50 sfumature: tra femminismi e brutto cinema, qualche consiglio di buona visione.

50 sfumature di grigio dopo aver sbancato in libreria, ovviamente bissa al cinema e incassa più di 8 milioni di euro al primo weekend. Un risultato prevedibile considerando tutto il marketing, erotizzato o meno, che ha pompato l’attesa dell’uscita in sala.

Avete visto 50 sfumature? Probabilmente sì.
Vi è piaciuto? Se la risposta è sì, il pressing pubblicitario ha avuto la meglio.
Se la risposta è no, forse allora fate parte di quella cerchia che ne parla e ne sparla da giorni online.
Intorno a questo film si è detto moltissimo e chi prende parola sono soprattutto le donne, proprio perchè in target.

50 sfumature

Come succede sempre più spesso, il film è stato al centro di un acceso dibattito di genere. Il caso “Gone Girl” ha aperto la strada alle speculazioni di genere sul cinema, nel suo modo più deteriore, cioè pretendendo che ogni film con una protagonista femminile la esalti e ne faccia paladina del femminismo, oppure la punisca perché amante del patriarcato.
Così c’è chi ha visto in 50 shades l’apoteosi del maschilismo, di un rapporto di potere che apre a immaginari pericolosi, di sottomissione fisica e psicologica paragonabili a quelli delle donne che subiscono abusi, violenze, sevizie. Lee Marshall su Internazionale ha titolato “50 sfumature di abusi”  un’accorata orazione contro il film:

Per me la scena più scioccante di Cinquanta sfumature di grigio, che è passato ieri fuori concorso alla Berlinale, non è una delle tante (ma non tantissime) sequenze di sesso sadomaso raffinato e patinato. Né quella in cui la giovane, carina laureanda Anastasia Steele, interpretata da Dakota Johnson, chiede a Christian Grey (Jamie Dornan), il ricco e dispotico uomo d’affari che la attrae, ma che accetta di stare con lei solo se viene incontro ai suoi gusti strani, di cancellare le voci sul fisting anale e vaginale dal contratto che lui, dominatore, sta chiedendo a lei, sottomessa, di firmare (se non sapete che cos’è il fisting, meglio per voi).

È quella, invece, in cui, la mattina dopo la loro prima notte di amore, Anastasia scende nella cucina di Christian, nel suo appartamento incredibilmente chic che domina (metafora!) la città, una città moderna con le strade che si diramano verso l’orizzonte come gambe spalancate, e gli prepara la colazione.

Cinquanta sfumature di grigio è da una parte l’ennesima versione di Cenerentola, una specie da Orgoglio e pregiudizio con variante sadomaso, in cui una bella ragazza povera (che in questo caso vuol dire non straricca), impacciata ma indipendente, si innamora di un uomo ricco e arrogante. È un film in cui la lotta femminista si riduce al tentativo di far innamorare e poi “rieducare” l’uomo che ti vuole solo legare, frustare e sculacciare.

Marshall, come tant* altr*, trova che il film proponga un modello di donna sottomessa, sessualmente disponibile e jamie-dornan-fifty-shades-of-grey-christianabbandonata al suo ruolo stereotipato. E pur condividendo alcune delle sue opinioni, in questo che è probabilmente il miglior intervento sul film reperibile in questi giorni, le sue critiche partono però da un presupposto ingannevole.
Cioè che un film sia analizzabile come un prodotto massmediatico del tutto separato dall’emozione e dal coinvolgimento che provoca a chi lo guarda. E che debba essere sempre espressione ideologica del mondo ideale che vorremmo nella realtà. Così l’accusa di proporre immaginari pericolosi si rivolge alla tematica sadomaso e non al modo in cui il sadomaso viene raccontato, cioè nel modo più generico e banale.

In 50 sfumature la lotta femminista non si riduce a un bel niente, perché non è un film che parla di femminismo e non basta avere una protagonista femminile perché a essere sotto accusa sia il femminismo contemporaneo.

Un film è una storia puntuale e universale insieme. Parla a una platea di spettatori potenzialmente infinita, ma racconta la storia di quei personaggi in quel momento. Non propaganda stereotipi sociali, al massimo li racconta in maniera più o meno stereotipata. Non è utile quindi alla comunicazione, né all’arte cinematografica, ritenere che un film come 50 sfumature possa in qualche modo nuocere alle donne vittime di violenza, perché propone una versione patinata di un rapporto schiava – padrone.bechdel

Si dirà: 50 sfumature non è un film d’autore, è un film di puro intrattenimento, confezionato come solo Hollywood sa fare, per guadagnare un mucchio di soldi. E’ un brand e come tale ha una sua strategia pubblicitaria e un suo target e un suo mondo da vendere.
Quindi va analizzato in quanto tale.
Allora smembriamolo e chiediamoci se Anastasia Steel è troppo o troppo poco emancipata, se il sadomaso si può o non si può raccontare, se Mr Grey ce lo porteremmo o no a letto.
Scagliamoci contro 50 sfumature come un film sessista, offensivo e lesivo della nostra dignità femminile.
Il film non passerebbe il Bechdel Test amato tanto da alcune femministe. Ma sarebbe in ottima compagnia, con la maggior parte dei capolavori della storia del cinema.

