi in una casa famiglia per essere “resettati” al fine di poter accettare nuovamente di vedere il genitore rifiutato.

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(Federico Barakat, ucciso dal padre perché i Servizi l’avevano obbligato a vederlo, pena la “diagnosi” di alienazione genitoriale)

Da gennaio 2018 a oggi, in 8 mesi e mezzo nella nostra sede abbiamo già dato ascolto a circa 400 donne che ci riportano storie di violenza di vario tipo. La stragrande maggioranza di queste donne non denuncia i maltrattamenti. Come si farebbe dunque, secondo questo ddl a stabilire che la mediazione non si deve applicare (la Convenzione di Istanbul vieta esplicitamente la mediazione in caso di violenza) e che i bambini non devono essere affidati e hanno il diritto di rifiutare di vedere un padre violento? E, anche in caso una donna denunci violenze e abusi, tra la querela e la sentenza passata in giudicato passano anni. Cosa si fa intanto che la violenza viene accertata dal Giudice? Le donne e i loro figli sarebbero obbligati a vedere un mediatore, a frequentare un uomo che li ha maltrattati, rischiando il reiterarsi di violenze e abusi e la loro stessa vita? Le situazioni di violenza psicologica, di manipolazione e di terrorismo psicologico, di gelosia patologica e di mania del controllo, difficilissime da denunciare e da veder riconosciute in tribunale non troverebbero riconoscimento alcuno? Le donne e i loro figli che vivono queste situazioni che tutela avrebbero? Un bambino che dicesse: “Io non voglio vedere papà” senza essere in grado di spiegare e provare la sua paura, il suo disagio, che fine farebbe? Verrebbe tolto alla madre, accusata di averlo “montato contro il padre”?

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(Martina e Alessia uccise dal padre di cui avevano paura)

Sono troppe le zone in ombra di questo ddl. Troppi i rischi e i pericoli, per le donne, ma anche per i bambini i quali finirebbero per soffrire, inascoltati, spostati come pacchi tra una casa e l’altra, esposti a povertà e disagio quando non direttamente a violenza.

Tutte noi dei Centri Antiviolenza saremmo molto felici se si potesse veramente parlare di genitorialità condivisa in modo perfettamente identico Significherebbe che non esiste più gap salariale, che il mercato del lavoro non è più così ostile alle donne, che esistono permessi e congedi di partenità adeguati, che il welfare e le misure per conciliare famiglia e  lavoro sono diventati eccellenti, che le mamme non sono più costrette a licenziarsi dopo la nascita dei figli, che la violenza contro le donne è stata debellata e che si vive in un mondo dove tutti e tutte – uomini e donne – condividono in pieno rispetto i carichi di lavoro famigliari e casalinghi.

Ma non è così. Anzi.

Se davvero si avesse a cuore il benessere dei bambini sarebbero quelle sopra indicate le primissime misure da adottare e da mettere in pratica e non quelle previste da questo ddl che rischia di tenere intrappolate le donne e i loro figli in matrimoni violenti e pericolosi e di rendere pressoché eterni matrimoni non più felici per gli enormi aggravi finanziari che una separazione comporterebbe in un momento storico in cui la povertà (soprattutto femminile e minorile) continua ad aumentare. 

Spero che le preoccupazioni qui avanzate che sono condivise da tanti giuristi e avvocati, oltre che da molte associazioni vengano prese in seria considerazione e che l’opinione pubblica possa andare al di là degli intenti dichiarati dal Senatore che non sono realizzabili.

Firmate la petizione per ritirare il ddl QUI

Per chi pensasse davvero che il Senatore sia in buona fede, ecco chi è il leghista Pillon (per altre “perle” cliccare qui , qui e qui).

Intervista a “La Stampa”, 12/9/18