Concita De Gregorio e lo stupro di Modena: retoriche paternaliste, Billionaire e yogurt avariato

Leggiamo un articolo di Concita De Gregorio su Repubblica e ne rimaniamo inorridite. Parla dello stupro della sedicenne di Modena e lo fa nel peggior modo che una giornalista, una donna e una sedicente attivista per la questione di genere possa fare.

Un orrore che non è sorpresa: sappiamo bene di che pasta sono fatte le opinioniste dei piani alti.
Quelle che, con Concita, hanno fondato il Se Non Ora Quando riducendo la questione femminista a questione femminile e, in fondo, a questione antiberlusconiana, poi a questione donne contro donne, donne per bene contro donne dai facili costumi.

Alle porte del famoso 13 febbraio 2011, quando suore, mamme e signore per bene “invasero” Roma per dire che in Italia sono più le Madonne che le Puttane ( ma non dovevamo superarla la dicotomia, signore? ), De Gregorio scriveva proprio un appello dal titolo “Esistono altre donne”.

Un appello che mirava a una netta separazione tra chi si prostituisce e chi no, tra chi rispetta la morale comune e chi no, ancora attuale riferendoci alle considerazioni di De Gregorio nell’ultimo exploit.

Ecco perchè non c’è sorpresa quando leggiamo questo articolo qui, apparso su Repubblica del 21 ottobre 2013, articolo che contiene lo stesso trito moralismo.
Il paternalismo che abbiamo già assaggiato dalla penna di De Gregorio e simili.

Eppure leggiamo e inorridiamo.

L’articolo si apre con un’ampia parentesi – tra un dettaglio melenso e uno inutile – sul mondo delle adolescenti, scendendo in modo dettagliato sull’abbigliamento e sul trucco che quest’ultime utilizzano.

Racconta poi degli anni in cui De Gregorio era adolescente – e giù con il noioso sermone dei tempi e dei mezzi di comunicazione che cambiano -, quando non c’erano computer e telefonini, quando si parlava con il telefono di casa e il papà dietro la porta contestava minacciando affinchè si chiudesse il telefono(ah che belli quei tempi del padre padrone, che nostalgia!).

Fin dall’introduzione, Concita si rivolge alle donne della sua generazione, non alle sedicenni a cui – immaginiamo – non saprebbe proprio cosa dire. Si rivolge alle donne della sua generazione che la leggono e tradisce la più banale nostalgia del passato, evocando i suoi sedici anni senza Facebook e senza computer, come se queste fossero le uniche cose che mancavano alle sedicenni del 1978.

E poi, ecco che parte all’attacco.

Ecco, Concita de Gregorio non lo sa, ma vuole comunque partecipare al circo mediatico che gira intorno a una ragazzina di sedici anni abusata da cinque compagni di classe. Le parole sono importanti, contengono una semantica politica, quando se ne sceglie una invece di un’altra si sceglie da che parte stare.

Quando De Gregorio scrive “Amici, attenzione. Nessun livido, nessun graffio, nessun segno di violenza che segnali la sopraffazione fisica in senso proprio”, sta mettendo in dubbio la violenza, non le dichiarazioni della ragazzina, ma proprio il concetto di violenza patriarcale.

Perchè il passaggio che manca è questo: la maggior parte delle donne non riesce a reagire al tentativo di violenza, la maggior parte delle donne non ha segni di colluttazione addosso dopo uno stupro. Sono molto più intimi, non si possono fotografare.

Ed è violenza quando una ragazzina di sedici anni viene scopata da cinque coetanei mentre è ubriaca, che lei stessa se ne renda conto o no.

Di nuovo, citiamo Franca Rame:

“Ancora oggi, proprio per l’imbecille mentalità corrente, una donna convince veramente di aver subito violenza carnale contro la sua volontà, se ha la “fortuna” di presentarsi alle autorità competenti pestata e sanguinante, se si presenta morta è meglio! Un cadavere con segni di stupro e sevizie dà più garanzie”.

De Gregorio poi attacca con la retorica sull’alcol : “quindicenni che bevono come trentenni” – manca solo la colpevolizzazione ai social network e la predica sarebbe stata al completo.

Sempre l’alcol che fa ammazzare, violentare, uscire fuori di testa. Sempre la solita vecchia giustificazione moralista sull’alcol.

“Aveva bevuto lei, avevano bevuto proabilmente tutti”: perchè non poteva mancare il cavallo di battaglia delle colpevolizzazioni sulle vittime di stupro. Hai bevuto? Indossi gli shorts? Ti sei messa la minigonna? Guarda che quella la puoi mettere per farti fotografare il culo per pubblicizzare un quotidiano di centro sinistra ( di cui era direttrice proprio de Gregorio ), non per uscire, che sennò te la sei cercata.

E poi continua

“Lei cosa pensava, come stava, cosa voleva, cosa diceva? Non si sa, nessuna relazione può raccontarlo.”

e cosa può mai volere una ragazzina stuprata a turno da cinque persone? Cosa può mai pensare, sempre se si riesce a pensare a qualcosa in quei momenti, se non ci si senta in parte già morte.