Davvero un film può essere valutato come un trattato di sociologia, contando quante donne ci sono, di cosa e come parlano? Ovviamente no, perché già riecheggiano i fantasmi del peggior cinema politico di sempre.

Se guardassimo 50 sfumature come si guarda un film, e cioè rispondendo alle nostre emozioni e a un giudizio estetico-formale su regia, sceneggiatura, recitazione ecc., avremmo una soluzione che forse mette tutte d’accordo: è un brutto film. Regia senza intuizioni, banale nei suoi movimenti drammaturgici, non c’è molto di più di una versione noiosa tante storie già viste. Una brava vergine si prende una sbandata per uno stronzo, sta alle sue regole finché non ritrova la sua via. Un romanzo di formazione come ce ne sono tanti altri, anche nel cinema erotico.

fifty-shades-of-grey-sex-toys-640x364Il segreto di Pulcinella dietro al successo di 50 sfumature è ovviamente il sesso.
A nessuno interessa davvero la trama in un film erotico mainstream. Deve solo essere capace di sostenere il peso di una tensione erotica dominante. Così è stato il sesso al centro della pubblicità e dei lanci promozionali del film – che ha anche una sua linea di sex toys! – e il sesso è stato il vero motivo per cui le sale si sono riempite.

Se queste sale però erano piene di tante donne che magari per una volta hanno potuto ammettere di eccitarsi per storie del genere, per film erotici, se qualche donna in più ha potuto vivere senza imbarazzi l’avvicinarsi alla masturbazione o a pratiche sessuali più estreme, in fondo proprio chi critica sociologicamente il film dovrebbe ricredersi almeno in parte. Oppure no, visto che lo sport più diffuso è giudicare e reprimere i desideri sessuali altrui, e dunque no, mie care donne, non vi potete eccitare con il sadomaso, nè con uno stronzo, e speriamo che non sappiate cosa sia il fisting perchè a Marshall non piace e quindi non deve piacere a nessuna.

Altrimenti state remando contro al femminismo contemporaneo che, come i preti, vi frugherà nelle mutande.

Annoiata da tutto questo parlare di un brutto film, mi permetto invece di andare oltre.
Di buon sesso – anche sadomaso – è pieno anche il buon cinema, senza ridursi ad arricchire i produttori di 50 sfumature.
  Quindi, ecco qualche suggerimento per le prossime visioni:

Secretary

secretarySu tutti, il film che meglio ha saputo raccontare il rapporto di sottomissione, pericolo e dominio del sesso.
Diretto da Steven Shainberg nel 2002 con Maggie Gyllenhaal e James Spader, è una commedia dark basata su un racconto tratto dalla raccolta  Bad Behavior di Mary Gaitskill.

Racconta la storia di Lee Holloway, appena dimessa  da una clinica psichiatrica dove è stata ricoverata per autolesionismo. Cercando di riconquistare un posto nel mondo, viene assunta come segretaria nello studio dell’avvocato E. Edward Grey. L’unico e vero Mr Grey del cinema!

Tra Lee e Grey inizia un rapporto erotico in cui le tendenze autolesioniste di Lee sono perfettamente soddisfatte dal sadico dominio di Grey. E proprio grazie a questo rapporto BDSM, Lee diventerà una donna consapevole della sua sessualità e del suo corpo, delle sue potenzialità.

Nymphomaniac

nymphomaniacUltimo film di Lars Von Trier, in due capitoli racconta la storia di Joe, una donna la cui vita è caratterizzata da una fame di sesso sopra la media, un ipererotismo che ha influenzato tutti i suoi rapporti, da quelli familiari a quelli lavorativi, fino ovviamente a quelli romantici.

Un dramma erotico più che esplicito capace di raccontare la forza brutale del desiderio sessuale e la sofferenza feroce di non provare nulla se non la voglia di provare qualcosa.

