Cancro e disabilità: immaginario e tabù

14 febbraio 2014

Avete mai visto una protagonista disabile in un film Disney? Certamente no, perché la disabilità non è compatibile con gli standard Disneyani“.

E allora perché la bellezza che sta nell’umanità di questi corpi disturba? Forse perché siamo abituat* al proliferare di corpi tutti uguali e disumanizzati, alla proposta continua di corpi omologati e omologanti, all’eliminazione dell’imperfezione, dell’”errore di sistema”. A tutti i costi.

Anche quando si tratta di rappresentare la vecchiaia non lo si fa raccontandola per quella che è ma la si riduce a feticcio da incastrare a forza nei soliti canoni – paradossalmente – di giovinezza, bellezza mainstream e performance, aprendo disquisizioni sull’estetica femminile. Anche la vecchiaia, la malattia, devono diventare glamour.

E così, forse, ci si convince che vecchiaia, malattia, disabilità non facciano parte della vita e possano rimanere argomenti ghettizzati negli studi medici, nei salottini televisivi o negli articoli di giornale dai titoloni sensazionalistici. Ci si convince che stiano tanto bene lì dove stanno, nascosti dietro a un fiocco rosa o chiusi a chiave in qualche casa.

Forse è davvero ora di cominicare ad interrogarsi sull’invisibilizzazione dei corpi.

Cercando di tenere lontana quella che nell’immaginario comune è intesa come sofferenza, non ci si rende conto di innescare in realtà un circolo vizioso e che la vera malattia della nostra società è diventata la fobia – creata e alimentata proprio dalla censura – questa sì destinata ad autoalimentarsi trasformandosi in paura, tabù e addirittura odio, come ci dimostrano tutti i giorni anche gli atti di violenza nei confronti di chi non è ritenuto “conforme”.