E poi arriviamo al passo peggiore di questo lungo sermone fuori luogo e sensazionalista

Come si può scrivere che una violenza sessuale venga considerata nella mente di una ragazza forse come una cosa che andava fatta e che l’avrebbe fatta diventare grande?

Concita De Gregorio, quasi considera questa ragazza, e le adolescenti in generale, delle sprovvedute incapaci di ragionare, incapaci di notare la differenza tra un rapporto consenziente e una violenza sessuale, non mettendo mai in dubbio il fatto che forse la ragazza ha parlato diverso tempo dopo semplicemente perché aveva paura, semplicemente perchè temeva di essere giudicata – un po’ come sta facendo lei tra le righe – perché in Italia i processi sulle violenze li subiscono le vittime e non gli stupratori.

La conclusione è la parte più subdola. Come quasi tutte le donne di un centro sinistra che non c’è più, De Gregorio fa il paragone con quella “vita facile” che disprezza, con Briatore e il Billionaire, con gli harem berlusconiani. Senza mai un momento di autocritica.
Senza provare la vergogna di essere una donna ormai grande, in un luogo di potere, e non fare alcun tentativo per un reale progresso della questione di genere. Non è colpa dell’anticamera del Billionaire se questa ragazzina è stata violentata, non è colpa dell’alcol, nè delle escort di Berlusconi contro cui De Gregorio e co. hanno riempito le piazze.

E’ colpa di queste donne che continuano a fare retorica patriarcale senza nemmeno accorgersene, di queste donne che colpevolizzano Facebook e poi scelgono una campagna pubblicitaria con un culo femminile per il loro quotidiano, di queste donne di una generazione che mai si prende le responsabilità per il mondo in cui ha lasciato galleggiare le proprie figlie, dicendosi troppo impegnate a essere multitasking.
Sareste ancora in tempo per dire qualcosa di migliore a una ragazzina di sedici anni violentata da cinque ragazzi. O per stare zitte.

E’ colpa di quelle donne che scrivono sui giornali e non dicono che il vero dramma è che non si avverte il limite del rispetto reciproco, che non si fa educazione sessuale, educazione al genere, che un Sindaco del PD ha pagato l’avvocato agli stupratori di Montalto di Castro mentre la vittima ha dovuto cambiare paese.

Ma no, il problema è il Billionaire.

La parola patriarcato, le parole sudditanza psicologica e sociale, queste sarebbero una bella scelta lessicale.

Sarebbero utili da spiegare a una sedicenne e a dirle: sei stata brava a denunciarli, perchè nella stragrande maggioranza dei casi le donne non lo fanno. Perchè, al di là della retorica di De Gregorio, non c’è nessuna casa in cui tornare ridendo in faccia a chi ci aggredisce, ci molesta, ci violenta.

C’è silenzio, ignoranza, maschilismo e tagli alla salute e alla prevenzione alla violenza. Con la connivenza di tutto il sistema politico, alimentato proprio dalle istanza patriarcali.

La cosa più tristemente ironica di questa vicenda è che De Gregorio e il suo antiberlusconismo non si rendono conto di aver detto le stesse cose di un piddiellino come Giovanardi, riguardo questa vicenda.

Giovanardi dichiara:

Non voglio entrare nel merito della vicenda che l’Autorità giudiziaria dovrà chiarire in tutti i suoi controversi aspetti.

Quello che ritengo insopportabile sono certe dichiarazioni, tra l’indignato e il meravigliato, come se fosse possibile, 364 giorni all’anno, dileggiare ogni regola ed ogni principio educativo, presentando la sessualità come uno dei tanti beni di consumo, e poi scandalizzarsi se i ragazzi non si rendono neppure conto dell’inaudita gravità di certi comportamenti.

Se si sgancia la sessualità da un rapporto di amore e di rispetto reciproco svalutandola a livello di semplice divertimento, non ci si può illudere di risolvere il problema attraverso la repressione penale.

Giovanardi non si sente di dover condannare il fatto ( nemmeno De Gregorio ), non parla di violenza di genere ( nemmeno De Gregorio ), non parla del fatto che il sesso sotto alcol o stupefacenti non può considerarsi consenziente ( nemmeno De Gregorio ).
Il problema ( come per De Gregorio ) è lo svilimento dei valori che legavano un tempo amore e sessualità – quando? davvero, QUANDO? – e ne deriva una colpevolizzazione della libertà sessuale femminile ( come per De Gregorio ).
Insomma, tutta questa libertà, tutta questa solitudine da social network e poi ti stuprano, è normale.

Riprendendo la frase a caratteri cubitali che anticipa l’articolo, concludiamo dicendo che: verrà il giorno in cui questo giornalismo avariato scadrà e verrà buttato via come yogurt andato a male e si ricomincerà a fare nuovamente buona informazione, dove gli spazi di sinistra non ospiteranno più sermoni moralisti e paternalisti e foto con culi di donne per dare un’impennata alle scarse vendite dettate forse dagli scarsi contenuti.

Quando De Gregorio si renderà conto di dire le stesse cose di Giovanardi, magari ci risparmierà almeno la retorica del Billionaire.