Shortbus

shortbusIn una New York dove l’11 settembre ha traumatizzato i suoi abitanti, John Cameron Mitchell racconta le peripezie erotiche e sentimentali di personaggi che devono riconnettersi con i loro desideri, il corpo e le carne. Sofia ad esempio, sessuologa che non ha mai raggiunto l’orgasmo, o James e Jamie, coppia gay annoiata dalla monogamia in cerca di trasgressioni ( e protagonisti di una delle scene più esilaranti del film… protagonista: l’inno americano ) o Severin, prostituta dominatrix alle prese con clienti masochisti.

Sesso, arte, politica, tutto si interseca allo Shortbus, il nightclub dove si esce dalle convenzioni e dalle norme e finalmente si ritrova se stessi. Il tutto con un tono da commedia.

Shame

fassbender-shameFilm del 2011 di Steve Mc Queen, racconta la storia di un erotomane ( Michael Fassbender ) che non riesce a gestire i suoi istinti. Incontri occasionali, prostitute, masturbazione sono il mondo di quest’uomo apparentemente riservato e incapace di cogliere il dolore in altri, se non in se stesso.Quando riesce a piangere una lacrima per lui è una sorpresa, scoprirsi ancora capace di provare qualcosa, nonostante la sua ossessione peggiori portandolo a rapporti sempre più violenti, anche omosessuali.

Il suo è un cammino fuori dal dolore, dalla solitudine e dalla rabbia che il sesso sembra (erroneamente ) poter colmare.

Ecco l’impero dei sensi

impero_dei_sensiFilm giapponese del 1976, fu presentato in apertura della Quinzaine des Réalisateurs del 29º Festival di Cannes, con un successo tale da costringere a raddoppiare le proiezioni previste. Ambientato negli anni ’30 a Tokyo racconta la relazione erotica tra una giovane cameriera e il proprietario dell’albergo dove lavora.

Un rapporto fatto di una grande attrazione ma anche di una morbosa ossessione per il piacere dell’altro, che diventa l’obiettivo cruciale di ogni istante della quotidianità. Un erotismo che diventerà sempre più estremo fino al finale, epico, che è diventato un culto nella storia del cinema ( erotico e non ).

Giovane e bella

Giovane-e-bellaFilm del 2013 diretto da François Ozon, è la storia di Isabelle, diciassettenne “giovane e bella” che decide di prostituirsi con uomini molto più grandi di lei, in cerca di risposte al suo bisogno di affetto, di piacere, di conoscenza, ma soprattutto di crescita.

In quattro capitoli. si parte dal primo, insoddisfacente, rapporto sessuale di Isabelle, fino alla consapevolezza di voler trasgredire e crescere a modo suo. Un film che è anche un racconto affatto scontato di una delle facce della prostituzione minorile.

 

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7 Risposte a “50 sfumature: tra femminismi e brutto cinema, qualche consiglio di buona visione.”

  1. Non sono d’accordo sul fatto che guardando un film non si possa discutere degli stereotipi che veicola “perché è un film”. Il cinema, come qualsiasi altro prodotto della nostra cultura, ci offre la possibilità di analizzare quei ruoli di genere che con tanta perizia avete sempre evidenziato parlando delle campagne pubblicitarie.
    Notare che la protagonista di questo film non è altro che una versione hot di Cerentola, e che il comportamento di Mr Gray non rispetta la cornice minima di sicurezza entro cui dovrebbero svolgersi le attività della comunità BDSM (sane, safe and consensual) – tanto che i suoi componenti sono i primi a criticare la pellicola https://oggiscienza.wordpress.com/2015/02/16/cinquanta-sfumature-nel-dsm-5/ – non vedo in che modo possa impediee a quel pubblico che si eccita di continuare ad eccitarsi.
    Criticare significa non limitarsi a fruire passivamente quello che ci viene proposto, esercitando la nostra razionalità; perché se è vero che un film “empoziona”, è anche vero che questo non può impedirci di produrre anche qualche qualche pensiero.

      1. insomma per me quando certa critica sociologica e/o politica si occupa di cinema prende cantonate non sempre ma spesso
        i consigli di visione di questo post sono ottimi

    1. Ma infatti ben venga la critica! Anche la mia in questo post lo è… ma la critica cinematografica in questo caso sarebbe più interessante di quella sociologica.
      Trovo la levata di scudi femminista contro un filmetto del genere pretestuosa e anche un po’ forzata, infarcita da giudizi sui costumi sessuali altrui o di argomentazioni che negano la possibilità di raccontare in toto storie che non siano femministe.
      Il cinema in sè può veicolare stereotipi, certo, ma non può nemmeno accollarsi di essere il volantino ideologico del femminismo.
      Se voglio raccontare la storia di una donna che ama la sottomissione e che si eccita con un uomo con problemi relazionali dovrei poterlo fare senza per questo essere “antifemminista”. Trovo insopportabile che a un certo tipo di femminismo piacciano solo i film con protagoniste donne che affermano la loro autodeterminazione, mentre quelle che non portano alta la bandiera sono personaggi da far morire, espiando cristianamente le loro colpe.
      Il nostro cinema è noioso e pedante anche perché abbiamo troppe tare ideologiche nell’affrontarlo e non riusciamo più a fare nè arte nè mercato, convinte che la cosa giusta da fare sia “insegnare” ed essere didattiche.

