Cameriere, senza nome e un po’ puttane: lo sguardo maschile alle donne nel 2020

Spiegare gli episodi di sessismo latente non è sempre semplice. Tratteggiare, poi, quelli che sono i lineamenti dello sguardo maschile sul femminile degli anni 2020, è forse diabolico.

Per fortuna il vigoroso sistema patriarcale che innerva il nostro paese ci palesa quotidiani esempi di quale sia lo stadio, retrogrado e machista, della nostro parterre maschile. 

Questa volta, a darne un esempio lapalissiano, è proprio Luciano Benetton.

I Benetton, giusto per calare l’espressione sessista, misogina e classista in un contesto (metodologia cara ai maschilisti di questo millennio) sono appena usciti da una lunga trattativa sulle concessioni autostradali, e ne sono usciti, a loro dire, amareggiati. Senza voler entrare nel merito tecnico della questione economica che, per quanto interessante e fondamentale per le dinamiche politiche attuali del nostro ordinamento, non è il nostro thema dispuntandum, preme brevemente riassumere che l’accordo ha sostanzialmente previsto che Autostrade per l’Italia (ASPI) – società privata controllata da una holding di cui la famiglia Benetton è socia di riferimento – dovrà cambiare radicalmente assetto societario e che dovrà aversi un sostanziale ridimensionamento della quota dei Benetton. 
Adempiuto – se pur a somme righe – il diktat imprescindibile (alert alarm: sarcasmo!) del “contesto”, è saltato subito all’occhio ( o per meglio dire, come un cazzotto in un occhio!), il commento pronunciato dal Benetton, rimbalzato già sulle maggiori testate giornalistiche.

Sì, perché Benetton si lamenta.

Come? Ma ovvio: con una frase classista e misogina:

“sono stato trattato come una cameriera!”

Sì, avete sentito (e letto) bene. Una cameriera. Ovviamente, al femminile.

Perché è al femminile che si guarda con disprezzo, sopratutto se non ha una posizione di tradizionale prestigio.

Perché le cameriere, si sa, possono trattate male, con il disprezzo che lui ha sentito su di sé. Ché, d’altronde, si sa, se ci si sente umiliati, si può solo esser donne: perché solo le donne si umiliano, si oltraggiano, e specialmente se sono cameriere. E solo su queste, questo atteggiamento, è accettabile.

Non certo sui Benetton. Non certo sugli uomini. 

In una sola frase, in pochissime parole, tutto il sessismo e il classismo di una sola mentalità, quella misogina e classista, per cui se sei povero e se sei donna (peggio per te se rappresenti entrambi) hai un solo futuro, quello dell’umiliazione e della prostrazione. Puoi essere trattato così. Perché le donne, le cameriere possono, rectius devono, esser trattate così.

D’altronde solo pochi giorni eravamo state/i colpite/i dal commento padronale (razzista, schiavista e misogino come forse solo nell’800) di Cremonini secondo il quale, a fronte di una retribuzione, il datore di lavoro sarebbe ex se legittimato, a “pretendere” (cit.) di privare il proprio collaboratore della propria identità: il nome. 

D’altronde, di una donna, non benestante, caregiver, a fronte di un compenso puoi farne ciò che vuoi, no? No.

Ha chiesto scusa? Eh beh, certo, no.

Ma ha cercato di farla sembrare una battuta? Eh beh certo, sì.

Il solito, pedante e paternalistico leitmotiv  delle battute.

Certo, perché anche quando ci sottoponiamo a lavori umili, quando veniamo pagate la miseria senza uno straccio di diritto alcuno, quando ci cambiano il nome perché – udite udite – ci pagano, quando non riconoscono la nostra persona, quando scambiano la retribuzione della nostra prestazione lavorativa con l’acquisto in toto del nostro tempo, del nostro corpo, della nostra completa identità… anche in quest’occasione dobbiamo farci una risata… è una battuta!

E questo periodo, è stato un crescendo alla turca (Morelli che interrompe e zittisce la Murgia, l’Azzolina commentata per la sua forma fisica, Amadeus che riduce le presenze femminili al festival alla loro bella presenza, Magalli che invita la Volpe a star zitta etc. etc. etc.) nel cui inframezzo non si è ritratto dal dare il meglio di sé, recentemente, neppure Vittorio Sgarbi che in una seduta della Camera dei Deputati ha insultato la collega Giusi Bartolozzi con epiteti sessisti, che in un turbine di misoginia senza controllo e senza freni ha rivolto anche alla vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, insulti a sfondo sessuale.

Che dire, sarebbero state le stesse, le reazioni di questi uomini, se al loro posto delle loro controparti ci fossero stati… uomini?

No. La scomposta, ma chiarificatrice, reazione di Sgarbi, la claudicante, ma rivelatrice, uscita di Cremonini, l'”amareggiata”, ma canonica offesa di Benetton sono solo sbuffi di melma che ribollono nel fango misogino dei nostri tempi. Una mota rovente che si rimestola e riscalda nel substrato culturale e che quotidianamente rigurgita ciò che negli abissi, nemmeno troppo profondi, del nostro tessuto sociale, alimenta generazioni di uomini vecchi e giovani: le donne son e saranno sempre quello, cameriere, senza nome, e un po’ puttane.