      1. Non credo che le critiche – soprattutto quelle che vengono dal mondo BDSM – siano indirizzate a stigmatizzare “le donne che amano la sottomissione”, ma a chiarire di che tipo di sottomissione si sta parlando.
        Quello che si è cercato di fare è fare chiarezza e cercare di spiegare la linea di confine che c’è fra la passione e lo stalking, fra il gioco in cui tutti i partecipanti sono consenzienti e la costrizione, fra lo scegliere di vivere il sesso in un certo modo perché è così che ci piace e l’acconsentire solo per amore di un partner che, poverino, ha sofferto tanto quando era bambino… Non ho letto il libro né visto il film, quindi non posso dire se davvero Mr Gray è uno stalker o meno, se la protagonista è felice in questo rapporto o lo subisce con disagio e sofferenza.
        Però posso dire che quando si critica Costanza Miriano e la sua “donna sottomessa”, non lo si fa per annientare Costanza Miriano, ma per aiutare tutte quelle donne che nella condizione descritta da San Paolo e proposta come “il migliore dei mondi possibili” si trovano male, e potrebbero essere felici se solo sapessero che esiste un altro modo di essere donna.
        Io credo che a questo che servono le critiche a 50 sfumanture, a dire alle donne che non c’è bisogno di accondiscendere ai desideri particolari dell’uomo che dice di amarle, se il suo bisogno di controllarle le fa soffocare invece di farle stare bene, che non hanno bisogno di provarci (perché vedrai, sarà fantastico, non fare la bigotta moralista, vedrai che orgasmi), ma che hanno tutto il diritto di dire di no, e di mandare a cagare Mr Gray, per quanto bello, ricco e innamorato sia.

        1. Perdonami, ma è proprio questo il problema: la maggior parte delle critiche arrivano a priori, senza aver letto il libro né visto il film e quindi sfruttano la tematica evocata dalla strategia pubblicitaria per argomentare un’opposizione davvero eccessiva e che altro non fa che generare quel circolo vizioso di promozione gratuita del film che i suoi pubblicitari cercavano disperatamente di creare. La verità è che in Italia ormai il femminismo ha una litania anti stereotipi che vuole affibbiare a tutto, senza distinguere tra una pubblicità sessista e un film.
          Costanza Miriano è una sedicente giornalista, in quanto tale quando scrive le sue idiozie è criticabile perché cerca di arrogarsi il titolo di autorità intellettuale nell’esporre un sistema sociologico ideale di sottomissione femminile.
          50 sfumature è un film. Possibile che non si riesca a cogliere l’immensa differenza? E’ una storia di fantasia. E’ un archetipo vecchio come il mondo. Nonché una fantasia comune anche a tante femministe. E poi, qualora vedessi il film, vedresti che nel finale la nostra bella Cenerentola di oggi si affranca e vince sul maschio stalker. E’ pure edificante la favoletta…
          Così come ho trovato semplicemente inappropriato il dibattito su Gone Girl ora rimango allibita da ciò che si scatena intorno a un filmetto da quattro soldi ( ma che ne vale effettivamente qualcuno di più ). Il livello di dibattito culturale in Italia si abbassa costantemente anche per colpa di questo approccio, a mio avviso, intento solo a ridurre ogni evento a espressione di un’ideologia o un’altra. E nessuna per dire sa più parlare di cinema.
          Le critiche più interessanti in meritosono quelle di chi pratica BDSM e spiega qual è la vera fascinazione e filosofia dietro al sadomaso.
          Perché almeno sono puntuali e coerenti nel criticare il film. Ma la levata di scudi “femminista” contro 50 sfumature sembra quella di chi sosteneva che il film violenti fanno diventare violento lo spettatore…

  2. il cinema specialmente il buon cinema racconta l’umano, la realtà trasfigurandolo secondo la sensibilità, il punto di vista dell’autore..non gli stereotipi (se per stereotipo si intende qualcosa che non c’è nella società)
    il bechdel test non è affidabile, son d’accordo

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